Capitolo 8

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"Chi è?"
"Nelson, vuole che passi da casa prima di venire in studio, perché ho la sua macchina."
"D'accordo. Hai fame?"
"Non tanta, che vuoi cucinare?"
"Non lo so, dimmi tu. Se vuoi ordiniamo d'asporto."
"Ma tu non eri il ragazzo a dieta?" mi guardò e rise. "Cucina qualcosa di salutare dai." Dissi, ridendo.
Lui sorrise ed annuì, raggiungendo i fornelli seguito da me.
Io lo seguii per filo e per segno, e ogni tanto mi mettevo vicino a dargli fastidio. Ad esempio, quando stava scolando la pasta, mi misi dietro di lui e gli facevo muovere le braccia, facendo cadere un po' di riso nel lavandino.
"Dai Giò!" Urlò lui ridendo. Si girò e mi prese dalle braccia, bloccandomi.
"Cesare." Gli dissi, a due millimetri dalle sue labbra.
"Mh?" chiese. Sentivo il suo respiro su di me, sul mio viso che pian piano non fece altro che arrossire. "Non mi vuoi più baciare eh?" disse, sorridendo.
"Lo vorrei più della mia stessa vita." Gli sussurrai, guardandolo negli occhi. I suoi erano fissi sulle mie labbra, che in quel momento stavo mordendo per l'imbarazzo.
"Non morderti le labbra." Eravamo ancora molto vicini, ma nonostante tutto lui sembrava molto tranquillo. Mi lasciò le braccia, optando poi per mantenermi dai fianchi, e questa cosa mi fece arrossire ancora di più.
"Perché no?"
"Perché mi ecciti sennò, e mi tenti di più nel baciarti."
"Fallo."
"No."
"Perché no?"
"Perché sennò continuerei a baciarle." Mi disse, spostando poi il suo sguardo sui miei occhi.
"E quindi?"
"Poi non smetterei più."
"E quindi?" dissi io, guardandolo.
"Basta con 'sto "e quindi" dà fastidio Giò!" La sua voce diventò più acuta perché cercava di interpretare il mio discorso. Lui si allontanò da me ed io ricominciai a respirare normalmente. Sembrava come se in quel momento appena finito io stessi smettendo di respirare, come se non ne avessi bisogno.
"E siamo a sette, comunque."
"Cosa?"
"Sette volte che il destino ci ha voluti insieme." disse, mettendo il riso a tavola.
"Ci saranno altre volte." Mi sedetti di fronte a lui, guardandolo attentamente negli occhi cercando di capire cosa dicessero.
"Tu dici? E Perché?"
"Perché non è solo il destino a volerci insieme, o sbaglio?"
"No, no. Hai ragione, non sbagli per niente. Ora vogliamo mangiare?" annuì, ascoltandolo.

"Oggi riconosceremo cose con la faccia." Disse Nelson, guardando la videocamera con Cesare affianco. Incominciarono a riconoscere le cose con le orecchie, C'erano Dario e Frank che tenevano delle mutandine in alto, e c'eravamo io, Nic e Tonno dietro la videocamera che ridevamo.
"Un indizio?" chiese Cesare.
"Con la stoffa ci state."
"Mi arrendo." Dissero entrambi, e Cesare si mise le mutandine in testa.
La seconda manche consisteva nel riconoscere la zucca con la lingua, ed è stata la parte che ha fatto più ridere visto che avevano anche le mollette al naso e avevano una voce strana, e leccavano dappertutto.
"È una zucca?" Chiese Nelson, togliendo la mascherina. E cesare si mise a ridere.
"Comunque ti ho battuto nel tuo settore, la lingua." Nelson si girò guardando Cesare e quest'ultimo si girò guardando direttamente me, che ovviamente non dissi nulla per l'imbarazzo e per Nelson.
Nella terza manche dovevano riconoscere con il naso dei guantoni da Boxe e Nelson riuscì di nuovo a batterlo. Dario diede un pugno a Cesare che fece finta di cadere.
"Vai, più forte." Disse il moro, guardando il ragazzo in piedi alla sua destra. Dario lo ascoltò e gli diede un pugno scherzosamente più forte, e noi tre dietro ci mettemmo a ridere.
Nelson riuscì ad indovinare pure la quarta manche con la fronte, ovvero lo stracchino e anche la quinta Manche: Nicolas.
"Avevo la faccia sul culo di Nicolas." Disse Cesare, ridendo.
Insieme a quel video, fecero pure un video Salotto, dove tutti erano presenti.
"Se ci vedi tagliati, avvisaci." Mi dissero.
"Ti rimane solo un giorno di vita, cosa faresti?" chiese Cesare, incominciando il discorso. Tonno incominciò, dicendo che avrebbe passato una giornata rilassante andando in campagna mangiando il suo cibo preferito. Cesare invece, vorrebbe fare la stessa cosa di Tonno, non salutando nessuno ma lasciando delle lettere alle persone a cui voleva più bene.
"Però ci sta che la mattina si tromba." Frank e Nicolas pensavano la stessa identica cosa che dissero loro. Nelson passerebbe la giornata depresso stando con la sua ragazza, se ne avrebbe avuta una. Dario, l'ultimo, il più maturo e anche il più coglione, voleva rimanere a casa sua guardando la città in silenzio, facendosi tutte le droghe possibili così che fosse morto per overdose e non per malattia.
"Tanto prima o poi dovevo morire, chi se ne frega. Sinceramente io farei così. Prenderei una marea di droghe per passare l'ultimo giorno dissociato da me stesso."
Rimasero tutti in silenzio prima di incominciare a ridere.
"È un ragionamento giusto." Disse Tonno.
Chiusero il video e poi, come al solito, si misero ad editare. Io e Cesare, invece, ci eravamo messi sul divano e ci eravamo messi a parlare.
"Tu invece? Se avessi un solo giorno che faresti?"
"Io? Dipende da quando me lo dice il dottore. Se il dottore mi dicesse oggi che muoio domani, farei tutte le cose che non ho mai fatto ma che voglio fare. Ordinerei il primo biglietto aereo, andrei alle Hawaii e mi goderei l'ultima giornata della mia vita con i miei amici e con la mia famiglia. Invece se me lo dice il giorno stesso credo che mi deprimerei e non saluterei nessuno, farei anche io delle lettere e credo che incomincerei a fumare."
Perché dovresti fumare?"
"Perché è una delle tante cose che non ho fatto ma che volevo fare.Perché darei la possibilità ad una cosa che potrebbe uccidermi, a non uccidermi.""
"Vorresti fumare?"
"Sì, vorrei provare."
"Sigarette o...?"
"Le sigarette."
"È giusto quello che hai detto, sai?" mi disse sorridendo.
"Lo so, lo so." Ricambiai il sorriso e lo guardai ridendo. Lui appoggiò le braccia sulla spalliera ed io mi appoggiai a lui.
"Ci facciamo una foto?" chiesi, guardandolo.
"Aspetta, abbiamo una polaroid qui." Si alzò e si guardò intorno, tornando poi con una instax verde. Si sedette vicinissimo a me e mise il suo braccio sulla mia spalla, stampandomi un bacio sulla guancia ed io sorrisi. La prese e la scosse, ma lo bloccai.
"Non c'è bisogno, la foto esce comunque."
"Lo so, ma più lentamente, e poi a me piace farlo." Alzai le braccia al cielo e risi.
"Mi scusi allora." Disse, sorridendo.
"Tienila tu." Dissi io, guardandola. "Io voglio una più buffa."
E così facemmo, io feci la linguaccia incrociando gli occhi mentre lui fece la faccia da castoro.
"Avete un pennarello?" gli chiesi. Si alzò e lo prese, passandomelo.
"4/01/2016, C." Scrissi, aggiungendo un cuoricino vicino alla lettera. La foto la misi dietro la cover trasparente.
"La terrò per sempre nel portafoglio."
"Io non ne sarei così convinto."
"Io lo sono invece." Mi disse ridendo. Il ragazzo accanto a me si mise al telefono, ed io appoggiai la testa sulla sua spalla vedendo che cosa facesse. Andò su whatsapp e vidi una chat "Amore." Mi girai e vidi che il suo sguardo era già su di me. No, non ero io, l'immagine non era quella. Non era neanche Nelson, o qualcun altro del gruppo.
"Allora?" chiesi, guardandolo.
"Allora cosa?"
"Mi vuoi dire chi è?"
"È la mia ex." Disse. Ammirai la sua sincerità ma allo stesso tempo una bolla di gelosia crebbe in me.
"Mh. E parlate costantemente?"
"No, mi ha contattato ieri sera e stiamo parlando tutt'ora."
"D'accordo." Ero totalmente furiosa. Dio Cesare, sono la ragazza con cui ti stai frequentando e che fai? Mi parli della tua ex? Presi il giubbotto e li guardai.
"Vado a farmi un giro. Ciao!" dissi, fingendo agli altri un sorriso prendendo il telefono e raggiungendo la porta.
"Giò!" Era la voce di Cesare. Mi misi le cuffie alle orecchie ed incominciai a sentire la musica, cercando di alzare il passo ma con scarsi risultati, lui mi seguì ed io non lo ascoltavo. Mi strappò una cuffia dall'orecchio e lo guardai furiosa.
"Che vuoi?"
"Che succede?"
"Oh niente Cesare, ho scoperto che parli con la tua ex mentre tu ti stai "frequentando" con la sottoscritta e non dici nulla."
"Aspetta, fammi parlare."
"Non ho voglia di discutere, ora sono nervosa e ho bisogno di schiarirmi le idee, mh?" dissi, rimettendomi le cuffie incominciando a correre verso casa mia. Non appena arrivai, mi stesi sul letto e feci dei lunghi respiri profondi, soprattutto perché sentivo che prima o poi avrei pianto.

"E non mi dire che ti manco tanto tanto,
Che torni a casa e poi ti strucchi con il pianto,
Mentre fai due tiri, uh uh."

La canzone di Calcutta in quel momento non poteva essere più azzeccata, e fu quest'ultima a farmi piangere. Perché parlava con la sua ex? Non gli vado bene? Avevo sbagliato ad andarmene così, forse ha ragione, però ero così tanto nervosa che volevo solo pensare, pensare e deprimermi, senza fine. Sentii il telefono squillare, era lui. Rifiutai la chiamata e mi inviò un messaggio.
Cesare:
O mi apri, o scendi.

Giorgia:
Sono obbligata?

Cesare:
Se non vuoi che mi incazzo ancora di più, sì.
Lessi il messaggio e mi tolsi le cuffie, togliendomi le lacrime dal volto per non fargliele notare e scesi di casa, ricordandomi fortunatamente di prendere il telefono e le chiavi di casa. Il ragazzo era nella macchina posteggiata come sempre, davanti al cancello, che non appena mi vide uscire dal portone, guardò dal finestrino accanto a lui. Io entrai in macchina e rimasi zitta, aspettando che dicesse qualcosa.
Sentivo il suo sguardo più sui miei occhi che sul resto, aveva capito che avevo pianto? E perché non parlava?
"Sono scesa per quale motivo?"
"Per parlare, o non vuoi?"
"Bene, allora parla."
"Perché te ne sei andata così?" lo guardai dritto negli occhi e vidi tanta, ma tantissima rabbia.
"Perché? perché stai parlando con la tua ex, Cesare. Se volevi tornare con lei, potevi almeno dirmelo, avvisarmi. E non che devo scoprirlo."
"Non volevo che tu lo scoprissi."

In Your Eyes||Cesare CantelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora