Capitolo 24- Finalmente pace

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"Oddio sei veramente assurdo, cosa ci fai qui? Vattene per piacere" gli urlai io addosso

In quel momento notai che Eleonora si era dileguata entrando nell'androne e feci per seguirla anche io ma mi bloccai davanti al cancelletto cercando le chiavi.

"Queste...maledette...chiavi...perchè cazzo non entrate?" Dissi acidamente mentre cercavo di aprirmi una via di fuga da lui e da quello che provavo.

Sentii un fruscio alle mie spalle come carta che viene appallottolata e rimasi un momento interdetta.

Nell'attimo in cui la mia mente percepì ed elaborò quel suono, sentii una presa sul polso libero e mi girai per osservarne la fonte.

Il mio sguardo si posò sul suo volto, sembrava davvero stanco e forse un po' arrabbiato, aveva occhiaie abbastanza marcate sotto gli occhi ormai rossi ma cazzo, era sempre bellissimo.

"No, non te ne vai, non posso perderti. Guarda come mi sono ridotto per qualche mese che non ci sentiamo. Non so nemmeno cosa mi prende, non ci conosciamo nemmeno da anni e non riesco a starti lontano! Sono davvero un cretino sia per come mi hai rammollito sia per quello che ti ho fatto. Ma sai che ti dico? Sei l'unica da cui mi lascerei spezzare il cuore se dovesse andare male. Per te davvero rischierei tutto e non so perchè, o forse si ma ho paura di ammetterlo. Preferirei cadere e spezzarmi piuttosto che non avere il tuo affetto. E guardami adesso, ho preso un treno fin qui e ti sto dicendo questa valanga di cazzate che mi fanno sembrare tanto uno sfigato a San Valentino, solo perchè mi sento così stupido e piccolo per come ti ho trattato, sperando che tu possa perdonarmi e perchè oltre ad essere una bellissima ragazza hai qualcosa che mi fa volerti stare accanto sempre!" Disse fissandomi

Non ci potevo credere, era tutto così assurdo. Era imprevedibile, disorientante e, ammettiamolo, incredibilmente adorabile.

Rimasi qualche secondo imbambolata con in una mano sulle chiavi e l'altra sollevata in aria, tenuta su per il polso dalla sua.

Dovette interpretarlo come un mio rifiuto e lentamente riportò il mio braccio lungo il fianco, mi rivolse uno sorriso e senza dire una parola si girò e se ne andò.

Gli stavo dando le spalle, come anche lui faceva allontanandosi da me e sentii i suoi passi diventare sempre più lontani.

Non potevo cedere, non ora, non dopo tutto quel tempo che avevo cercato di ricacciare dentro il male e la tristezza, quel tempo in cui avevo finto un sorriso.

Non seppi come ma mi ritrovai a correre, giù per la via sui ciottoli.

In condizioni normali avrei maledetto i miei polmoni e i miei piedi che mi urlavano addosso insulti ma in quel momento non sentivo nulla, solo qualche lacrima e un grande sorriso.

In un momento di lucidità riconobbi la maglia rossa che portava quel giorno e accelerai il passo mentre iniziai a chiamarlo.

Quando fui abbastanza vicino che potesse sentirmi, rallentò il passo e si voltò.

Lo raggiunsi e si fermò.

Il fiatone della corsa e il poco ossigeno che era arrivato al mio cervello mi impediva di formulare un discorso sensato.

"Sei il mio cretino preferito" sussurrai tra un respiro mozzato e l'altro.

E buttai le braccia al suo collo in un abbraccio cercando di trasmettere tutto quello che provavo in quel momento, poi appoggiai la mia testa sul suo petto mentre mi cullava dolcemente ricambiando l'abbraccio.

Il mio orecchio era proprio sulla sua cassa toracica e potevo sentire il respiro affannoso di entrambi che si univano come se il suo cercasse di adattarsi al mio.

In quel momento lui abbassò la testa per guardarmi e in un momento le sue labbra trovarono le mie.

E fui felice.

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Nulla da dire, lasciatemi un commento se vi è piaciuto il capitolo e se siete contenti dello sviluppo :)

Grazie come sempre di tutto, siete stupendi.

Chiara <3

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