Capitolo 11

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Mi ritrovo ad occhi sbarrati e senza parole, Andrea si scusa e lascia il bagno di fretta. Mi allontano subito da Eva e, lasciandola lì senza dire nulla, corro dietro alla donna. Non so bene perché, ma sento dentro di me una strana sensazione di colpa e vergogna, e voglio spiegarmi con lei.

La vedo seduta al tavolo, a testa bassa, in evidente imbarazzo; quando mi avvicino a lei, mi accorgo che esita a guardarmi. Mi siedo al mio posto e con cautela le prendo una mano: se mi spinge via, saprei senza altro chiedere cosa pensa di me. Invece la vedo arrossire, pur tenendo la testa bassa, e non fa nulla per togliere la sua mano dalla mia.

"Andrea, scusami... non sapevo lei fosse qui, sono stata colta di sorpresa"

"Allora... vi frequentate? È per lei che hai lasciato tuo marito?" Non mi sta accusando, è solo curiosa.

"Cosa? No! Non stiamo insieme... ci conosciamo..." mi sembra una cosa stupida appena mi esce dalla bocca.

"Beh, è un modo curioso di conoscersi" risponde a voce bassa, sembra quasi che stia per mettersi a piangere, ma sicuramente mi sbaglio.

"Andrea, ascoltami, è successo solo una volta, oltre a questa, e ha sempre iniziato lei"

Sbuffa con un ghigno "Sì, ma tu sembravi gradire" Si passa una mano tra i capelli, sospirando con rassegnazione "scusa, dopotutto non sono affari miei..."

Si sistema poi sulla sedia, dedicando tutta la sua attenzione al piatto davanti a lei, e continua a mangiare senza più guardarmi per tutta la sera.

Conclusa la cena e salutati i colleghi ci dirigiamo verso la sua auto; io sto un po' indietro, non so cosa fare... che situazione imbarazzante!

Lei la risolve per me "Beh che fai? Non sali?" mi chiede.

"Io non so se ti fa piacere stare..."

"Non dire stronzate, stai a casa mia no? Perciò sali!" risponde stizzita.

Durante il tragitto verso il suo appartamento, il silenzio in auto è frastornante; non oso chiedere quello che ho in mente, ma alla fine devo sapere. "Perché ti sei arrabbiata?" le chiedo con un filo di voce.

Gira la testa di scatto verso di me, fissandomi un attimo, poi torna a guardare la strada davanti a lei. Dopo qualche minuto prende un respiro profondo e inizia a parlare a bassa voce "Io... non lo so... pensavo che"

In quel momento squilla il suo telefono, interrompendo qualsiasi cosa mi stia dicendo.

Andrea accosta la macchina sul ciglio della strada e, aggrottando le sopracciglia, risponde "Pronto papà?... cosa?... calmati dai... Marco? com'è successo?... e mamma come sta?... Sì, dimmi dove e arrivo subito!"

Io nel frattempo, sentendo il tono concitato della telefonata, ho capito che deve essere successo qualcosa di grave; mi sto preparando per uscire dall'auto, penso che potrei arrivare al suo appartamento camminando... ho comunque nella borsa le chiavi della mia macchina e posso benissimo dormirci dentro anche questa volta!

Sto aprendo la portiera quando lei mi chiede con sguardo confuso "Che pensi di fare?"

"Faccio una passeggiata fino a casa tua, non è un problema..."

"Non se ne parla, tu resti con me! Dai, dobbiamo andare subito in ospedale, mio fratello ha avuto un incidente!"

***

Al nostro arrivo in ospedale ci viene incontro nella hall un uomo di circa sessant'anni, alcuni suoi tratti dichiarano che Andrea è palesemente sua figlia, uno su tutti gli occhi: come lei, suo padre ha gli occhi azzurri, ma quelli di Andrea rimangono al primo posto nella mia lista di favoriti.

La abbraccia per qualche secondo "grazie a Dio tuo fratello sta abbastanza bene visto il grave incidente in cui è stato coinvolto... lo stanno operando alla gamba, ma poteva andare peggio! Tua madre sta ora aspettando fuori della sala operatoria"

Ragguagliata la figlia sulle condizioni del fratello, l'uomo si volta quindi verso di me, così tendo la mano per presentarmi "Buonasera signor Lardini, piacere, sono una collega..." ma lui mi interrompe "Oh, immagino tu sia Rebecca! Andrea ci ha parlato molto di te...piacere mio!"

Il mio sguardo cade immediatamente su Andrea, che ormai ha preso l'abitudine di arrossire in mia presenza.

Suo padre deve essersi accorto della piccola gaffe, perché si schiarisce la gola e continua "Bene, che ne dite se andiamo su a vedere se l'hanno già riportato in camera?"

Si incammina quindi senza aspettare la nostra risposta, così lo seguiamo in silenzio.

Effettivamente suo fratello è già in camera, ma ancora addormentato sotto l'effetto dell'anestesia. Sua madre, una bella signora non molto alta ma con un aspetto da generale, è seduta sull'unica sedia presente.

Andrea le corre subito incontro "Mamma, come sta Marco? e tu, tutto bene?"

"L'hanno riportato qui giusto qualche minuto prima che arrivaste, tra poco dovrebbe passare il medico che l'ha operato per aggiornarci sulle sue condizioni... io..." sospira forte "sto bene ora..." Poi la donna mi guarda e con sicurezza mi dice "Ciao Rebecca, finalmente ti conosco di persona, Andrea non ha fatto altro che parlare di te in queste settimane, ed è come se già ti conoscessi un po'!" Mi sorride e io non posso far altro che sorriderle in risposta.

Conversiamo di tanto in tanto a bassa voce di argomenti leggeri, giusto per riempire gli spazi tra un silenzio e l'altro; sua madre a un certo punto inizia a parlare di quanto i suoi due figli la rendono orgogliosa per i loro traguardi in campo professionale: Marco è un avvocato di successo; ora infatti che me lo fa notare, avevo già sentito parlare di lui per un controverso caso di cronaca nera, dove naturalmente il suo cliente ne era uscito vincitore.

Riguardo ad Andrea... beh non serve che vi ripeta cosa ha detto di lei sua madre, sapete bene che le sue indiscusse capacità hanno aiutato la società in cui lavoro ad uscire da questa piccola crisi in tempo di record.

"Sai Rebecca, Andrea era talmente brillante all'università che ha dato gli esami, che gli altri darebbero in un paio d'anni, in un solo anno!"

Sono davvero impressionata! Ma Andrea non è dello stesso avviso "Mamma ti prego, non tirare fuori di nuovo questi discorsi"

"Ma Andrea non sto dicendo nulla che non sia già risaputo... tu Rebecca in cosa ti sei laureata?"

"ehmm, in realtà io..."

"Mamma, sento dei passi, vediamo se c'è il dottore?"

"Non mi sembra tesoro, probabilmente passerà più tardi... che stavo dicendo?... quanti anni hai detto di avere Rebecca?"

Ok, questa è facile "Ne ho 31"

"Davvero? Anche Andrea! Che coincidenza! È stata proprio una buona annata!" Conclude ridendo un po'.

In quel momento una voce sarcastica di donna arriva dalla porta "Che fortuna, sono anch'io di quell'anno!"

Ci voltiamo tutti verso l'origine di quella voce. È Alice, la mia vecchia compagna di scuola... e mi sta fissando incuriosita.

Un lunedì di marzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora