Ale fa la sua comparsa a casa mercoledì all'ora di cena. Io sto mangiucchiando qualcosa da sola, seduta sul divano, lui entra con una piccola borsa in mano, presumo abbia finito i cambi e si sia avventurato a casa per prendere altri vestiti dall'armadio; si ferma a guardarmi un attimo con sguardo assente e mi dice che ha già mangiato... non che io glielo abbia chiesto, può fare pure quello che vuole da ora in poi; ho avuto modo in questi giorni di studiare la situazione da tutte le angolazioni possibili, sono emotivamente svuotata, e ormai ho preso una decisione sul mio futuro.
Finché lui si sta facendo la doccia, prendo le mie valigie da sotto il letto e le riempio con la maggior parte delle mie cose. Mi decido a scrivergli un biglietto con qualche frase di circostanza, di come io e lui non siamo più fatti per stare insieme e di come è stato buono il nostro matrimonio finché è durato, ma che ora non c'è più nulla che si possa sistemare. Lo appoggio sopra il letto, in bella vista per lui, una volta uscito dal bagno.
Carico in fretta il bagagliaio della mia auto e parto; percorro qualche centinaio di metri, poi accosto sul ciglio della strada, rilasciando un respiro che non mi ero accorta di trattenere, e scoppio a piangere... piango ripensando a come eravamo felici e innamorati al nostro matrimonio, piango per tutti i piani che avevamo fatto per un futuro che non ci sarà più, piango per me, per lui e per le nostre famiglie, per il modo in cui è finita. Con gli occhi gonfi, emotivamente e fisicamente stanca, mi convinco a chiudere gli occhi solo per un momento.
Mi sveglio semi distesa e con la testa appoggiata sul sedile del passeggero, il collo piegato in un'angolazione improbabile, avvolta nel mio cappotto, alle prime luci del mattino. Provo a stiracchiarmi, ma ogni movimento è un'agonia.
***
Dove sono gli occhiali da sole, quando servono? Arrivo al lavoro e mi intrufolo nel bagno del mio piano. Mi rinfresco un po' e giro il collo da una parte all'altra per riprendermi dal sonno di bellezza di questa notte in auto... ahi, cavolo, mossa sbagliata! Mi guardo allo specchio e noto delle borse evidenti sotto gli occhi e non ho niente a portata di mano per poterle nascondere. Ah, pazienza, tanto oggi sarei rimasta rintanata alla mia scrivania e nessuno mi avrebbe visto.
Ho pranzato da sola nel mio ufficio (ben due pacchetti di cracker, signori), e ora sto cercando un albergo o B&B che abbia una camera disponibile per qualche notte, giusto il tempo di organizzarmi. Ho anche pensato di chiamare mia mamma ma l'orgoglio ha la meglio, quindi eccomi qui... sono al telefono col mio secondo tentativo, il primo hotel che ho provato a chiamare era chiuso per ristrutturazione.
"Spicy bed and breakfast, buongiorno. In cosa posso esserle utile?" mi chiede una voce squillante.
"Si, salve... umm... sto cercando una camera per qualche notte, avete disponibilità?"
"Mi spiace signora, stiamo ospitando in questi giorni una convention e abbiamo tutte le camere occupate... abbiamo però un paio di suite matrimoniali, se vuole approfittare della nostra offerta "porta il partner e paga la metà", lei..."
"No, la ringrazio" taglio corto "non fa per me, arrivederci!" Sbatto la cornetta del telefono più forte del dovuto; calmati Rebecca, siamo solo al secondo tentativo...
Quando alzo gli occhi dalla scrivania, quasi faccio un infarto dallo spavento, mi metto una mano sul petto ed esclamo "Andrea! Da quanto tempo sei qui?"
"Ciao anche a te!" Mi saluta con un piccolo cenno della mano e, sedendosi nell'angolo della scrivania, a pochi centimetri da me, continua "sono qui da abbastanza tempo per poter sentire che cerchi un posto per dormire. Non che volessi origliare, ma la porta era aperta e così..." Lascia in sospeso la frase, continuando a fissarmi con i suoi incredibili occhi blu, e cambia argomento "Quindi... in realtà ero passata perché è da un po' di tempo che non ci vediamo e ho pensato che probabilmente non hai ancora saputo la novità!"
La guardo un attimo "cioè?" non sono in vena di giocare agli indovinelli.
"Ho smascherato i colpevoli e la società è salva!" Mi guarda come se si aspettasse i miei complimenti, quindi le dico con tutto l'entusiasmo che riesco a trovare "ehi, congratulazioni! Buon per te, ti sei risparmiata un bel po' di lavoro!"
"Eh già! Il presidente ha licenziato in tronco i due imbroglioni! Era felicissimo di aver salvato il buon nome della società. Ha deciso di offrire a tutti una cena domani sera per festeggiare... tu ci sarai?"
Sospiro "Non lo so Andrea... sto avendo qualche problema personale"
"Tuo marito?" mi chiede a bruciapelo.
"...Sì..."
"Ti ha lasciato?" mi chiede, aggrottando le sopracciglia.
Altro sospiro "L'ho lasciato io..." Sgrana gli occhi alla mia risposta.
"Senti, non voglio forzarti a dirmi nulla, però si tratta solo di una cena tra colleghi, potrebbe aiutarti a passare qualche ora senza piangerti addosso..." mi dice piano.
La guardo con la bocca aperta, un po' offesa di quello che sta insinuando "Come puoi dire che mi piango addosso?"
"Beh, scusami ma le borse Chanel sotto i tuoi occhi non aiutano..." mi risponde semi-seria, indicando la mia faccia.
"Se vuoi proprio saperlo, non è perché ho pianto... o almeno non solo... diciamo che non ho dormito molto bene questa notte"
"Posso immaginare, avete litigato tu e lui ieri sera?"
"No no, con Ale tutto è filato liscio come l'olio..." le dico, e in questo momento non potrebbe sembrare più confusa di così: è quasi comico il modo in cui incrocia le sopracciglia e arriccia le labbra... sorrido internamente, ma decido di continuare, spiegandole meglio la mia situazione imbarazzante "...è che me ne sono andata di casa ieri sera e ho... ho dormito in macchina..."
"Cosa? Ma... non hai i tuoi genitori o qualche amico che ti possono ospitare?"
"Non voglio telefonare a mia madre, è... una questione di orgoglio, capisci..." Andrea alza entrambe le mani, come a dirmi che non serve che mi giustifichi con lei, poi aggiungo "per quanto riguarda gli amici... purtroppo ho sempre fatto affidamento sulla famiglia e su mio marito...io non ho amici..." la realizzazione di questo mi travolge e sento le lacrime pungermi gli angoli degli occhi "che cosa brutta vero?" le dico con un lamento, non riuscendo più a trattenermi, così scoppio a piangere, di nuovo...
Si abbassa accanto alla mia sedia e, come già aveva fatto la prima volta, anche ora mi passa il braccio sulle spalle e mi attira a sé, posando la mia testa sulla sua spalla.
"Scusami Andrea, penserai che sono una frignona!"
"No, tesoro, stai solo passando un brutto periodo, tutto qui, non mi permetterei di giudicarti..."
Per qualche secondo rimaniamo in silenzio, mentre lei mi accarezza piano i capelli, poi riprende a parlare "Lo so che non ci conosciamo da molto, ma se hai bisogno di un posto dove stare, io ho una camera in più nel mio appartamento... puoi stare da me qualche giorno, se vuoi"
Smetto un po' alla volta di piangere e mi sposto dalla sua spalla, tornando a ricompormi sulla mia sedia con lo sguardo basso. Mi prendo un paio di minuti per pensare alla sua offerta, e considerando le mie alternative, che al momento sono nulle, prendo una decisione. "Ok!" le dico sorridendo.
Non mi serve dire altro; a quanto pare, basta questo per renderla felice.
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Un lunedì di marzo
Literatura KobiecaLa vita di Rebecca scorre monotona tra il lavoro e il matrimonio. Fino a quel lunedì di marzo, quando lei incontrerà il suo destino e la sua esistenza sarà stravolta, il suo modo di vivere rimesso in discussione.