12. Ed è quasi come essere felice

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Una voce familiare proviene dal piano di sotto, ma come sempre decido di ignorare qualsiasi cosa ed isolarmi nei miei pensieri. Non faccio nulla da giorni, fisso vecchie foto, ogni tanto guardo video o riascolto le mie canzoni registrate in qualche CD qua e là, con i buoni vecchi metodi. Non piango più, penso di aver terminato ogni lacrima già da tempo, e non scrivo neanche. Effettivamente sono giornate al quanto vuote ed inutili, in cui cerco di ricordarmi quale senso davo alla vita, quali sogni avevo, cosa mi faceva ridere.
Due secchi colpi alla mia porta mi fanno destare dai miei pensieri, mi alzo dal letto e vado ad aprire, trovandomi Melissa davanti.
È un raggio di luce nell'oscurità in cui sono piombato, un lampo di normalità in questa mia nuova vita.
"Mel che ci fai qui?" Le chiedo ma non risponde, rimane in silenzio sul ciglio della porta, a fissarmi con quei suoi due grandi occhi marroni. Mi scosto per farla entrare e lei, titubante, fa i primi passi nella stanza, guardandosi intorno come se fosse la prima volta.
Sospira abbassandosi e afferrando da sotto il letto la mia vecchia chitarra, porgendomela tremando "Dovresti suonarla, ti aiuterà" Dice non distogliendo mai il suo sguardo dal mio, ma io la poso a terra nervosamente "Non posso e non voglio. A cosa serve cantare? Si canta quando si è felici e non è il mio caso". Le sue mani si uniscono alle mie e una lacrime le riga il volto, non rovinandolo ma donandogli una brillantezza ancor più viva "Si canta quando si vuole comunicare qualcosa a qualcuno, e ora come ora lei vorrebbe davvero tanto sentirti cantare". Ha la voce rotta dal pianto, le mani fredde e non riesce nemmeno a sorridermi, mentre il mio viso dev'essere totalmente impassibile. "Melissa no" Ripeto nervosamente dando un calcio alla chitarra e facendola cadere a terra, per poi tornare a sdraiarmi a letto, nella stessa posizione in cui ormai sto da giorni interi.
"Ora basta Timothée! - Urla la ragazza, facendomi accigliare - Sei stato ad un passo dalla morte ma sei vivo, dannazione sei vivo! E non mi interessa se sei triste o incazzato, non ti permetterò di buttare via la tua seconda occasione. Non so perchè Dio abbia deciso di tenerti su questa Terra ma so che non puoi pensare di piangerti addosso ogni giorno della tua esistenza per sempre!".
Melissa cammina nella stanza nervosamente, gesticolando e urlando con un accento australiano marcato, così come ogni volta in cui dice le cose dal cuore senza riflettere troppo alla forma o al contenuto. Solo che solitamente questa cosa la apprezzo, mentre ora mi irrita e basta "Chi sei tu per dirmi come devo vivere eh?! Eri forse in quella macchina con noi? Hai forse cercato di impedire la tragedia? No, e sai perchè? Perchè avevi le scatole girate per i cazzi tuoi, hai voluto andartene con quei due invece che con noi e ora...ora Karen non c'è più e non tornerà di certo con una canzonetta!" Mi alzo di scatto avvicinandomi a lei e urlandole in faccia, sperando vanamente di spaventarla.
"Ascoltami bene, se ero incazzata sono solo fatti miei, ma ormai siamo qua solo io e te. Niente Karen, niente Jaques, niente Luis! Io e te, come sempre. Quindi fammi il piacere di riprenderti in fretta perchè ti ho guardato un mese mentre eri in coma e non ho più intenzione di piangere per te". Queste parole vengono tradite dal suo viso inondato di lacrime, una parte di me sente un dolore nuovo, peggiore, quello che senti quando fai male a chi ami. Ma questo dolore è passeggero, lo so, mentre l'altro non passerà mai.
"Melissa non c'è un io e te ok? Non c'è un noi! Non ho bisogno di te o dei tuoi stupidi consigli, perchè non vai a darli a mio fratello? Ah no scusa, ti ha lasciato sola anche lui!" Non penso quello che sto dicendo, e credo lei lo sappia, ma ora come ora sto solo cercando ogni modo per farla soffrire, per farla star male un infinitesimo di quanto ne sto io. E mi sento uno schifo per questo.
"Non parlare di Victor adesso, non c'entra proprio niente. Lui almeno è stato abbastanza uomo da dire le cose chiaramente invece che chiudersi in una camera a piangersi addosso".

Melissa sta male, sta incredibilmente male. Il suo migliore amico, il ragazzo che le piace, il suo TT la sta trattando come una qualunque, come se non si fossero mai conosciuti. Nei suoi occhi legge una cattiveria per lei totalmente nuova ed inaspettata, e teme questa sua vena malefica più di qualsiasi altra cosa. Se c'è qualcuno che ha le armi per distruggerla questo è Timothée, ed entrambi lo sanno molto bene.

"Hai ragione, non si è chiuso in una camera per piangersi addosso, ma probabilmente ora starà in una canera con una biondina italiana. E sai cosa c'è? C'è che quel ragazzo ha capito tutto della vita mentre tu pensi ancora che ti scopasse per amore!".
Questa è dura, tremendamente dura, e me ne pento già mentre formulo la frase. In mezzo secondo nei suoi occhi passa un barlume di odio, alza il braccio e mi schiaffeggia duramente.
In fondo lo sapevo da quando è entrata in questa stanza che sarebbe finita così, ma non avrei mai avuto il coraggio di cacciarla prima.
La osservo mentre se ne và sbattendo la porta alle sue spalle, mi siedo a terra ancora con la guancia dolorante e scoppio in un disperato pianto ma, per la proma volta, non è dovuto a tutta l'assurda situazione che sto vivendo ma bensì a Melissa. È un pò come tornare a qualche mese fa, quando nel bene e nel male era il centro della mia vita, quando il mio umore dipendeva dal suo, quando il massimo problema della mia vita era che mi piacesse la mia migliore amica.

A ora di cena scendo al piano di sotto fermandomi però sulle scale, vedo il tavolo perfettamente apparecchiato e sento la risata di Victor "È bello riaverti a casa Vic, quanto stai?" Chiede entusiasta Julia abbracciandolo come suo solito "Qualche giorno in realtà, Maranello mi aspetta!" Risponde lui esaltato facendo gioire l'intera famiglia. Li guardo e sono così felici, mi sento quasi la stupida pecora nera che rovina tutto, sarebbero così felici senza tutti i miei problemi.
Sospiro e mi avvio verso il mio posto, facendo calare un frastornante silenzio con la mia sola presenza. "Dovresti parlare con Melissa, oggi le ho detto qualcosa di non vero su di voi" Dico addentando una fetta di pane e rivolgendomi a mio fratello, ma lui sorride "Diglielo tu". Alzo lo sguardo e vedo la ragazza comparire nella sala, seguita dai suoi genitori "Abbiamo pensato ad una bella cena insieme, come i bei vecchi tempi" Spiega mia mamma, preoccupata dalla mia reazione, ma stupendo tutti, me compreso, sorrido.
Ci salutiamo per poi risederci a tavola, ognuno al suo solito posto, e mangiamo la pizza del mio ristorante preferito. Ridiamo e scherziamo, o quantomeno ci provo.

Non è normale, questo lo sappiamo tutti, però in un qualche modo è bello, ed è quasi come essere felice.

TT. /Sequel "Irene"/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora