Capitolo 8- Seconda Parte

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La domanda non lo terrorizzò come la prima volta. Sorprendendosi di se stesso, Ben si mise a ridere. Ma non una risata ironica o sarcastica, questa era sincera, spontanea.
Ma che rispondere adesso? Aveva già mentito una volta.
-Scusami se non te l'ho detto, ma credimi... prima avevo bisogno di capirlo io- farfugliò, fra un tiro di sigaretta e l'altro. -È stato complicato... ma almeno adesso posso dirti di sì.-
Sua madre annuì, lanciando la cicca ancora accesa nel lavandino. Le sue sopracciglia si avvicinarono, per poi rilassarsi di nuovo, e lei trovò lentamente il coraggio di tornare a guardare in direzione di Ben.
Non stava urlando. Non gli stava alzando le mani. Non stava succedendo niente di quello che Ben si era immaginato.
-E... il figlio dei vicini... cosa è per te?-
-Oh mio dio, mamma!- esclamò Ben, scattando così velocemente da far cadere qualche spruzzo fuori dalla vasca. -Non sarò chissà quanto attraente, ma ho degli standard!-
Sua madre scoppiò a ridere.
Ben poté sentire il suo corpo muoversi sotto l'acqua, a pochi centimetri dal proprio, e la vide bella, bellissima, bella e giovane come non era mai stata. Si nascose il viso dietro un polso, quegli zigomi pieni di lentiggini ancora sollevati verso l'alto, e lo guardò attraverso gli occhi chiari come l'acqua che li avvolgeva.
Era quello il colore che gli occhi di Ben avevano avuto quando lui era ancora in vita. Come nell'aspetto, così per carattere: lui era la copia di sua madre.
Erano sia opposti, che complementari.
-Hai ragione, hai ragione... domanda stupida. Non... non pensavo lo avresti mai ammesso, ma io avevo il sospetto già da un po'. Però appena mi porti a casa uno stronzo, te ne vai a dormire in giardino. Ti butto fuori di casa se è anche brutto.-
Ben rise a sua volta, sentendo la tensione alle spalle allentarsi. Stava morendo di freddo, ma non voleva uscire dalla vasca. Non avrebbe rinunciato a quel momento per niente al mondo, anche se avesse dovuto prendersi una polmonite.
Se quelle erano le sole restrizioni di sua madre, allora poteva dirsi a posto. Chissà cosa ne pensava dei tic nervosi, però.
-Mamma... ti fai ancora di quella roba, vero?-
Tacquero entrambi. Subito l'aria si fece irrespirabile, ma non per il fumo di sigaretta. Quando vide che non le stava rispondendo, Ben gettò la sigaretta a terra e prese la mano di sua madre, allo stesso modo con cui avrebbe preso quella di Toby. Lei per un attimo ebbe l'istinto di ritirarsi, ma non del tutto, lasciando che Ben la tenesse ancora per due dita.
-Io sono stato sincero con te- le disse, cercando il suo sguardo. -Ti prego di esserlo con me.-
-Ben, io non ce la faccio... ho bisogno di aiuto.-
Due lacrime caddero dalle sue guance, seguendo lo stesso percorso tracciato dalle sbavature di mascara. Gli stessi occhi che lo avevano sfidato, odiato, e amato al contempo, adesso lo guardavano chiedendogli di non essere giudicati.
-Possiamo trovarlo, mamma. Insieme. È questo che facciamo io e te, no? Sopravviviamo, insieme.-
La madre di Ben fece una cosa che non aveva mai fatto. Non che lui potesse ricordare.
Lo abbracciò, e lo strinse.
E in quell'abbraccio ci stava tutto: la vita che lei gli aveva dato, i rimproveri, le scuse che non gli aveva mai chiesto, i vizi che gli aveva trasmesso, e tutto l'amore per lui, che finora era stato coperto da tutto l'odio per se stessa.
Ben venne attanagliato dal rimorso, e pensò che valesse la pena vivere. Valeva la pena vivere solo per questo.
Ma da oltre la spalla di sua madre, Ben poté vedere una figura nella penombra del corridoio, ed il suo volto inesistente gli comunicò delle emozioni non umane. Qualcosa, dentro di sé, seppe che era il momento di andare.
Chiuse gli occhi, inspirando a fondo l'odore di sua madre, un'ultima volta...
E si preparò a seguire l'Operatore.

-... Non mi fermerei nemmeno se mi implorassi di farlo.-
Il respiro caldo di Toby si infranse contro l'orecchio di Ben, e lui ci mise un po' per orientarsi. Lo guardò e basta senza dire nulla, limitandosi a fingere un sorriso imbarazzato, la mente occupata da mille pensieri. Cosa gli aveva risposto, la prima volta?
Un soffio di vento invernale li travolse, e Ben vide Jeff stringersi nelle spalle alla ricerca di calore. Lui non lo sentì nemmeno, il freddo, e cercando la propria ombra la trovò labile, quasi inesistente.
Era di nuovo un fantasma. E per quanto si sforzasse, sarebbe sempre stato solo la pallida imitazione di un essere vivente.
-È quella- annunciò agli altri, indicando verso quella che era stata la sua casa. Si avvicinarono, e quello per Ben fu il momento della verità.
Quando vide una luce accesa in cucina, si bloccò. E gli altri si fermarono con lui, senza dire nulla.
Il giardino era in disordine, ma non lasciato all'incuria, e la vernice era sbiadita, ma non rovinata del tutto.
Quando una figura si avvicinò alla finestra, lui riconobbe la sagoma in controluce di sua madre.
Allora ne ebbe la conferma. Aveva già sentito dire a Brian di come l'Uomo Alto fosse in grado di teletrasportarsi e manipolare lo spazio, portandosi anche le sue vittime con sé, ma Ben aveva avuto la prova che il mostro poteva anche viaggiare nel tempo.
E adesso, sempre più tasselli venivano messi insieme.
Sapeva perché i Figli della Luna stavano collaborando con Slenderman. Lui era capace di grandi cose, e dando a Ben la possibilità di tornare indietro e salvare sua madre, aveva voluto dimostrarglielo.
Se avesse voluto, avrebbe potuto riportarlo in vita.

Ma c'era un prezzo da pagare. E Ben sapeva quale.

Come Find Me || Creepypasta / Marble HornetsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora