Capitolo trentatré

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-Si vede qualcosa?-

-Non molto-

-E se mi metto così?-

-Eh no, niente-

-Ma dai! Ma sono quasi tre mesi!- si lamentò Elvira, posizionata difronte allo specchio della camera da letto.

Si reggeva i capelli con una mano, mentre con l'altra si accarezzava il ventre ancora piatto. Aveva deciso di tenere il bambino, e dopo due mesi dalla fatidica scelta era più entusiasta che mai.
Quando aveva comunicato la notizia a Fabrizio, per poco non era svenuto.
Poi Elvira gli aveva parlato con il cuore in mano, in un caldo pomeriggio di maggio, seduti davanti ad un espressino freddo. Gli aveva confessato che avrebbe rispettato qualsiasi sua decisone, che la sua opinione sarebbe stata importante, anche se in fondo la scelta finale sarebbe toccata a lei.
Durante tutto il discorso Fabrizio non aveva proferito parola, era rimasto in religioso silenzio, dimostrandosi un buon ascoltatore.
Poi aveva sorriso, un sorriso dolce che forse contrastava con la decina di tatuaggi e i capelli lunghi, che lo facevano apparire come un apparente ragazzone scalpestrato che in realtà nascondeva un grande cuore.
E dopo lo stordimento iniziale, aveva fatto ciò Elvira non si sarebbe mai aspettata: si era alzato, seguito da lei, e l'aveva stretta forte al petto, nascondendo il volto nel collo della donna per non farsi vedere con gli occhi lucidi.

Quando aveva raccontato tutto ad Alba, si era commossa insieme a lei, ed ora eccole che le due amiche parlavano del più e del meno, come avevano sempre fatto.
Adoravano le chiacchiere intime che riservavano, le risate spontanee, quell'angolo da adolescenti che non avevano mai gettato via nonostante fossero due donne adulte.

-Hai deciso se andare al matrimonio Manuel?- domandò Elvira, scostando lo sguardo dalla sua figura a quella della donna seduta sul suo letto.

-Non ci andrò- sorrise Alba, che nelle ultime settimane viveva una situazione piuttosto stabile, nonostante la mancanza di Andrea si facesse sentire ogni giorno di più.

-Hmm. Sai, concordo con te. Dopo ciò che è successo mi sembra la decisone più sensata-

-Già-

Alba tacque qualche secondo, mordendosi il labbro.

-Ho visto Andrea- annunciò, ed Elvira si accomodò subito accanto a lei, con l'aria di chi voleva saperne  di più.

-Ma dai, quando?!-

-Un paio di giorni fa. Ero appena uscita da lavoro, e sono entrata in un bar per prendere qualcosa di fresco. Lui è uscito poco dopo-

-Vi siete parlati?-

-No. Non ci siamo neanche salutati. Eravamo... a disagio, ecco. Ci siamo guardati e poi abbiamo fatto un sorriso timido, di circostanza-

-E tu come stai?-

Alba scrollò le spalle, chinando il capo.

-Come qualcuno a cui manca un pezzo fondamentale- sintetizzò, a voce bassa.

Elvira le strinse le mani, sorridendole.

Erano inconsapevoli che Andrea stesse vivendo uno dei momenti peggiori della sua vita.
Se il distacco dalla sua A-Alba lo aveva trascinato in uno stato di profonda tristezza, il peggioramento delle condizioni di sua madre lo aveva completamente straziato.
Era nuovamente ricoverata in ospedale, e i dottori avevano già annunciato di prepararsi al peggio.

L'uomo non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo, chi avesse creato il caos aprendo il suo personale vado di Pandora. Non era pronto per staccarsi dalla donna più importante della sua esistenza, lasciarla andare per non vederla più.
Pensò che il destino gli fosse avverso, che una ruota maligna si stesse prendendo gioco di lui, e dell'Andrea sfacciato e giocherellone rimase ben poco.
Semplicemente, si stava spegnendo.

Una sera sua madre lo chiamò, con la scusa che aveva una gran sete. Lo osservò a lungo, con gli occhi chiari che aveva trasmesso a suo figlio ed infine parlò con tono incerto.

-Perché sei infelice?- gli domandò, con la gola secca.

-Non sono infelice mamma, solo preoccupato-

-Non mentirmi, ti conosco. È da un po' di mesi che me ne sono accorta, non sono stupida. Ti sei lasciato con Alba?-

-No, con Alba va tutto bene- mentì lui, trattenendo un urlo causato dalla fitta lancinante che colpì il petto.

Non voleva fornire altre preoccupazioni, altra sofferenza. Non era necessario.

-Lei ti rende infelice?-

-No mamma, sono molto felice con lei. Molto-

-Allora dovresti riposarti, perché hai un'aria schifosa. Dovresti andare a casa stanotte, posso farcela da sola-

-Preferirei restare con te- volle insistere Andrea, scuotendo la testa.

-Ti prego, và. Fallo per me. Domani mattina voglio vedere il tuo bel viso fresco, e non questa maschera di rughe e occhiaie. Siamo d'accordo?- ripetè allora sua madre, sorridendogli affabile.

-Non me la sento di lasciarti sola...-

-Ma io voglio restare sola, invece-

Andrea sospirò, annuendo non convinto.

-Ci vediamo domani- le rassicurò, lasciandole un lungo bacio sulla fronte.

-Ci vediamo domani- mormorò sua madre, con un sorriso che morì sulle labbra.

Attese che Andrea uscisse dalla stanza d'ospedale per piangere.

Quella notte, ebbe un infarto.
E morì.

Cuori interrottiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora