11. Mrs Ricciardo

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L'ultimo dell'anno è ormai passato da giorni, così come il primo e l'epifania. Il mondo è tornato alla quotidianità, al lavoro, alle corse frenetiche per un vivere normale. Tutto è tornato a girare, tutto fuorchè la realtà di Timothée, che si è bloccata quel maledetto giorno brasiliano e non ha più ripreso a muoversi.
Ogni mattina si sveglia trascinandosi di sotto, mangia lo stretto indispensabile e si richiude in camera per ore, da solo, senza il minimo interesse per ciò che lo circonda. Nessuno sa esattamente cosa faccia lì dentro, non si sente alcun rumore particolare, solo un silenzio assordante.
Irene ci ha provato ma non ascolta nemmeno lei, e questo la distrugge ogni giorno di più. Charles cerca di tirarle su il morale ma, per la prima volta nella sua vita, nemmeno lui riesce più a farla sorridere. Le gemelle sembrano essere improvvisamente diventate adulte, non si battibeccano più, non gridano e non fanno nemmeno i loro soliti scherzi. Victor è partito per l'Italia, per lui il mondo vero inizia ora con la Ferrari, eppure ha sempre quell'amaro in bocca che non vuole andarsene.
Questa mattina di Gennaio non è differente dalle altre, Timothée mangia un paio di pancacke, una tazza di caffè e saluta salendo al piano di sopra.
"Io non ce la faccio più" lamenta Irene trattenendo a stento le lacrime, mentre Charles si alza per prenderle la mano dolcemente "Passerà anche questa amore, come tutto" Cerca di consolarla ma con scarsi risultati, forse perchè non ci crede più nemmeno lui.
Polly e Jolly si preparano per andare a scuola ma, mentre la seconda si dirige come detto verso il bus, Penelope sembra avere qualcos'altro per la mente "Tu non fiatare con mamma e papà oppure ti ammazzo" Dice salutando la sorella e incamminandosi verso la parte opposta della via.
Si ferma davanti a una villetta perfettamente ordinata, bianca e molto simile a casa sua, suona al campanello aspettando impaziente una risposta "Sì?" La voce robotica la fa sussultare ma allo stesso tempo rallegrare "Sono Polly, c'è Melissa?". Il cancelletto metallico si apre, così come la porta d'ingresso, rivelando suo zio Daniel.
"Tu non dovresti essere a scuola a quest'ora?" Le chiede ma lei, come di consueto, inventa sul momento un'improbabile bugia "Sciopero".
Daniel non è certamente così stupido ma fa finta di crederle, sorridendo e facendola entrare in casa.

Melissa è seduta sul divano, ancora in pigiama, con lo sguardo perso in qualche serie TV americana "Polly, che ci fai qui?" La mora si alza per farle spazio e lancia un'occhiata a suo padre, facendogli capire che preferirebbero essere lasciate sole "Senti Mel, io capisco tutta la situazione surreale, ma a casa è un incubo! TT -" L'Australiana perde un battito anche solo a sentirlo nominare e decide di bloccare la ragazza sul nascere "Senti Penelope, io sono felicissima lui sia a casa, vivo e vegeto. Ma non posso venire a trovarlo capisci?" "Veramente no" Risponde seccamente la bionda, incrociando le braccia al petto come era solita fare sua mamma, anche se lei questo non lo sa.
"Tuo fratello è speciale e si merita tutto il bene del mondo, ma io sono stata troppo male e non posso ributtarmi in quel dannato vortice di emozioni" Penelope non capisce, non può capire, ma cerca in qualche modo di smuovere la situazione "Senti Melissa tutti siamo stati male per lui, tutti quanti. Ma tu sei stata ogni giorno con lui fino a che non si è svegliato. Che senso ha adesso sparire? Timothée sta male e ha bisogno di una persona che gli alzi l'umore, e sappiamo entrambi che sei l'unica in grado di farlo ora come ora".
La conversazione prosegue su questi toni, muro contro muro, finchè Penelope non viene praticamente costretta ad andarsene, non senza un'infinita serie di preghiere e lamentele.

"Perché non ci vai?" La voce bassa di Daniel fa spaventare Melissa, che cerca di asciugarsi le lacrime rapidamente per non farsi vedere dal padre "Non è buona educazione origliare le conversazioni altrui, non te l'hanno insegnato?" L'australiano si siede al fianco della sua unica figlia passandosi una mano tra i ricci, ancora vivi come un tempo "Io so di aver insegnato a mia figlia che l'amicizia non conosce ostacoli, o almeno pensavo di avertelo fatto capire" La ragazza sbuffa prima di rispondere alzando malamente i toni "Ostacoli? Papà tu sei amico di tutti da sempre, che ostacoli vuoi avere tu! E poi non si tratta solo di un'amicizia" Termina la frase quasi sussurrando, è la prima volta che lo dice a voce alta e quasi si spaventa da sola.
"Questo allora è un altro paio di maniche. Sai, ho conosciuto tua mamma durante un'intervista, pensa che lei mi odiava. Era l'unica persona in tutto il paddock a cui stavo antipatico, diceva che ridevo troppo e che non ero poi così spiritoso come dicevano tutti" Gli occhi di Daniel gli si illuminano al solo ricordo di quel giorno e un sorriso smagliante gli dipinge il volto "E questo cosa c'entra ora?"
"Non ti ho mai detto come l'ho conquistata - continua imperterrito ridendo - Eravamo in Belgio, era estate e per qualche assurdo motivo ci siamo ritrovati da soli io e lei nell'hospitality. Abbiamo fatto una scommessa, se avessi vinto la gara sarebbe uscita a cena con me la sera stessa, se avessi raggiunto una qualsiasi altra posizione avrei dovuto accettare che non ero l'uomo più simpatico del mondo! Non ero il favorito per la vittoria, non correvo in Mercedes e non ero nemmeno in forma, eppure una parte di me era sicura di aver la cena in tasca. La gara fu folle, ci furono ben tre saefty car, una marea di ritiri ed io ad un giro dalla fine ero secondo dietro Hamilton" Il racconto si fa improvvisamente interessante anche per Melissa, non ne capisce lo scopo ma è la prima volta che se lo sente raccontare integralmente, senza tagli o cambiamenti.
"Alla radio si congratulano, erano tutti entusiasti, ma io sapevo che non sarebbe bastato. Ho spinto al massimo, senza alcuna speranza, contro ogni aspettativa. Poi improvvisamente vedo che Lewis blocca, và lungo e finisce nella ghiaia. Quando ho passato il traguardo ero il primo: Vettel aveva avuto un problema al motore e si era ritirato, zio Max aveva avuto un innocuo incidente con zio Charles, mandando entrambi fuori gara, Bottas...beh non so cosa avesse fatto Bottas, ma quel che conta è che ero primo e quindi tua madre, che non era ancora tua madre ovviamente - scoppiano entrambi a ridere fragorosamente - doveva venire a cena con me"
Un breve silenzio calò fra i due prima che Melissa tornasse a parlare "Questa storia è davvero bella papà, ma perchè me la stai raccontando?"
Daniel le sorride prendendole la mano, gesto inaspettato quanto gradito dalla ragazza "Perché a volte è vero che è tutto scritto da qualche parte, nel destino, ma se noi non gli diamo una piccola spinta non succederà mai nulla. E poi, mi duole ammetterlo, ma il fascino dei Leclerc ha sempre funzionato più del mio" Una calda risata proveniente dalle scale fa girare entrambi, mentre la donna si avvicina a suo marito e a sua figlia, baciandoli entrambi sulla testa "E ora vai da Timothée, non sarà l'amore della tua vita ma è un bravo ragazzo e non merita di stare male" .
Melissa annuisce, sorride ai genitori e corre di sopra a cambiarsi mentre la donna si siede dolcemente sulle gambe di Daniel "Ti amo Mrs Ricciardo" Sussurra lui sulle sue labbra sorridendo, quel sorriso che ora lei ama più di qualsiasi altra cosa al mondo.

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Con questo capitolo, scritto totalmente di getto ma che mi ha piacevolmente sorpreso, ho capito che effettivamente essendo un sequel sarebbe corretto allargare un pò l'area dei personaggi. Mi spiego: è vero, il protagonista è e rimarrà Timothée, ma ogni tanto mi piacerebbe parlare anche di altri personaggi, dedicargli un pò di tempo così da rendere la storia più completa.
Spero vi piaccia l'idea :)

TT. /Sequel "Irene"/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora