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L.

Sbattei le palpebre più di una volta, come per dare tempo al mio cervello di assimilare quel che il mio giovane maestro mi stava dicendo in quel nuovo pomeriggio di allenamenti. Voleva davvero che portassi per una settimana (una settimana dico!) due grossi bracciali attaccati ai polsi?? Lui sembrò leggermi nel pensiero perché subito fece un cenno di assenso abbastanza energico. Non solo, a quanto mi aveva appena detto, avrei anche dovuto tenerli durante il resto della giornata, non solo durante le lezioni. Lanciai un'altra occhiata a quelle grosse ruote circolari ai suoi piedi, che sembravano tanto due manette di ferro più che dei pesi da allenamento.

<<Non fare quella faccia,>> mi richiamò la voce di Roche all'ennesima smorfia sul mio viso <<sono leggerissimi, appena sette chili.>>

<<Come sette? Mi avevi detto di averne da due o tre e che avrei usato quelle.>>

<<Le ho infatti,>> continuò <<ma sono per bambini, andiamo, avrai quanto ormai, diciassette anni?>>

<<Ne ho venti.>> borbottai acida mentre mi rialzavo dal letto e allungavo per prenderne uno. Mi ci volle un attimo per sollevarlo da terra, non sembrava troppo pesante. Il problema sarebbe stato averli tutto il giorno, tutti i giorni. Già solo a pensarci mi dolevano i muscoli.

<<Posso toglierli per lavarmi, vero?>>

<<Certo! Mica posso lasciarteli rovinare, sono di buona fattura.>> Stavolta fu lui a fare una smorfia. Sospirai e posai il bracciale sul morbido materasso. Eravamo come sempre nella stanza di Elly, e valutai per un attimo la possibilità di lanciarmi dalla finestra nel tentativo di scappare a quel compito. Forochel aveva iniziato quella giornata dicendomi che mi sarebbe toccato un allenamento speciale, ed ovviamente avevo aspettato il pomeriggio con impazienza. Se avessi saputo di cosa si trattava realmente sarei scappata molto prima. Il ragazzo continuò a guardarmi in attesa, battendo il piede con impazienza, così sotto il suo occhio vigile infilai pian piano i bracciali. Mi aiutò a stringerli abbastanza da far in modo che non mi scivolassero o si vedessero troppo sotto al maglione corto datomi da Elly. Le avevo detto che sarebbe stato meglio se fossi andata a comprare dei vestiti, magari di notte, al posto di continuare a rubare dal suo armadio, ma il solo pensiero di vedermi di nuovo fuori da sola l'aveva fatta puntare i piedi. Mi aveva ricordato incredibilmente mia madre in quel momento. Ridacchiai per un attimo ripensandoci. Ero comunque riuscita a raggiungere un accordo: saremmo uscite quel fine settimana dato che aveva la giornata libera, facendomi coprire adeguatamente per non farmi riconoscere, e ci saremmo fiondate in una boutique di cui mi aveva parlato e dove comprava la maggior parte dei suoi vestiti. Non vedevo l'ora, sarebbe stata la mia prima vera uscita con la mia nuova amica! Il biondino mi schioccò le dita di fronte agli occhi per risvegliarmi dal mio sogno e farmi ripiombare in quella pesante realtà. Li avevo indosso da solo qualche minuto e già le braccia pesavano. Lanciai uno sguardo supplichevole a Roche ma la sua faccia non ammetteva repliche, così lasciai perdere ed iniziammo il solito addestramento. Erano passati tre giorni dal mio incontro con Galvorn, e mi ritrovavo ogni sera a ripensarci come una stupida. Mi tornavano in mente il suo aspetto così trascurato, gli occhi scuri che non erano cambiati poi tanto, il contatto delle nostre mani... persino il suo sguardo stupito appena mi aveva visto. E quella, forse, era la cosa che mi faceva soffrire di più. Il fatto che fosse rimasto confuso dalla nuova me, quasi da non riconoscermi. Per non parlare delle sue parole: "non sei più la Lexy che conosco...". Si aspettava davvero che, dopo tutto, sarei rimasta uguale a prima? Magari che gli sarei saltata anche addosso, felice di rivederlo? Che stupido. Ingenuo fino alla punta di quel suo naso altezzoso e perfetto.

<<Lexy!>> La voce del mio maestro mi richiamò alla realtà, così mi voltai subito a guardarlo. Teneva gli occhi puntati alla finestra, dove le tende coprivano la nostra vista a gente indesiderata. Per un attimo pensai qualcuno ci avesse visto, avrebbe spiegato l'agitazione del ragazzino, poi puntando gli occhi su di essa notai che un ramo appuntito si era infilato nella fessura tra le tende e continuava ad avanzare verso di noi, strisciando come un serpente. Appena puntai gli occhi su di esso, però, si fermò come ubbidendo ad un comando, e ad un cenno della mano si ritirò lentamente da dov'era venuto, sparendo in pochi secondi. Roche, che pochi secondi prima teneva gli occhi sulla pianta, corse verso la finestra come ad assicurarsi che fosse tornata al suo posto, prima di voltarsi e puntare gli occhi su di me. Notai solo allora che il suo viso era ancora più pallido del solito.

My Life Now 2: My Own ChoiceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora