Capitolo diciassette

80 11 21
                                    

-Mi accompagni a casa? È stato mio padre ad accompagnarmi all'ospedale, non ho la macchina qui- chiese Andrea, mentre uscivano dalla struttura.

Faceva ancora freddo quel mese di marzo, e il vento li colpì in pieno viso, costringendoli a coprirsi.

-Certo- rispose subito Alba, dirigendosi verso la sua auto con passi rapidi.

-Indicami la strada- disse lei, e lui le diede le giuste istruzioni per andare verso casa sua.

-Guidi bene-

-Per essere una donna?- lo provocò Alba, con un sorriso furbo.

-L'hai detto tu, non io- sollevò le mani l'uomo, ancora turbato per le condizioni di sua madre.

La ragazza si accorse di quanto lui fosse preoccupato e preferì restare in silenzio, voleva solo fargli capire che lei c'era. Dopo circa venti minuti arrivarono a destinazione, e lei parcheggiò esattamente difronte al palazzo dell'uomo.

-Ti va di salire? Non mi va di restare solo- le propose, ricevendo un'occhiata diffidente di rimando.

-Non so se sia una buona idea- affermò lei, picchiettando con le dita il volante e mordendosi l'interno della guancia.

- Mi sembra pur il momento che tu conosca casa mia. Andiamo, siamo rimasti tante volte soli e non è mai successo niente, hai davvero così tanta paura di me?-

Alba scosse la testa. Non aveva paura di lui, non ne aveva mai avuta in realtà, ma aveva paura di sé stessa e delle sue improvvise reazioni illogiche. Lei pensava troppo e a volte anche male, e non voleva essere fonte di preoccupazioni per Andrea, che stava già vivendo un momento piuttosto delicato.

-D'accordo. Resto un po' e poi torno a casa- affermò, ma senza capirne il motivo, percepì che quelle parole fossero solo una bianca bugia.

Lui sorrise come un bambino, euforico, e la condusse verso il suo palazzo, per poi entrare in casa.
La prima cosa che colpì la donna fu la presenza di tantissimi souvenir, sparsi in ogni parte della casa: sul mobile della televisione, sul comodino accanto al divano, sulla libreria presente nel soggiorno. Era un po' come vedere le sue foto.

-Tutti questi li hai presi tu?- chiese, togliendosi la giacca ed osservando la miniatura della torre Eiffel.

-Quasi. Alcuni sono dei miei fratelli, li conservo tutti con cura. È un modo per ricordarmi che siamo cittadini del mondo-

Lei annuì, posando la giacca sull'appendiabiti.

- Sei stato a Parigi?-

-Un paio di volte. Tu?-

-Mai-

-Davvero? Ti porto io allora-

-Già, come no- rise la donna, ma lo sguardo di Andrea era estremamente serio, e di conseguenza anche lei arrestò la sua risata.

- Ma dici sul serio?-

-Perché no?-

Lei rimase senza parole, titubante.

-Ascoltami Alba, vado a farmi una doccia,sento l'odore di disinfettante addosso. Fà pure come se fossi a casa tua, magari un giorno potrebbe diventarla davvero- la prese in giro, sparendo nel corridoio e dirigendosi verso il bagno.

-Simpatico!- esclamò lei, scuotendo la testa ed osservandosi attorno.

Era un'abitazione gradevole, le pareti erano color perla e i mobili principalmente di legno nero. Un arredamento piuttosto sobrio, se non fosse stato per tutti quei souvenir sparsi in giro e che donavano colore.

Cuori interrottiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora