Capitolo dodici

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Decise di affrontarsi. Non lo faceva da tanto, non si guardava da tanto.
Si pose davanti al grande specchio presente nel suo armadio e si osservò, facendo degli ampi respiri.
Aveva addosso solo l'intimo, voleva mettersi a nudo per poter sconfiggere alcuni dei suoi demoni.
Lo sguardo non poté non ricadere sul ventre, che aveva una piccola cicatrice che si diramava verso il basso. Se l'accarezzò con premura, come se questa potesse bruciarla da un momento all'altro. Il ventre che un tempo era pieno, adesso era vuoto e piatto, ma morbido allo stesso tempo, non era uno di quei addomi scolpiti dalla palestra. Si voltò di profilo, notando i piccoli e sparsi buchetti di cellulite che possedevano le cosce, robuste e dure, nonostante era da molto che non facesse palestra. I suoi fianchi le sembravano troppo larghi per una vita troppo stretta, e il seno aveva qualche leggera smagliatura.
Come si aspettava, il suo corpo non le piaceva, e non capiva come potesse piacere a qualcun altro.
Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente. Allargò le braccia, per poi riporle verso il basso ed espirare.
Se doveva ricominciare a vivere, doveva farlo nel modo giusto, lo doveva a sé stessa.
Riaprì le palpebre, constatando che ciò che vedeva allo specchio era in realtà un'opera d'arte, unica e non riproducibile: nessun'altra donna poteva avere la sua medesima conformazione, la cicatrice posizionata in quel preciso punto parallela ad un piccolo neo, la curva della schiena che sembrava spezzarsi a metà percorso, per poi riprendere con i glutei pieni. Era fatta così, e doveva accettarsi per ciò che era.

Ci mise molto tempo per prepararsi, non per vanità o per fare colpo su Andrea, ma voleva compiere un rito di rinascita del tutto personale. Spazzolò i capelli setosi e voluminosi con maggior cura, sparse la crema profumata di rose e gelsomino su ogni centimetro del suo corpo, dopo un accurato processo di depilazione.
Voleva essere femminile, sentirsi femminile. Sapeva che non sarebbero stati quei gesti a renderla tale, ma più riponeva attenzioni su sé stessa, e più sentiva di amarsi, un amore che ormai non ricordava più.
Quant'è sottovalutato l'amore per il proprio io?

Scegliere cosa indossare le risultò la parte più difficile. Aveva rinnovato parte del suo guardaroba, ma nonostante questo si cambiò cinque-sei volte, costantemente insoddisfatta. Non sapeva se osare, rimanere sobria, restare anonima.
Osò.
Indossò una gonna di pelle nera, cedendo quasi subito all'idea di indossare un jeans. Ma non lo fece.
Abbinò una camicetta a fantasia, rossa e bianca con tocchi di dorato, per poi infilare degli stivali alti fino al ginocchio.
Quasi non si riconobbe.
Posò una mano davanti alle labbra, con un luccichio negli occhi.

-Quella gonna è troppo corta- intervenne improvvisamente Matteo, comparendo nel riflesso dello specchio.

Il viso della donna si rabbuiò un istante, ma non si scompose.

-No, non lo è-

Scacciando via quel pensiero passò al trucco, dipingendo le labbra di rosso ed esaltando i suoi occhi scuri, circondadoli di nero ed allungando le ciglia.

Sì guardò un'ultima volta, si spruzzò numerose gocce di profumo e sorrise.
Poteva farcela.

Quando il suo cellulare squillò, tutte le certezze crollarono come un castello di sabbia fragile.

-Si?-

-Alba, io sono giù. Sei pronta?- chiese la voce di Andrea, mentre il cuore della donna palpitava veloce, troppo veloce.

Per un attimo ebbe la tentazione di mandare tutto all'aria.

-Sì, sì, sono pronta- chiuse prontamente, quasi tremando.

Strinse le mani a pugno, indossò il suo cappotto nero ed uscì di casa, raggiungendo l'auto di Andrea che la aspettava fuori, appoggiato allo sportello.

-Ciao- lo salutò timidamente lei, mentre lui si voltava e le rivolgeva un sorriso puro, sincero.

-Buonasera, Alba. Solo cinque minuti di ritardo, sono colpito. Andiamo?-

Cuori interrottiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora