Capitolo 26

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Sapevo che Alice sarebbe stata furiosa con me e non potevo biasimarla, ma da un lato doveva anche cercare di capirmi. Prima di andare in ospedale, passai dal fioraio e presi una dozzina di rose rosse e una cartolina d’amore. Speravo che apprezzasse il gesto, anche se le parole della cartolina non erano le mie.

Varcai il corridoio dell’ospedale con un groppo alla gola ed entrando nella stanza la trovai lì, stesa sul letto con un pigiama composto da un paio di pantaloni fucsia ed una maglietta a maniche corte bianca, con un bacio stampato al centro. Era davvero carina.

Aveva gli occhi chiusi, come se dormisse e sembrava un angelo. Il MIO angelo.

‘’Mi hai fatto prendere un colpo, cretino’’ sbottò d’un tratto, aprendo gli occhi.

‘’Questi sono per te’’ le dissi, porgendole il mazzo di rose in mano e baciandole la fronte.

‘’Te li puoi anche tenere! Certe questioni non si risolvono con i regali’’ prese le rose e le buttò sul divano a pochi metri da lei. Bel gesto, davvero.

‘’Cristo, quanto sei acida. Nemmeno un ospedale ti addolcisce un po’. Senti, non è un bel periodo per me, per cui abbi almeno un pizzico di pazienza’’ gridai.

‘’Lo so che non è un bel periodo per te, ma mi sono anche resa conto che il tuo cervello non funziona. Mi hai fatto morire di paura. Né un messaggio, né una telefonata. Ma ti rendi conto? E’ colpa tua se sono qui dentro ed è colpa tua se i bambini non stanno bene’’ era rossa in viso. Per fortuna era bloccata sul letto a causa del flebo, altrimenti non si sarebbe risparmiata a tirarmi uno schiaffo in pieno viso.

‘’Quando la smetterai di essere così stupida, sarà davvero troppo tardi. Vado a prendere una boccata d’aria. Non credo che ritornerò, almeno per oggi. Ah, non cercarmi, starò bene’’ detto questo, uscii da quella maledetta porta.

Andare da lei, era stato un grosso sbaglio. Ero già pieno di problemi e non ne volevo altri.

[……..]

Una settimana dopo, era tornato tutto alla normalità. Scuola, casa e Alice: erano la mia routine. L’avevo perdonata o lei aveva perdonato me, questo non lo so; resta il fatto che le sue parole mi erano rimaste impresse nella mente e spesso mi tormentavano.

E’ una cosa orribile quando un brutto pensiero s’incastra nel cervello e non ne esce facilmente. Ti tormenta per giorni e giorni, finché non ne arriva un altro a prendere il suo posto. 

Mia madre era ancora distrutta, ma non lo dava a vedere per non farmi stare male ed io mi comportavo allo stesso modo; il pensiero di mio padre mi lacerava ancora dentro, ma era troppo presto per riuscire a chiudere quel capitolo. Ci sono momenti in cui mi manca così tanto, che vorrei tirarlo fuori dai miei sogni o dai miei ricordi solo per abbracciarlo.

Era una serena giornata di Aprile e steso sul mio letto, guardavo il soffitto, con i libri sparsi qua e là. Qualcuno bussò debolmente alla porta  ed io mi sedetti sul letto, in attesa che la porta si aprisse.

‘’Posso?’’ chiese mia madre sull’uscio della porta.

‘’Certo mamma, vieni qui’’ le feci posto accanto a me e lei si sedette, stampandomi un bacio in fronte e accarezzandomi la guancia.

‘’Mi manca. Mi manca così tanto’’ cominciò a singhiozzare e la abbracciai forte; quando si riprese, continuò a parlare ‘’Se lo sentiva che sarebbe andato via da noi, me lo diceva sempre; e quando ha cominciato a sentirsi male per davvero, con le ultime energie che gli erano rimaste, ha scritto questa e mi ha detto di consegnartela nel momento in cui non ci sarebbe stato più’’ mi porse una busta da lettere bianca ‘’Leggila con calma; quando avrai finito, ne discuteremo insieme’’ detto questo, mi diede un bacio sulla guancia ed uscì dalla stanza.

Aprii lentamente la busta e ci trovai una lettera, così cominciai a leggere: ‘Caro figlio mio, se ricevi questa lettera, significa che sono andato via. Avrei voluto starti accanto ancora un po’, vederti diplomare e diventare qualcuno. Avrei voluto diventare nonno, veder crescere il tuo bambino e giocarci con lui, come 19 anni fa, facevo con te. Ricordo ancora quando ti ho visto venire al mondo, eri piccolo e fragile; poi ti ho insegnato a parlare e a camminare. Ti ho visto crescere e ho cercato di starti accanto il più possibile, ma tu scappavi sempre perché eri troppo impegnato con gli amici. Ho cercato sempre di essere un buon padre e spero di esserci riuscito. Non stare male per la mia morte, veglierò sempre su di te e ti aiuterò a superare i momenti difficili e soprattutto stai accanto a tua madre. L’ultima cosa che volevo dirti è che ho ancora un regalo per te. Con i sacrifici e il duro lavoro, sono riuscito a costruire qualcosa anche per il mio unico figlio. Fanne buon uso. Ti amo figlio mio’’ inutile dire che le lacrime erano già scivolate giù dagli occhi e non avevano intenzione di smettere. Questo era tutto ciò di cui avevo bisogno, un suo ricordo da portare per sempre al mio fianco. Mi pentivo del fatto che non avevo passato abbastanza tempo con lui, dando per scontato che ci sarebbe stato sempre per me. Quante volte avrei voluto dirgli che gli volevo bene, ma non lo avevo fatto per orgoglio. Non volevo sembrare una femminuccia, non volevo sembrare debole oppure un cocco di mamma o di papà; ed ero stato davvero un immaturo. Ora pagherei qualsiasi cifra per averlo qui, per stringerlo e farmi una bella chiacchierata.

Chiusi la lettera nel cassetto e ricominciai a studiare. Andare a parlare con mia madre, con questa faccia distrutta, non sarebbe stata la cosa migliore da fare.

 #ANGOLOAUTRICE

Eccoci ancora qua. Come vi è sembrata la lettera del padre? Ok, il capitolo era leggermente più corto degli altri, ma spero che il contenuto vi soddisfi. Ci ritroviamo al prossimo capitolo, popolo di Wattpad.

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Per il trailer, cercate il canale Natalia Maruccio oppure copiate il seguente URL: https://www.youtube.com/watch?v=4qXE-wPFk18

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