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L.

Riaprii lentamente gli occhi, ancora impastati di sonno. La luce fuori era scomparsa del tutto, e non capivo che ora fosse. Mi guardai intorno, ma purtroppo niente orologi. Non potevo certo pretendere tutto da una casetta in legno, no? Voltai nuovamente lo sguardo e rimasi ad osservare il grande uomo coricato al mio fianco, che respirava piano e ad occhi chiusi, perso in chissà quale sogno. Ci eravamo addormentati senza neanche accorgercene, e dovevo dire che mi sentivo molto meglio, almeno mentalmente. Fisicamente, invece, stavo ancora uno schifo. Galvorn mi aveva coperto la cucitura con delle larghe foglie, aveva detto che avrebbero aiutato a farmi guarire prima, ma ormai l'anestetico era scomparso e sentivo la ferita prudere in maniera alquanto fastidiosa. Avrei voluto staccarmi tutto dal braccio e grattarla con forza, ma in quel modo tutto il lavoro del moro sarebbe stato inutile. E lui non l'avrebbe certo presa bene. Cercai di non pensarci e presi un sorso d'acqua, che mi aveva gentilmente messo vicino, ripensando a quel che aveva detto poco prima. Essere più gentile con lui era stata un'impresa dalla prima volta che ci eravamo conosciuti, ma avevo notato come, col tempo, il suo carattere avesse subìto qualche miglioria. Non sapevo se lui se ne fosse accorto, forse no. Era diventato più dolce, e a tratti comprensivo, e questo mi portava a pensare una cosa: dovevo riuscirci anch'io, perché non potevo essere l'unica che non sapeva adattarsi alla situazione. Avrei dovuto concentrarmi sul fatto che si fosse preso cura di me quella mattina, e la notte prima, medicandomi e facendo in modo che non mi mettessi in pericolo, però pensare di riaprirmi semplicemente con lui come avevo iniziato a dare prima di tutto quel casino... era qualcosa che non riuscivo ad immaginare. Non volevo neanche chissà quale gesto eroico in realtà, come accadeva nei film. A chi importava! Ero incerta su cosa volevo da lui. Le scuse me le aveva già fatte, e mi aveva dimostrato ampiamente che ci tenesse a far funzionare nuovamente il rapporto. A partire dal "ti amo" confessatomi in un impeto di emozioni. Avevo stupidamente pensato che saremmo potuti ripartire da amici, ma la verità era che non lo eravamo mai stati, neanche prima di tutta questa situazione. Eravamo passati dall'odiarci all'amarci, dal punzecchiarci all'accarezzarci dolcemente. Sperare che fossimo solo amici era fuori questione, sentivo la tensione intorno a noi ogni volta che toccavamo tasti dolenti della nostra vita. Cosa che, invece, non era mai capitata con Taras. Allora cosa fare? L'unica cosa che mi veniva in mente era aspettare quel "qualcosa" che mi avrebbe tolto ogni dubbio su come agire, e l'avrei saputo solo una volta avuto davanti. E intanto magari avrei potuto iniziare a, smussare qualche angolo, anche per non fare sempre la parte della ragazza acida. Si meritava un po' di gentilezza dopo quel che gli avevo fatto passare.

<<Vedo le rotelline girare in quella testolina.>> mormorò ad un tratto, facendomi sobbalzare nel letto.

<<Cavolo, Galvorn! Mi hai fatto prendere un infarto!>> Gli diedi uno schiaffo sul petto, mentre lui rideva.

<<A me sembra tu stia benissimo.>> disse poi, mettendomi un braccio intorno al fianco e attirandomi a sé. Avevamo dormito insieme fino a quel momento, ma era stato come dormire da soli. Nessun imbarazzo, nessuna ansia su dove mettere le braccia o in che posizione addormentarsi. Semplicemente avevo chiuso gli occhi, e il buio mi aveva avvolta. Come una calda coperta. Adesso, invece, averlo a così poca distanza mi fece improvvisamente rendere conto di QUANTO FOSSIMO VICINI. Lo guardai in viso, e notai i suoi occhi leggermente gonfi per il pianto. Non mi ero azzardata a vederlo piangere, perché sapevo fosse una cosa che lo metteva molto a disagio, ma ora mi era impossibile non vedere il rossore intorno ad essi.

<<Hai gli occhi un po' gonfi.>> gli feci notare, sperando in parte che si allontanasse per l'imbarazzo. Invece alzò semplicemente le spalle.

<<Non m'importa. Ho solo bisogno di un'altra dormita.>> Rimase col braccio intorno a me, si mise meglio il cuscino sotto la testa e, quasi impercettibilmente, si avvicinò ancora un po'. Il mio cuore fece un balzo. Avevamo già dormito insieme, non era una cosa nuova, eppure sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che mi ero sentita così a condividere il letto con lui. <<Dovresti riposare ancora un po' anche tu.>> biascicò con voce assonnata.

<<Ci provo.>> risposi, cercando di riprendere il controllo del mio corpo. Mi misi anch'io più comoda, lasciando che il buio mi circondasse nuovamente. Invano. Il braccio sul mio fianco era caldo e pesante, e non riuscivo a tranquillizzare il mio cuore, che batteva come se fosse pronto a correre una maratona. Rimasi in silenzio per parecchi minuti nel tentativo di riprendere sonno, trattenendo anche il respiro finché non fui costretta a buttarlo fuori prima di morire per apnea.

<<Perché sei così nervosa?>> lo sentii chiedere, con tono basso e confidenziale. Continuavo a tenere gli occhi chiusi, e sentivo che i suoi, invece, erano puntati su di me. Aspettava forse che ricambiassi lo sguardo? Se lo poteva scordare, sarei diventata un peperone in meno di dieci secondi.

<<Il tuo braccio è peggio di un'incudine, non riesco a rilassarmi.>> Lo sentii ridere sommessamente a quella stupida scusa, e ovviamente mi avvicinò di più a sé. La sua mano calda prese e muoversi sulla mia schiena, ancora coperta dal maglione rosso, e le dita cominciarono a creare simboli immaginari su di essa. Cosa che, al posto di tranquillizzarmi, non fece altro che rendermi più nervosa. Posai involontariamente una mano sul suo petto, nel tentativo di aumentare le distanze, e sentii il suo cuore battere forte quanto il mio. Quindi, anche se sembrava divertito da quella situazione, lui stesso non era così sicuro come voleva dimostrare. Aprii lentamente gli occhi, trovando inevitabilmente i suoi a fissarmi, a studiarmi quasi. Lo guardai con attenzione, facendo in modo da avere la sua più completa attenzione, poi mi morsi leggermente il labbro inferiore, in un modo che, almeno nella mia mente, avrebbe dovuto risultare attraente. La sua mano si fermò di colpo da quei movimenti astratti, mentre i suoi occhi si fissavano su quel che stavo facendo. Sorrisi con leggerezza, consapevole che a quel gioco potevamo prender parte entrambi. Continuai a mordicchiarmi le labbra in maniera quasi casuale, provocandolo.

<<Dovresti smetterla.>> disse a quel punto, senza distogliere gli occhi da lì.

<<Perché?>> chiesi innocentemente.

<<Potresti farti male. Potrebbe uscire altro sangue.>>

<<Non c'è da preoccuparsi allora. Puoi sempre medicarmi.>> mormorai alzando un angolo della bocca. Lo vidi deglutire a fatica, come se il solo immaginare quell'azione lo imbarazzasse. Riportò finalmente gli occhi nei miei, e per l'ennesima volta mi sentii risucchiare in uno spazio buio ma sicuro, non troppo luminoso, in cui c'eravamo solo io e lui.

<<So cosa stai cercando di fare...>> sussurrò con voce roca, anche se certamente non per il sonno, mentre la sua mano risaliva dalla mia schiena al viso.

<<Lo sai?>>

<<Già.>>

<<E sta funzionando?>>

<< ...Dannatamente.>> rispose con un tono appena udibile. Un sorrisino vittorioso mi stirò le labbra, ma durò poco. La mano abbronzata del moro mi alzò il viso delicatamente ma con decisione, sorprendendomi. Riuscivo a distinguere chiaramente le sue pupille dalle iridi ora, e sentivo il suo alito caldo a poca distanza da me. Aveva un profumo dolce, come i biscotti che avevamo condiviso prima di addormentarci. <<Voglio chiederti una cosa.>> disse poi, sorprendendomi di nuovo.

<<C-cosa?>> chiesi col cuore che batteva all'impazzata.

<<Posso baciarti?>> 

My Life Now 2: My Own ChoiceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora