Quando Ben si tolse la maglietta, Toby si obbligò a non guardarlo.
Erano entrambi nel bar di una caffetteria, poco lontana dal lago dove Toby aveva soccorso Ben, bagnati fradici. Si erano accordati per chiudersi in un bagno e usare gli asciugamani elettrici, nella speranza di togliersi l'acqua almeno dai capelli. Avevano bagnato tutto il pavimento del locale, ma alla fine, erano riusciti a rintanarsi in bagno senza essere visti. E senza nemmeno dare a Toby il tempo di chiudere a chiave la porta, Ben aveva cominciato a togliersi i vestiti.
-Secondo te quello schifo di lago ci farà venire un'infezione? Di giorno l'acqua è sempre giallognola.-
-Spero di no... ma grazie per avermi fatto venire la paranoia- rispose Toby. Osò girarsi per guardare la pila di vestiti che Ben aveva ammucchiato sul lavandino, e nel farlo, scorse la figura del ragazzo da oltre lo specchio.
Adesso, grazie alle luci a LED del bagno, poteva vederlo per bene e... era addirittura più bello di quanto gli fosse sembrato. La luce bianca illuminava l'incarnito pallido, valorizzando il fisico magro ed il corpo minuto. La sua pelle sembrava seta, e in quei pochi secondi in cui Toby si concesse di guardare, i suoi occhi rimasero incollati nell'incavo della schiena di Ben, lì dove aveva due fossette di Apollo appena accennate. Per un istante, la sua mente volò un po' troppo lontano ed immaginò di poggiarci sopra i pollici e...
Oh no. No no no no. La sua testa doveva starsi zitta. E pur di non ascoltarla, portò la testa sotto il getto d'aria calda.
-Non riesco a credere che stavo per farlo per davvero- disse Ben, forte abbastanza da farsi sentire nonostante il rumore dell'asciugamani. Si stava guardando allo specchio, nudo per metà, ed i suoi occhi correvano lungo la sua stessa figura. -Non... non sono pronto a dirmi addio, Tobs. Non sono pronto a vedermi morire.-
Toby riuscì a malapena a sentire quelle parole, prima che Ben si appiattisse contro la parete e si lasciasse scivolare verso il basso, le mani pressate contro il viso per contenere le lacrime.
Il primo istinto fu quello di scattare in avanti per sorreggerlo. Ma invece, finì per abbracciarlo. Entrambi fradici e fragili sul pavimento del bagno.
-Hey, hey, va tutto bene. Va tutto bene, sei al sicuro.-
-Mia madre... non posso nemmeno immaginare il male che avrei potuto farle. E più penso alla mia vita, più mi chiedo cosa cazzo mi sia venuto in mente.-
Toby sentì il battito accelerare dentro al petto, mentre Ben si nascondeva fra le sue braccia. Vicino com'era, poteva sentire l'odore della sua pelle, e si permise di respirarlo a fondo. C'era qualcosa di così familiare, di così vulnerabile in quel ragazzo, che Toby pensò che avrebbe potuto passare così tutto il resto della sua vita.
-Perché non la chiami? Fatti venire a prendere, avranno pur un telefono in questo posto- propose, e subito trovò due occhi arrossati guardare in sua direzione.
-Non voglio che lo sappia. Non deve scoprirlo- rispose Ben, prima che la sua voce venisse spezzata dai singhiozzi.
-Allora non spiegarle nulla. Dille soltanto che sei qui. Falle sapere che le vuoi bene, dille che la stai pensando. Ti va?-
Ben fissò un punto del pavimento, e reggendosi ancora alle spalle di Toby, si limitò ad annuire debolmente.
Quello era ciò che Toby avrebbe fatto se avesse potuto sentire sua madre un'ultima volta.
-Tobs...- disse Ben, parlando fra i singhiozzi. -Te la senti... di aiutarmi ad asciugare i capelli?-
Toby non poté fare a meno di sorridere, e allungando una mano, la fece scorrere fra i capelli di Ben, scombinando le ciocche umide.Usciti dal bagno, fu Toby a disturbare la cassiera per chiederle se potevano usare il telefono. E quando lei diede loro il permesso, accompagnò Ben tenendolo per mano.
La madre di Ben non rispose subito. E mentre il telefono squillava, entrambi rimasero in attesa. Il viso di Ben era rosso per il tentativo di trattenere le lacrime, soffocando l'accenno di lentiggini che aveva sul viso. Toby avrebbe voluto tornare ad abbracciarlo, ma si limitò a tenergli la mano in silenzio. Si conoscevano da così poche ore, eppure...
Eppure a Toby sembrava di aver conosciuto Ben per tutta la vita. E non sapeva spiegarsi quella sensazione.
-Pronto?- parlò una voce all'altro capo del telefono, ancora impastata dal sonno. Ben serrò gli occhi, e due lacrime gli corsero lungo le guance.
-Mamma?- disse, la voce rotta dal pianto.
-Pronto? Ben? Ma che cazzo...-
Lei non capì subito, e nei pochi istanti che le ci vollero per realizzare cosa stava succedendo, il silenzio si fece intollerabile. -Ben, da dove mi stai chiamando?-
Ed il tono con cui lo chiese fece paura addirittura a Toby.
-Mamma... ti voglio bene. Ti prego vienimi a prendere.-
Il modo con cui Ben stava cercando di trattenere i singhiozzi fece stringere ancora di più il cuore di Toby. Doveva avere qualche anno in meno di lui, ma in quel momento sembrava vulnerabile come un bambino.
-Benjamin, dimmi dove cazzo sei. Benjamin, rispondimi subito!-
-Al lago- si affrettò a dire lui, prima di prendere un lungo respiro. -Alla caffetteria vicino la statale. Ero andato al lago.-
-Cosa cazzo ci facevi al lago nel cuore della notte? Cosa cazzo ti è preso?-
Data la quantità di parolacce che quella donna era in grado di rigurgitare al minuto, Toby pensò che lei e Jeff sarebbero potuti andare molto d'accordo.
Mentre Ben si sforzava di rispondere, la stretta attorno la mano di Toby si fece più salda. E quasi d'istinto, lui fece scorrere il pollice lungo la mano di Ben, in una lenta e ritmica carezza. E nonostante fosse certo di non avere mai toccato nessuno in quel modo, quel gesto aveva qualcosa di così... familiare.
-Non riesco a dirtelo, mamma...- disse Ben in un soffio, le spalle che avevano preso a tremargli. In quel momento, ogni suo tentativo di trattenere i singhiozzi si rivelò inutile. -Non ci riesco...-
-Ben, sto arrivando. Ti prego, per l'amor del cielo, pianta il culo su una sedia ed aspettami lì. Non ti azzardare a muoverti, hai capito?-
-Va bene...-
-Giuro che appena arrivo ti ammazzo di botte. Ti faccio a pezzettini e ti passo nel tritacarne.-
Toby pensò che quella non era esattamente la cosa più rassicurante da sentirsi dire, ma con sua sorpresa, Ben sorrise appena.
-Con tutte le ossa?-
-Non lo so se le ossa le trita... lo scopriremo. Anzi, lo scoprirò da sola perché tu sarai già morto.-
Il sorriso sulle labbra di Ben si allargò ancora, ed un paio di occhi chiarissimi, arrossati dal pianto, guardò in quelli di Toby.
-Attenta per strada. Io resto qui, tu non correre. Sto bene, davvero, stai tranquilla.-
-Sarò lì fra cinque minuti- fu la risposta frettolosa che giunse dall'altro capo del telefono, e subito dopo ci fu uno strano rombo, come di un motore che veniva acceso. E allora la chiamata venne interrotta.
-Sembra... ehm, gentile.-
-Davvero?- rispose ironico Ben, rimettendo a posto la cornetta. -Perché non lo è per niente.-
-Immaginavo. Ma credo che ti voglia bene.-
-Credimi, mi avrebbe sbattuto fuori casa molto tempo fa se non me ne avesse voluto- rispose Ben, guidando verso l'interno del locale. Si sedettero ad uno dei tavoli, scegliendo con cura l'area più vuota. Oltre a loro, c'erano solo altri due gruppetti all'interno della caffetteria.
-Pensi che glielo dirai?- domandò Toby, e Ben non ebbe bisogno di chiedere cosa.
-Dirglielo... no. Ma penso che le darò la lettera che le avevo lasciato sopra la mia scrivania.-
-Cosa c'era scritto, se posso sapere?- avanzò Toby, poggiando i gomiti sul tavolo. Si erano seduti l'uno di fronte all'altro, ed entrambi avevano piegato la schiena in avanti, cercando di rimanere vicini nonostante ci fosse un tavolo a separarli.
Ma prima di poter rispondere, un dettaglio aveva catturato l'attenzione di Ben, e lui aveva sorriso appena, malinconico.
-Oh... è passata la mezzanotte. È il mio compleanno.-
Quella frase fece prendere a Toby un'improvvisa consapevolezza, e subito una serie di elementi che aveva visto in quella serata gli tornarono alla mente, e lui stesso non seppe perché avrebbe dovuto considerarli come anomali. Il telefono con la cornetta, il negozio di Blockbuster che aveva visto in fondo alla strada e... dio, era un cellulare coi tasti quello che stava usando la ragazza all'altro tavolo?
-Ben, questa potrebbe essere la domanda più strana che ti sia mai stata fatta, ma... qual è la data di oggi?-
-Ventitré Aprile. Perché?-
-No, intendo... in che anno siamo?- insistette Toby, e lo sguardo che gli rivolse Ben non ebbe prezzo.
-Duemiladieci? Perché?-
-Oh, niente. Assolutamente niente- si sbrigò a dire Toby, mentre un tic lo costringeva a piegare il collo di lato. -Buon compleanno, Ben.-
Non aveva senso. Tutto questo non aveva senso.
Toby sapeva che era stato l'Uomo Alto a portarlo nel passato, ma non capiva perché. Sentiva che qualcosa nella sua testa non combaciava, aveva come l'impressione che tra i suoi pensieri ci fosse un tassello mancante, ma non riusciva a dargli forma.
Ed ogni secondo che passava, Toby era sempre più sicuro che quel grande senso di vuoto avesse qualcosa a che fare con Ben.
-Non te la prendere, Tobs, ma sei fuori come un balcone.-
-Lo so, è da tutta la sera che me lo dici, direi che è un po' tardi per prendersela.-
Ben sorrise appena, la testa poggiata sul palmo e gli occhi chiari ancora rossi di pianto. Due profonde occhiaie segnavano l'armonia di quel viso, adesso rivolto in direzione della finestra.
-Sarà qui a momenti- sussurrò, e Toby seppe che stava parlando di sua madre. -Ti rivedrò dopo stanotte?-
Quel paio di occhi, così stanchi e così profondi, si puntarono in quelli scuri di Toby. Il contorno delle iridi era incorniciato dalle ciglia chiare, e le ciocche di capelli biondi cadevano disordinate sul viso.
Toby portò una mano sul tavolo, e ne rivolse il palmo verso l'alto, in attesa che Ben la prendesse.
-Sì, se lo vorrai.-
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Come Find Me || Creepypasta / Marble Hornets
Fanfiction[Storia vincitrice Wattys 2020] O Fortuna, velut Luna. L'idea che le sorti degli uomini possano cambiare come le fasi di un satellite. L'idea che la vita non sia altro che una partita a dadi, in cui i vincitori e i perdenti vengono scelti dal fato...