capitolo 22:mi manchi.

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f.p
quella mattina era la prima mattima di compiti in classe. Oggi 23 aprile, iniziava letteralmente una vera e propria guerra tra depressione, ansia, paura e dolore.
praticamente il tempo che usavamo per dormire lo passiamo a studiare.
ogni giorno un esame diverso, un interrogazione per tutto, ma soprattutto, un voto per ogni tua risposta.
La depressione perché il collegio non ci permetteva praticamente di respirare o di uscire.
L'ansia perché i professori sono molto esigenti, pretendono anche troppo da chi ha sempre dato tanto, ma che ora non basta più.
Paura per il voto di fine anno, che dovra essere almeno 60 per passare all'anno successivo. Qui per gli esami si valuta in modo diverso dal resto dell'anno. alla fine i voti partono dal 60 fino al 100.
Dolore perché non ti muovi praticamente mai. Non hai più una vita sociale, non hai veramente più nemmeno te stesso, ma hai solo i tuoi stupidi libri.

io, in prima persona, sono consapevole di essere un cretino. Vado in ansia per tutto e lo stress si fa sentire da subito. In questi casi c'era sempre stato Noah, di cui continuavo, nonostante il tempo, a sentire la grande mancanza. era disturbato, diceva. a volte mi ricompaiono in modo vivido nella mente, tre immagini prima della sua morte.
Il suo sorriso, il suo bacio e il suo modo di piangere.
Quel sorriso mi aveva praticamente fottuto moltissime volte durante quella famigerata settimana di gennaio, mi aveva fottuto in un modo impressionante. pensavo al suo sorriso in continuazione, perché mi faceva star bene. Poi arrivava il bacio e la pugnalata allo stomaco:non avrei mai pensato che lui avesse dei sentimenti contrastanti nel suo cuore nei miei confronti. io pensavo che fosse solo il momento ed invece era diverso.
poi il suo modo di singhiozzare e piangere che ricordava quello di un bambino piccolo, il che rendeva noah solo molto più carino.
vorrei tanto dire a noah che mi manca qui sulla terra.
non gli avrei mai donato il mio amore, perché non provavo niente, ma ora come ora, mi pento di non essere riuscito a fermarlo.
quegli occhi che ricordavano delle vere e proprie stelle, il mio migliore amico di sempre andato via con una pugnalata nel petto.

A febbraio andavo spesso nel luogo del suicidio perché mi sentivo sempre colpevole. una parte di me non voleva lasciarlo andare evidentemente.
quello mi distruggeva.
all'inizio venivs anche Jack, ma poi iniziavo ad andarci da solo. Mi capitava spesso di tornare al dormitorio e sentirmi una vuoto nello stomaco e nel petto, come la pugnalata di noah.

Fu così che caddi in depressione, più o meno verso la fine di marzo.
Non saoevo perché, ma andavo sul luogo dell'omicidio e mi sentivo a casa, tornavo al dormitorio per piangere lacrime amare, di una persona forse parzialmente colpevole.
Iniziai a inizio aprile a prendere delle medicine, date da un medico, perché avevo, secondo lei, subito un trauma.
pensare che quelle medicine non mi facevano praticamente niente non mi portava a buone conclusioni.

l'unica mia vera medicina era Jack. Lui era colui che avrei tanto voluto sposare, lui era colui che si può definire come uomo della mia vita...ma ora era tutto molto inutile, perché grazie a questi esami, praticamente era come se non stessimo assieme.
Si, in pratica eravamo nella stessa stanza, ma niente coccole, niente baci, solo ansia, depressione e soprattutto paura da parte di Jack.
Infatti Jack iniziò a prendere degli ansiolitici e iniziò ben presto a soffrire di asma.
questi esami ammazzano chiunque.
Sono fonte di rotture di rapporti e rivalità.

Come primo esame facemmo quello di matematica e fisica tanto per iniziare una merda.
Jack non era mai stato bravo, ma prese 60,io presi 65.
era il voto più basso.
Poi facemmo italiano.
Jack prese 80,io presi 75.
Poi inglese.
Jack prese 90,io presi 95.
e poi ci fu fotografia, dove entrambi prendemmo 100 su 100.

capii che la mia media però stava scendendo, e di parecchio nelle materie principali.
E avevo anche capito perché.
non facevo altro che pensare a Noah, a quel coltello che gli trafiggeva il suo magro petto.
Non facevo altro che pensare a noah, e mi rendeva impossibile perfino fare una semplice espressione di matematica.

"Jaeden...come devo fare?"
"Fattene una ragione. noah si è ucciso perché era una persona che soffriva, ed io nei suoi panni avrei fatto come lui, ma ora devi lasciarlo andare"
"ma io l'ho fatto"
"se lo avessi fatto, adesso saresti felice per lui e avresti voti migliori."
"felice per lui?"
"finn è in paradiso, nel bel mezzo degli angeli."
"tu credi?"
"si, lo so."
"ma io ci sto male davvero...insomma, era il mio migliore amico da una vita"
"finn, lo so, ma adesso devi essere forte. vai sulla sua tomba e parlagli."
"non mi ascolterebbe"
"e invece si che lo farà"

così quello stesso pomeriggio andai alla tomba.
Alla tomba di Noah.
Assicurandomi che non ci fosse nessuno, misi dei fiori sulla sua tomba e come disse jaed, io gli iniziai a parlare attraverso una lettera.

"caro noah,
eccomi qui. so che sarei dovuto venire prima, ma non volevo lasciarti andare. hai fatto parte della mia vita per tanto tempo e poi, come e perché non so, ci siamo separati, quando potevamo comunque sentirci."

una lacrima scese piano lungo la mia guancia.

"tutti questi anni senza stare assieme e non ho mai smesso di sperare che tu potessi tornare da me, a chiedermi di proteggermi dal temporale e dalla pioggia forte che c'era fuori dalla finestra di casa tua"

feci una pausa che venne occupata da un singhiozzo.

"ma adesso sei grande e forte, e sicuramente ora sarai in un posto migliore di questo mondo che a te tanto ha fatto schifo."

un altro singhiozzo.

"non so perché tu non me ne abbia mai parlato, non so per quale motivo tu abbia deciso di andartene in questo modo, perché io non l'ho mai accettato."

mi misi una mano sotto al naso, tremante.

"io ci sarò sempre per te, era la tua frase preferita. scusami se ti ho lasciato solo tutto il tempo al liceo, frequentavamo due scuole lontane e differenti...ma ci siamo ritrovati qui. non dovevi farlo"

il singhiozzo si fece più forte.

"non avresti dovuto, non avresti dovuto farlo. tu soffrivi, ma io non ti avrei mai abbandonato, ti avrei sempre protetto dal temporale che incombeva fuori da quella finestra"

iniziai a piangere a singhiozzo.

"io ti avrei sempre abbracciato e protetto."

mi inginocchiai senza volerlo, le mie gambe non mi reggevano più in piedi...

"non saresti dovuto morire. ti ho sempre amato, sei sempre stato il mio migliore amico, e lo sarai per sempre. sarai sempre l'amico che mi ha chiesto di essere protetto dal temporale."

piegai la mia schiena facendo una curva con essa.

"tu non dovevi farlo. io ti sarei rimasto vicino ma ora...tu sei in un posto migliore e ora è arrivato il momento..."

non avrei voluto dirlo, ma sarebbe stato meglio.

"...di lasciarti andare amico mio..."

mi misi le mani sugli occhi, una signora anziana mi venne vicino, abbracciandomi.

"sai caro, hai ragione, non doveva farlo, ma adesso è un angelo e ti sta guardando dall'alto"

quelle parole mi fecero smettere di piangere, e sorrisi alla signora vecchia...che poi, guardata meglio, vidi che era mia nonna, la mamma di mio padre.

𝓲𝓵 𝓬𝓸𝓶𝓹𝓪𝓰𝓷𝓸 𝓭𝓲 𝓼𝓽𝓪𝓷𝔃𝓪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora