Capitolo trentuno

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La chiamata si chiuse dopo l'ennesimo squillo. Le unghie mangiucchiate erano ormai inesistenti, ed Alba era passata a mordere nervosamente anche la pellicina che circondava le dita.
Era nervosa, Andrea non le rispondeva e lei non capiva proprio il motivo di quell'atteggiamento così distaccato nei suoi confronti.
Stufa di quell'estenuante attesa, scese di casa come una furia e con la sua automobile si diresse verso casa dell'uomo che le aveva fatto perdere la testa.
Il cuore le martellava nel petto, sospirando cattivi presagi, che lei cercava inutilmente di scacciare.
Parcheggiò penosamente nei pressi del condominio di Andrea.
Per sua fortuna trovò il portone aperto, e si precipitò verso il pianerottolo che ormai conosceva bene come una furia.
Ad ogni passo, un dubbio.
Ad ogni scalino, una paura.
Ad ogni respiro, sentiva l'ossigeno mancarle nei polmoni.

Bussò violentemente alla porta, insistendo con il campanello.
Dalla piccola fessura aveva visto le chiavi, perciò l'uomo era in casa, anche se tardava ad aprire.
Possibile che fosse ancora arrabbiato per litigio su Fabrizio ed Elvira?

-Andrea! Andrea apri, so che sei in casa! Aprimi o giuro che sfondo la porta!- urlò, fregandosene della voce alta, dei vicini e della figura che stava facendo.

Finalmente avvertì il rumore del chiavistello, e la porta si aprì.
Alba rimase interdetta nel vedere l'espressione dura, furiosa e al contempo triste di Andrea, che la guardava con rabbia inaudita.

-Và via, non voglio parlarti ora. Anzi, non voglio parlarti mai più!- le sputò addosso, e la donna pensò che avrebbe preferito di gran lunga uno schiaffo a quelle parole.

-Ma che cazzo dici?! Avanti, fammi entrare, dobbiamo parlare-

-Ho detto che non voglio parlarti!- Andrea scandì ogni parola, con una freddezza tale da pietrificarla.

Alba non si lasciò intimorire e con la spalla spinse l'uomo, entrando dentro casa sua e chiudendosi dietro la porta, mentre il petto andava su e giù senza controllo, come se potesse esplodere da un momento all'altro.

-Si può sapere che diamine ti prende?! Non ti capisco! Davvero sei così arrabbiato per la storia di Elvira?!- domandò, troppo confusa per ragionare lucidamente.

Lui fece una risata isterica, scuotendo la testa e passandosi una mano tra i capelli neri. Era turbato, eccessivamente agitato, e la dimostrazione erano i suoi occhi rossi, infuocati.

-Come puoi essere così falsa, come- mormorò lui, stavolta guardandola e trafiggendola come una spada che la sorpassò da parte a parte.

-Io queste parole non le accetto! Mi dici perché sei così arrabbiato?! Cosa mai ti avrei fatto?!- urlò disperata, ormai con le mani che tremavano senza controllo.

Era talmente nervosa che quasi avrebbe potuto percepire il flusso del sangue scorrere violentemente nelle vene, fluire al cervello.

-Perché non lo chiedi al tuo ex? A quell'idiota che baciavi davanti al ristorante?! Davvero molto carini, una coppia stupenda, auguri e figli maschi!- esclamò lui, con le gote talmente rosse da sembrare violacee.

Alba capì all'istante, e nonostante respirasse a fatica, cercò di parlare con calma.

-Quello che hai visto è stato un terribile malinteso, lui non è il mio ex!-

-Smettila di dire bugie, smettila!- le urlò lui in faccia, afferrandola per le braccia con violenza, facendole male.

Quando si rese conto che lei lo guardava terrorizzata la lasciò andare, spaventato ed adirato con sé stesso per come aveva reagito.

-Ascoltami Andrea, lui non è il mio ex,  quello che hai visto è suo fratello gemello! È stato un suo momento di debolezza, io...-

-Basta, non voglio ascoltare le tue cazzate. Ti sei lasciata con uno e ti consoli con il fratello?! Bella mossa- affermò lui inacidito, e Alba sostituì il senso di colpa con un'improvvisa rabbia.

-Ma per chi mi hai presa?! Che diamine stai dicendo?! Matteo è morto, morto, hai capito?! È morto!- esclamò Alba ormai tra le lacrime, ma la mente di Andrea era talmente annebbiata che non riuscì a provare compassione per il suo dolore.

-Allora perché non me l'hai mai detto?! Perché mi hai tenuto all'oscuro di tutto?! Mi credevi uno stupido, ammettilo. Hai voluto prenderti gioco di me e dei miei sentimenti. Non posso credere di aver donato il mio cuore ad una come te!-

-Una come me?! Ma ti senti quando parli?!-

Alba si avvicinò a lui, ormai priva di alcun freno inibitorio, entrambi spogliati del buon senso.

-Vuoi la verità?! Ecco la verità! Matteo è morto tre anni fa, gettandomi nello sconforto più totale! Oh, e notizia flash, aspettavo un bambino da lui, un  bambino che ho perso a causa del dolore! Non ho avuto più alcuna relazione, fino a quando...-

La voce della donna si ruppe, sostituita da calde lacrime e singhiozzi che non riusciva più a sopportare.

-Se quello che dici è vero....-

-Se è vero?! Dubiti di questo?! Ma che razza di persona sei?- mormorò Alba, indietreggiando, come se avanti a lei avesse un mostro.

-Tu non hai idea di quanto io stia soffrendo!-

-E tu non hai idea di quanto io abbia sofferto e soffra tutt'ora! Matteo è la mia vita!- esclamò allora Alba, esplodendo.

Andrea la guardò con gli occhi sgranati, abbastanza lucido da ricevere quelle parole come una coltellata.

-Lo vedi?! Sei innamorata di un fantasma, non di me- sussurrò, privo di rabbia, privo di rancore.

Solo tanto, troppo dolore.

Alba poggiò una mano sul cuore, che sembrava comprimere nel petto. Respirava a fatica, il fiato era corto.
Andrea la guardò preoccupato, si avvicinò a lei per sostenerla, ma lei si scostò, come se il suo tocco la spaventasse.

-È finita- mormorò appena lei, senza guardarlo negli occhi, con una ferita aperta.

Si diresse verso la porta trascinando i piedi, e scomparve dalla sua vista come, appunto, un fantasma.

Andrea cadde al suolo, investito da una scarica di nervi e singhiozzi, trasferendo il male emotivo in male fisico.

Alba guidò con la vista appannata dalle lacrime.

Dopo, il rumore di uno schianto.

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