Capitolo 30

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Mi svegliai per colpa dell'assordante sveglia al mio fianco. La spensi e mi alzai, raggiungendo la cucina per fare colazione. Erano le cinque di mattina, avevo dormito poco ed avevo bisogno di una gran tazzona di caffè. Mi preparai e scesi di casa, dove c'era Nelson ad aspettarmi. Voleva che fosse lui ad accompagnarmi ed io ho accettato.
"Ti prego, qualsiasi cosa succeda o accada avvisami e ti raggiungo."
"Non ti preoccupare, me la caverò." Lo abbracciai forte e gli stampai un bacio sulla guancia, raggiungendo il binario. Pochi minuti dopo il mio arrivo al binario, mi sentii chiamare.
Quando mi girai, notai che tutti i ragazzi della space Valley erano lì. Cesare era quello più indietro di tutti, difatti pensavo che non mi avrebbe salutato.
Dario mi corse in contro prendendomi in braccio velocemente.
"Piccola merdina fatti sentire più spesso" mi disse nell'abbraccio.
Con il Tone invece facemmo il nostro solito saluto, ovvero che ci davamo gli schiaffi al culo. Anche con Nicolas e Frank mi abbracciai fortissimo, mi augurarono buon viaggio. I ragazzi si fecero spazio facendo uscire il sommo: Cesare.
"Posso salutarti come si deve?" Io lo guardai ed annuì imbarazzata.
Per una volta, Cesare Cantelli aveva messo da parte il suo orgoglio. Mi abbracciò stringendomi forte a sè. Io ricambiai l'abbraccio sentendomi finalmente a casa. Non volevo lasciarlo andare via per nessuna ragione, eppure dovevo farlo. Forse averlo amico era l'opzione migliore, potevo averlo al mio fianco, no?
Ero in punta di piedi per quanto ero bassa.
"Senti, fanculo." Si abbassò di poco e mi prese le gambe per cingere i suoi fianchi. Finalmente dall'alto riuscii a vedere i suoi occhi grandi e verdi. Il suo sorriso sincero quasi quanto il mio.
"Abbi cura di te stessa."
"Tranquillo Cesi già lo faccio."
"Sapevo che l'avresti detto."
Salutai un ultima volta i ragazzi con un gesto di mano raggiungendo successivamente il mio binario e sedendomi. Mentre erano andati via tutti, Cesi era rimasto lì, mettendo la sua mano aperta sul finestrino. Lo guardai e sorrisi, mettendoci anche la mia.
"Ti voglio bene Giò."
"Io no Cesi." Ironizzai ridendo. Una risatina uscì dalle sue labbra e una volta partito si allontanò, tornando dagli altri ragazzi. Ad un tratto, la vidi: Cesare l'aveva presa sotto braccio e gli aveva baciato la tempia girandosi successivamente verso il treno notandomi. I miei occhi si erano fatti lucidi per il dolore. Mi ero dimenticata per un solo istante che ci fossimo lasciati. Che lui aveva scelto un'altra ragazza al posto mio.
Forse non ero troppo perfetta per lui come lo era lei. Forse non ero lei.
Mi misi le cuffie nelle orecchie e ascoltai la musica, mentre Niccolò mi faceva compagnia.
"Ma guarda un po' chi si rivede a poche settimane di distanza." Disse Niccolò, abbracciandomi forte.
"Non te ne vantare, ti ricorderei che non sono qui per te."
"Tanto poi ci rimarrai. Sai già dove andare?"
"Sì, al White Hotel."
"D'accordo. Andiamo a lasciare la valigia e poi andiamo a farci un giro, okay?" annuì ed uscimmo dalla stazione, raggiungendo l'hotel.
"Però, che bella camera."
"Dici? Non mi piace molto."
"Beh, allora potevi sceglierne una migliore."
"Non l'ho deciso io, o l'avrei fatto. Forse è quella che cosa meno."
"Sì, può essere." Lasciai la valigia nella camera e la chiave alla reception e tornammo in macchina. Mi sembrava tutto così nuovo, surreale.
"Dove stiamo andando?"
"Un attimo a casa mia, ci sono problemi se viene il mio cane?"
"Solo se lo posso tenere io, io amo i cani."
"Speravo che me lo chiedessi." Parcheggiammo ed entrammo nel portoncino in legno. Non appena aprimmo la porta, un labrador venne da noi, saltandoci anche addosso.

Appena aprimmo la porta, un bellissimo cane ci diede il benvenuto.
"Sentiti a casa." Accese la luce e mi guardai intorno.
"Siediti sul divano, io vado in bagno a vedere se c'è qualcosa."
"Grazie." Dissi, sorridendo. Mi sedetti sul suo divano e guardai il cane. Era davvero bello. Mi sarebbe sempre piaciuto avere un cane, ma mia madre era allergica e non potevo averlo.

"Ciao." Dissi, abbassandomi ed accarezzandolo.
"Si chiama Spugna."
"Come il compagno di capitano uncino?" Lui mi guardò ed annuì sorridendo.
La casa era abbastanza grande: il salone era ad ambiente aperto quindi c'era sia cucina che salotto dove c'era una finestra con un piccolo terrazzo, in un corridoio c'erano altre tre stanze di cui una era il bagno, un'altra camera sua e un'altra totalmente vuota con un pianoforte, tanto disordine e appese sulle pareti c'erano tutti e due i dischi dei suoi album.
"Sei un cantante?" lui mi guardò ed annuì ancora.
"Sì. Forse avrai sentito qualche mia canzone."
"Può essere." Sorrisi. Eccome se avevo sentito le sue canzoni, quando era ancora poco conosciuto, sentivo solamente la sua musica, ma con il passare con il tempo incominciai ad amare più l'Indie e il Rap. Mi passò il guinzaglio e scendemmo da casa sua, andando a farci un giro a piedi. La camminata fu lunga, ma molto piacevole e divertente. Sapeva in quale momento farmi ridere, in quale diventare serio e alcune volte sembrava comprendermi. Ci fermammo in un ristorante per mangiare, era piccolo, ma molto accogliente.
"Ciao, Gianlù." Disse, porgendogli la mano. Il signore la prese e la strinse, abbracciandolo.
"Ciao Nicco. E lei chi è?"
"È una mia amica, l'ho conosciuta a capodanno."
"Giorgia." Dissi, porgendogli la mano.
"Gianluca." Lui me la strinse sorridendo.
"Il vostro tavolo è quello."
"Non ti alzare, ho capito qual è." L'uomo annuì. Ci sedemmo uno di fronte all'altro ed incominciammo a parlare.
"Parlami di te. Che ti porta qui?"
"Mi hanno detto che hanno bisogno di me in un ospedale, al sant'Eugenio, se non mi sbaglio."
"Sì, è vero. È proprio a corto di personale. Ho saputo che ha mandato una richiesta d'aiuto a tutta Italia."
"Già. Posso farti una domanda?"
"Non sono ancora riuscita a dimenticare Cesare, se tu me lo stessi chiedendo."
"No, non è quella la domanda. Tu fumi?" lo guardai e risi.
"Scusami, io..." che figura di merda
Che. Figura. Di. Merda.
"Non ti preoccupare." Mi sorrise. Ordinammo ed aspettando i nostri piatti, parlando di cose banali ma allo stesso tempo di cose importanti.
"Comunque no, non fumo."
"Sì, l'avevo intuito."
"Quand'è il tuo compleanno?" chiesi, spezzando il ghiaccio.
"Il 1 Settembre, e tu?"
"27 Febbraio."
"Allora manca poco!" Lui mi guardò ed annuì. "Festeggerai?"
"Non credo, sicuramente starò con i miei amici, ancora non so dove, se vuoi venire, sei la benvenuta."
"Ma sì dai, perché no."
"Oggi devi andare a lavoro?"
"Sì, stasera."
"Ah, allora abbiamo il tempo per andare alla fontana di Trevi." Ricevemmo i piatti e mangiammo, salutando ed andandocene.
"Ma non abbiamo pagato." Dissi, tornando indietro.
"Ho pagato quando ho ordinato."
"Dai Nicco! Dovevo pagare io."
"Perché? tu sei venuta nella mia città, è normale che io ti offra."
Mi sembrava tutto un deja vu, davvero.

"Pago io."
"Non esiste." Disse. Lo guardai e presi la borsa, raggiungendo la cassa e pagando.
Feci pagare a Cesare alla fine.
"Non farlo mai più, chiaro? Stavo per morire strozzato." Disse, prendendo il guinzaglio di Chewbe passandolo.
"Mi dispiace." Gli accarezzai il volto e incominciai a camminare sentendo Chewbe correre.

"Giò, ci sei?" Lo guardai ed Annuì. "Stavo dicendo, domattina devo andare a registrare, se vuoi puoi venire con me."
"Non lo so, vorrei riposare."
"Sì, certo. Hai ragione."
"A che ora dovresti andare?"
"Per le dodici."
"Allora sì, ci sono." Sorrisi e lo guardai. Arrivammo alla fontana di Trevi e lui mi guardò.
"Allora?" mi chiese.
"Cosa?"
"Devi lanciare una monetina nella fontana."
"Ah, sì." Passai il guinzaglio di Spugna al ragazzo e dal portafoglio presi una monetina, esprimendo il desiderio di trovare la pace e la tranquillità nella mia vita, con o senza Cesare. Lanciai la monetina e mi girai, guardando dove andasse.
"Che mira. È andata sulla statua." Mi guardò e rise.
"Se vuoi posso portarlo io, se sei stanca."
"Grazie. Tira tantissimo, non ho mai conosciuto un cane così vivace." Come se ne avessi conosciuto altri oltre Chewbe e lui.
"È proprio come me." Disse, ridendo. Niccolò mi accompagnò in hotel, ed io, non appena arrivai in camera, videochiamai Fede e Bea, raccontandogli tutto quello che è successo.
"Però, che tenero il ragazzo." Aggiunse Federica, guardandomi.
"Già, non è male."
"Io devo andarmi a cambiare ora, devo andare a lavoro."
"D'accordo, a dopo allora." Mi cambiai e mi preparai, per prendere poi la metro raggiungendo l'ospedale.
"Tu dovresti essere Giorgia Venceslai, di Bologna, giusto?" Annuì e strinsi la sua mano.
"Sono il dottore Rossi, mi segua."

Quando uscii dall'ospedale totalmente esausta, vidi Nick appoggiato alla macchina con gli occhiali da sole che fumava.
"Nick! Che ci fai qui?" Chiesi, raggiungendolo.
"Non ti faccio prendere la metro a quest'ora."
"Non preoccuparti, non mi faranno niente."
"Ti voglio bene, ma qui non siamo a Bologna, fatti dare un passaggio." Annuì sorridendo e mi misi in macchina, allacciando la cintura.
"Sembro un pericolo al volante."
"Si chiama sicurezza, indipendentemente da come guidi." Mi guardò e sorrise.
"Come vuole lei." Accese la macchina e partì
"Allora? Com'è andata?"
"Ora capisco perché si sono licenziati tutti gli infermieri. Non credo che durerò molto qui."
"Comprendo. Domattina ci sei quindi?"
"Sì."
"E che turno farai domani?"
"Quello di notte."
"E poi pensavo di portarti al palaghiaccio domani sera, ti va?"
"Divertente, ci sto!" Sorrisi. Mi accompagnò in hotel e lo salutai con un gesto di mano, entrando in camera. Mi cambiai e mi buttai sul letto, addormentandomi subito.

Mi svegliai con il telefono che squillò, erano l'una e cinque. Cazzo, dovevo andare con Niccolò. Presi il telefono e risposi alla chiamata.
"Scusa se non mi sono svegliata Nicco, sono crollata non appena sono arrivata in albergo."
"Giò, sono Cesare." O cazzo. Perché mi aveva chiamato lui? Che voleva?
"Ah. Dimmi."
"Nelson si era preoccupato visto che non rispondevi alle chiamate, ha fatto provare a tutti e poi ha chiesto a me, stai bene?"
"Sì, una meraviglia. Come ho già detto, sono crollata non appena sono arrivata in albergo ieri sera."
"Vabbè, chiama Nelson che ti cerca."
"D'accordo, ciao." Chiusi la chiamata ed andai sul gruppo, rispondendo a tutti i messaggi, facendo un audio.
"Scusate se vi rispondo solo ora, ieri sera ho lavorato, Niccolò mi ha accompagnato e non appena mi sono buttata sul letto sono crollata. Stamattina avevo anche da fare ma non mi sono svegliata. Io sto bene, voi? Mi mancate, spero di vedervi presto." Dissi.

Space Valley Comitive Edition

Giorgia:
*Audio 0.35 sec*

Nelson:
Cazzo però, potevi avvisarmi quando sei uscita dal lavoro.

Giorgia:
Hai ragione, scusami.

Dario:
Quindi sei in buona compagnia eh?😏

Giorgia:
Sì, diciamo, almeno ho lui che mi fa un po' di compagnia, qui è totalmente diverso da Bologna. Mi mancate tanto.

Tonno:
Manchi anche tu a noi.
Non vediamo l'ora di vederti.😪

Giorgia:
🙁

Chiamai Niccolò che mi diede la segreteria telefonica, riprovai e finalmente mi rispose.
"Alla buon'ora principessa." Sentii dire dall'altra parte del telefono, facendomi sorridere.
"Scusami se non ti ho risposto, davvero. Sono crollata non appena sono entrata in camera."

In Your Eyes||Cesare CantelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora