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Guardai la giovane sconosciuta per un tempo che mi parve interminabile, poi il mio corpo si mosse da solo, e allungai una mano per toccare quel viso dipinto, abbronzato e dai tratti decisi come quelli del fratello.

<<E' bellissima.>> mormorai quasi tra me e me, incantata dai suoi occhi viola. Mi ricordava tanto le violette che ero solita vedere nei vasi di mio nonno, che amava i fiori quasi quanto amava sua moglie. Ripensai a quando da piccola andavo da loro, e lui mi faceva vedere tutto fiero quei fiori alti e dalle tonalità fredde, con così tante sfumature che quasi non sembravano poter appartenere tutte ad un unico colore. L'ultima volta che andai, prima della loro morte, avevo forse tredici anni. Mio nonno mi mostrò dei fiori di violetta tardivi, cioè sbocciati molto dopo le loro sorelle, ma di una incredibile intensità di viola. Gli occhi di Mirìel erano così. Mi riscossi da quei ricordi e voltai verso Galvorn, che teneva gli occhi bassi. Nonostante inizialmente avesse guardato quel ritratto, adesso tutto il suo coraggio sembrava svanito di nuovo nel nulla. Mi avvicinai di un passo, accorciando la distanza tra i nostri corpi. Sentivo i brividi lungo la pelle, ma riuscii lo stesso a parlare con tono fermo.

<<Quanto tempo fa?>>

<<Quasi tre anni ormai.>> rispose in automatico.

<<Ne vuoi parlare?>>

<<Ad essere sincero, no.>> disse piano, sollevando poi la testa. Mi ero messa più o meno di fronte al ritratto, in modo che non vedesse la sorella scomparsa a primo impatto <<Però so che mi servirebbe.>> Con un leggero sorriso lo presi per mano, e lentamente andammo verso i pouf sulla destra della stanza, vicino le finestre. Lì la luce lunare, per quanto fioca, mi permise di guardare meglio il suo volto. Trovai di nuovo quella tristezza che mi aveva così spiazzata poco prima, quel dolore che però continuava a trattenere.

<<Non devi tenerti tutto dentro, lo sai.>> lo rimproverai quasi con tono materno, facendogli scappare un mezzo sorriso.

<<Lo so... ma non ci riesco. Sono fatto così.>> Alzò le spalle, facendole poi ricadere pesantemente. Mi sistemai meglio sul pouf, al suo fianco, senza tuttavia parlare. Vi era quasi un metro a dividerci ormai, e per qualche motivo le mani iniziarono a prudere. Sentivo ancora il calore della sua pelle contro il palmo che avevo stretto fino a poco prima. Non volevo mettergli alcuna fretta, così aspettai paziente, coprendomi un po' meglio con il mantello. Faceva parecchio freddo in quella stanza. Passarono diversi minuti, in cui non facemmo altro che fissare il pavimento, ognuno immerso nei propri pensieri, e cercavo al contempo di mantenere a freno la mia curiosità. Poi finalmente parlò.

<<Non so da dove iniziare. Io... non mi sono mai trovato in una situazione del genere.>> borbottò arrossendo un po', passandosi una mano tra i capelli, come quando era nervoso. Era incredibile come, nonostante tutto, ricordassi ancora alcuni particolari del suo carattere.

<<Parti dall'inizio. Raccontami di lei.>> dissi in un sussurro. Ancora un po' di silenzio.

<<Beh, lei era... fantastica. Non saprei come altro descriverla. Forse perché ero più piccolo, perché mi ricordava tanto una di quelle guerriere amazzoni che tanto ammirava, ma tutto quel che faceva mi sembrava incredibile. Era intelligente, spiritosa, forte, testarda, sempre a caccia di nuove esperienze e sempre pronta a tutto pur di ottenere quel che voleva. Che io ricordi non si è mai tirata indietro da una sfida, uomo o donna che gliela proponesse.>> si fermò per riprendere fiato, mentre un sorriso assente gli aleggiava sul volto. Era completamente perso nei suoi ricordi. Rimasi in silenzio, col capo chino in avanti, ad ascoltare. <<Una volta da piccola, aveva forse sedici anni, tornò all'accampamento con un grosso taglio lungo la gamba. Uno dei ragazzini che si allenava con noi al campo le aveva detto di arrampicarsi senza alcuna protezione e prendere la pigna più alta dell'albero lì vicino, se non era troppo femminuccia. E lei lo fece, procurandosi quel taglio cadendo negli ultimi sei metri e colpendo un ramo spezzato e parecchio appuntito. Quando varcò la porta molti si misero ad urlare per lo stato in cui si trovava, ed aveva l'espressione di chi fosse sul punto di svenire, ma sorrise lo stesso e lanciò la pigna verso il nostro compagno, con un sorriso vittorioso. In seguito Taras la medicò, evitandole così una brutta infezione.>>

My Life Now 2: My Own ChoiceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora