Capitolo 6

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Alla fine ieri sera Ale non è tornato a casa, si è degnato appena di mandarmi un messaggio dove mi avvisava di non aspettarlo e che dormiva da amici per qualche giorno; non so se sentirmi allibita dal suo gesto o sollevata per non doverlo affrontare subito... so solo che prima o dopo dovremmo parlare di quello che è successo, e non sono sicura della piega che potrebbe prendere la conversazione.

In azienda ho visto Andrea la mattina di sfuggita; ho capito, dalle chiacchiere di alcuni colleghi, che oggi si trova agli uffici del piano superiore, già in pieno svolgimento delle sue funzioni di revisore, e onestamente non ho voglia di avventurarmi di sopra per verificarlo. C'è ancora quella certa sensazione nel mio stomaco quando ripenso a ieri sera nel suo ufficio, e non voglio per il momento ripetere l'esperienza.

In pausa pranzo, che trascorro nel mio ufficio mangiando una barretta proteica (non guardatemi male, non sono una patita di queste cose, solo che non ho proprio voglia di andare in mensa), decido di telefonare ad Eva per fissare l'incontro come mi chiedeva ieri.

"Pronto!" risponde con una voce squillante.

"Ehi ciao Eva, siamo di buonumore oggi"

"Ciao Rebecca, sì oggi è un buon giorno per me!"

"Bene..." le dico, ma il mio tono è tutt'altro che allegro come il suo.

Pare non farci caso, quindi mi chiede pimpante "Allora mi chiami per l'appuntamento? Oggi ci vediamo?"

"Sì, infatti, ti chiamo per questo... finisco alle sei, perciò dimmi dove e a che ora, e ci sarò..."

"Ok, facciamo per le sei e mezza, sei e quaranta? Per il posto, ti invio un messaggio con l'indirizzo così lo metti sul GPS, ok?"

Aggrotto un po' le sopracciglia, perplessa. Non capisco perché non mi dica già l'indirizzo, pensavo volesse incontrarmi in un bar, ma probabilmente non è un posto molto conosciuto "va bene, aspetto quindi il tuo messaggio, a più tardi" le dico.

"A più tardi, Rebecca!" e riaggancia.

Cinque minuti più tardi mi arriva una notifica sul cellulare con un indirizzo, ma non lo riconosco come nessun bar o ristorante della zona, lo inserisco però sul GPS e scopro che non è molto distante dal mio posto di lavoro, meglio così.

Continuo così con le mie scartoffie fino alle sei, chiudo computer e luci dell'ufficio come di consueto e parto per l'incontro con Eva.

***

Percorro in macchina una strada non molto illuminata, do un'occhiata di nuovo al mio telefono, sì la via è questa, ma sono perplessa... c'è qualche complesso residenziale ma nessun luogo pubblico in vista, dove mi ha portato Eva?

Decido di chiamarla, giusto per sicurezza, al secondo squillo mi risponde "Sì? Non dirmi che sei già qui fuori! Hai fatto presto!"

"Ecco, in realtà non so nemmeno se sono nel posto giusto..."

La sento ridere "Aspettami, sto uscendo"

L'attimo dopo vedo una ragazza, Eva, uscire dalla porta di uno dei palazzi lì intorno, che mi segnala con le braccia per poter parcheggiare la mia auto a pochi metri di distanza da dove si trova.

"Mi hai dato l'indirizzo di casa tua?" le chiedo incredula, uscendo dalla macchina.

"Dai, vieni dentro... ho pensato che potevamo parlare senza essere disturbate. Sei arrabbiata?" mi chiede entrando nell'androne del palazzo.

"No, non sono arrabbiata, solo che non ci conosciamo e pensavo che un bar..."

Mi interrompe con un gesto della mano, guardandomi sorridendo "Appunto perché non ci conosciamo! Questa è l'occasione per cambiare le cose!" poi si volta e inizia a salire le scale, facendomi segno di seguirla.

Io le sono dietro e non posso fare a meno che il mio sguardo cada sul suo sedere... oh, Gesù, perdonami! Ma che mi salta in testa? Sono una donna sposata! Con un uomo! Anche se, devo dire, ho apprezzato la vista!

Entrando nel suo appartamento vedo il tavolo in cucina apparecchiato elegantemente per due, con tanto di candela accesa al centro, sicuramente sta aspettando qualcuno per una cenetta romantica e mi sento di troppo "Scusa, non sapevo avessi un appuntamento stasera, non mi hai detto nulla al telefono... mi spiace disturbare, posso tornare un'altra volta" le dico un po' in imbarazzo.

Eva ride e mi guarda con uno sguardo timido, che non riesco subito a comprendere "sei tu il mio appuntamento..."

Ah, ecco... "Cosa?" dico senza fiato, pensando di aver capito male.

"Sai, credo che incontrarci lunedì sia stato un segno del destino... ho pensato molto a te in questi giorni, Rebecca" sussurra, avvicinandosi un po' a me.

Non dico niente, ma alzo la mano sinistra mettendo in evidenza il mio dito con la fede nuziale, inarcando nel frattempo anche le sopracciglia per dare più enfasi.

Però la sua espressione birichina non cambia quando mi parla "L'avevo già notato l'altro giorno e avevo deciso di non forzare le cose, anche se onestamente pensai a che spreco fosse, una bella donna come te, già sposata" si interrompe un attimo, diventando seria "ma poi martedì mattina ho ricevuto una telefonata inaspettata" la sua voce va abbassandosi "da tuo marito Alessio..."

All'improvviso mi sento tremare le gambe e sudori freddi mi scendono lungo la schiena, devo aggrapparmi un momento a lei per sostenermi, mi sento svenire... ma cosa succede? Ho battuto la testa e sono entrata in qualche universo alternativo? Tutto ciò sta diventando surreale!

"Lui... lui ti ha telefonato? E cosa ti ha detto?" ho trovato il fiato per chiederle.

Mi accompagna a sedermi sul divano, ha visto probabilmente quanto poco sia stabile sulle mie gambe, e mi chiede se voglio bere qualcosa.

"Sì, qualcosa di forte! Hai whisky?"

"Beh, pensavo a dell'acqua, ma certo, ho anche whisky, anche se non sono sicura sia una buona idea bere a stomaco vuoto" mi dice con uno sbuffo divertito "mangiamo prima... ho preparato la cena, vuoi?"

Un lunedì di marzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora