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Una mano piccola e affusolata si posò sulla mia, facendomi allentare la presa e rialzare gli occhi che avevo inconsapevolmente abbassato, incontrando quelli azzurri di Elanor. Anche questi completamente diversi dagli ultimi che avevo visto, pieni di dolcezza e preoccupazione. Non quasi trasparenti come il ghiaccio, ma di una tonalità molto più vicina al celeste ora che mi ci soffermavo davvero. È vero che non trovi differenze negli sguardi altrui finché non inizi a conoscerli davvero. Tre paia di occhi apparentemente uguali, tre paia di espressioni e sentimenti del tutto diversi in essi. Uno dei quali avrei volentieri fatto a meno di rivedere. Tornai a concentrarmi sulla ragazza, forzandomi a sorridere di nuovo.

<<Mi dispiace averti costretta a prenderti cura di me. Hai già la tua famiglia a cui badare e->>

<<Tu SEI parte della famiglia, Lexy.>> m'interruppe lei aumentando la presa sulla mia mano ora libera <<Lo sei da quando siamo diventate amiche. E le amiche si sostengono a vicenda, si aiutano tra loro qualunque cosa accada.>> Sentii gli occhi iniziare a pizzicarmi, ma non uscirono lacrime. Dovevo averle esaurite nelle ultime ore.

<<Grazie Elanor. Ti voglio bene.>> mormorai, e mi allungai di nuovo in avanti per stringerla nell'ennesimo abbraccio. Eccola la persona che avevo aspettato finora, la ragazza con cui ero sicura avrei creato un legame indistruttibile. La migliore amica che non avevo mai avuto in passato. Quasi mi vergognai di aver pensato alla morte come una comoda scappatoia da tutto, quando avevo avuto di fronte quell'assassino.

<<Anch'io te ne voglio.>> rispose lei, stringendomi con la stessa intensità. Restammo a goderci entrambe quel contatto per qualche altro secondo, poi ci staccammo e finimmo di mangiare quelle delizie che aveva preparato.

Le chiesi dove fossero i ragazzi, e mi disse che una sua amica si era offerta di tenerli a bada al piano di sotto per non disturbarmi mentre riposavo.

<<Sai com'è, non è facile bloccare la loro curiosità quando succede qualcosa di nuovo.>> mi rispose con un sorriso divertito. Non potevo darle torto, ero come loro. La curiosità mi portava sempre in situazioni strane. Come quella.

<<Mi dispiace averti costretta a trasportarmi fin qui. Non sarà stato facile, non sono una piuma dopotutto.>> ridacchiai grattandomi la nuca. Lei era almeno un terzo più piccola di me, e neanche mio padre era mai riuscito a prendermi in braccio ora che avevo vent'anni, figuriamoci lei.

<<Mmm no, in effetti è stata una faticaccia.>> disse pensierosa, ricevendo un mio sopracciglio alzato <<Ma devo ricordarti con chi ho a che fare tutti i giorni? Non sembrerà, ma devo essere più forte di quelle piccole pesti se voglio fare in modo che mi ascoltino.>> Risi, sicuramente non aveva vita facile con cinque maschietti per casa. Per fortuna la più piccola di tutti, Annael, sembrava aver ereditato un po' dell'intelligenza della maggiore dai geni di famiglia. A proposito, chissà dov'era adesso. Mi sarebbe piaciuto rivederla, e magari giocare con lei. Certo, se avessi potuto almeno piegarmi normalmente. Riportai gli occhi su Elanor, ora intenta a riordinare tutto sul vassoio. Ero in debito con lei: non solo mi aveva trascinata fino a casa sua tutta da sola, ma mi aveva offerto un letto caldo e degli abiti puliti, mi aveva lavata come meglio aveva potuto e nutrito. Come minimo le avrei dovuto costruire una statua fuori dalla porta di casa. Si alzò e diresse verso la porta, ma si bloccò prima di aprirla per voltarsi verso di me con aria preoccupata.

<<Ah, ehm... a proposito, con tutto quel che è successo non sono riuscita ad avvisare i Sovrani. Di sicuro saranno in pensiero per te, potrei->>

<<No!>> esclamai con troppa foga, spingendomi in avanti ma bloccandomi non appena il dolore tornò a farsi sentire. Gli occhi azzurri della ragazza si spalancarono leggermente, non aspettandosi quella reazione da parte mia. <<Per favore, non avvisarli. Non ancora.>> continuai.

<<Ma->>

<<Ti prego.>> la supplicai congiungendo le mani <<Non voglio che loro sappiano dove mi trovo adesso. Devi mantenerlo segreto, almeno per qualche altra ora.>> La sua fronte si aggrottò leggermente, dandole un'aria più seria e facendola assomigliare incredibilmente alla sorellina.

<<Non capisco il perché... potrei farlo, ma devi giurarmi che mi racconterai tutto.>>

<<Lo giuro.>> Mi scrutò per qualche altro secondo, prima di sospirare e annuire insieme. <<Grazie, grazie!!>> le sorrisi grata.

<<Non ringraziarmi e cerca di riposare ancora un po'. Appena ti sentirai meglio dovrai dirmi per filo e per segno quel che ti è successo.>> e senza attendere conferma aprì la porta e se la richiuse subito alle spalle. Mi lasciai andare con un sospiro di sollievo contro il materasso, sospiro che si trasformò in una smorfia di dolore. Dovevo aver dato una botta forte quando ero caduta priva di coscienza a terra, per questo non ricordavo. Ed una cosa che non avevo ancora detto ad Elanor era il mal di testa martellante che sentivo nel cervello. Sembrava che tanti piccoli bastoni vi stessero battendo sopra tutti insieme. Mi massaggiai le tempie e sistemai meglio nel letto. I capelli erano raccolti in uno chignon disordinato, ed i vestiti che indossavano erano leggeri e un po' troppo piccoli per me, ma non avrei potuto chiedere di meglio in quel momento che trovarmi sotto la protezione di qualcuno che mi era amico. Il fatto che i Sovrani non sapessero ancora della mia permanenza lì mi lasciava libera di respirare tranquilla, almeno per il momento. Era di quello che avevo bisogno dopotutto, un po' di pace e serenità. Le palpebre si fecero via via più pesanti, e presto la mia testa di unì ad esse ed ad ogni altro muscolo del corpo.

Poco più tardi, quando tornai alla realtà, svegliarmi in una stanza non mia non mi mise agitazione, al contrario, mi sembravano le quattro pareti più accoglienti che potessi desiderare. Elanor era venuta a svegliarmi per dirmi che la cena era pronta e se dovevo andare in bagno. Mi aiutò a raggiungere la piccola stanza al di là del corridoio, poco prima delle scale strette, ed insieme srotolammo lentamente le bende curatrici che circondavano il mio corpo malandato. Quei medicamenti mi portarono subito alla mente Taras, ma non volevo pensare a lui. Perché farlo avrebbe significato pensare automaticamente a Galvorn. E non ero ancora psicologicamente pronta per affrontare tutto ciò. Mi diedi un'occhiata al piccolo specchio ovale, constatando che la ferita alla base del collo era ancora rossa ma per fortuna non più troppo sanguinante. La schiena mi faceva decisamente meno male, ma non credevo sarei riuscita a sollevare qualcosa di pesante tanto presto. Sui polsi, infine, erano rimaste piccole strisce della stretta serrata del mio aggressore, per il resto avevo lividi sparsi un po' dappertutto, qualcuno dolorante se ci passavo le dita sopra, ma niente di grosso. Almeno una cosa positiva. Mentre Elanor mi aiutava a sostituire le bende con altre più pulite, le raccontai ciò che era successo, o meglio quel che ricordavo. Il suo viso cercava di restare imperturbabile, ma non riuscì a nascondere una smorfia di paura quando le dissi del coltello sul mio collo. Il problema era che i ricordi restavano nitidi fino ad un certo punto, esattamente finché quel tipo schifoso cercava di mettermi le mani addosso, poi si facevano improvvisamente confusi fino al momento in cui avvistavo poco chiaramente la ragazza corrermi incontro. Lei rimase zitta fin quando non terminò il suo lavoro, poi rimise tutto apposto e mi aiutò a tornare in stanza. Non sapevo cosa aspettarmi dopo quelle spiegazioni, ma non quel che chiese una volta nel letto.

<<Sei certa al cento per cento di non ricordare quanto accaduto prima di svenire?>> La guardai aggrottando la fronte, stupita a confusa che si fosse soffermata su quel particolare.

<<No, nulla. E' successo qualcos'altro?>> domandai a mia volta con una punta di ansia nella voce. E se l'assassino fosse tornato e avesse visto Elanor portarmi via?

<<No.. non esattamente..>> la sua voce esitante mi fece sporgere di più verso di lei, ancora in piedi di fronte a me. Stava nascondendo qualcosa, ne ero sicura. <<Vado a prenderti la cena.>> aggiunse poi allontanandosi in gran fretta. Neanche richiamarla servì a qualcosa, e fui di nuovo sola nella piccola stanza a ripensare alle sue reazioni. Mi ero immaginata che si sarebbe preoccupata per altro che non fosse la mia memoria. Voglio dire, a tutti capita di dimenticare qualcosa ogni tanto, no? Io ho una buona memoria, certo, ma ero umana come chiunque e non potevo davvero ricordare ogni singola cosa che mi succedeva. 

My Life Now 2: My Own ChoiceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora