Sotto i baffi

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«Ron ma dove stracazzo eri finito?» mi chiese il corvino non appena mi raggiunse sulla piattaforma del binario 9 3/4 di King's Cross.
«E me lo chiedi pure? Credevi che sarei rimasto a sentire le sue patetiche spiegazioni?» risposi leggermente sopra le righe.
«Non puoi sapere se effettivamente sarebbero state delle patetiche spiegazioni o qualcos'altro visto che te ne sei andato» replicò lui. Mi fece capire che forse si erano detti qualcosa a riguardo. Ma c'erano più probabilità che Harry diventasse il cocco di Piton piuttosto che mi rivelasse il contenuto di quella conversazione.
Lo superai senza batter ciglio e attraversai la barriera. Subito fuori dalla stazione trovammo mio padre ad aspettarci, appoggiato sulla sua fedelissima e intramontabile compagna di avventure: la sua Ford turchese. L'emblema babbano per eccellenza, anche se con qualche optional non proprio tradizionale, il cimelio più prezioso che aveva collezionato in anni di lavoro al ministero, non so effettivamente cosa avrebbe scelto fra lei e la mamma. Ovviamente la mamma, è chiaro. Forse.
Comunque, considerato ciò, è facilmente prevedibile la riposta che si presentava puntualmente tutti gli anni quando gli domandavo se potessi guidare io sul tratto di ritorno verso casa.
«Assolutamente, inderogabilmente, categoricamente NO, Ronald! Smettila di chiedermelo ogni anno, la risposta sarà sempre la stessa. E poi non sai come si fa, non hai neanche la patente!»
Decisi che sarebbe stato assolutamente controproducente ricordargli che l'avevo già guidata, per un tratto ben più lungo, e che, ad ogni modo, neanche lui aveva la patente. Quindi riposi il mio baule nel bagagliaio, in assoluto silenzio, seguito da Harry che se la rideva sotto i baffi.
«Ti vorrei informare che quei quattro peli pubici che hai in faccia non si possono definire baffi, quindi se ridi di nascosto me ne accorgo!» sussurrai dandogli una delicata gomitata.
Ci accomodammo dentro il gioiellino di Arthur Weasley e partimmo verso la Tana.
Per tutto il viaggio dovetti sorbirmi interessantissimi discussioni tra Harry e mio padre su argomenti quali la vera funzione delle paperelle di gomma, l'utilità della metro e per finire come mai i babbani non usassero dei gabinetti per raggiungere il posto di lavoro. Come se non ci fossero questioni più urgenti. Tipo il Signore Oscuro e i Mangiamorte che diventavano sempre più numerosi.
Insomma, quando finalmente arrivammo a casa, non mi dispiacque affatto scapicollarmi di fretta fuori dalla macchina e raggiungere la cucina, nella speranza di poter sgranocchiare qualcosa prima della cena. Non avevo evidentemente fatto i conti con colei che portava i pantaloni a casa Weasley.
«RONAAAALD! Cosa stai facendo! Non toccare niente! Quelli sono per dopo! Stasera abbiamo ospiti a cena!»
«Oh ciao anche a te mamma. Sono felice che anche tu stia bene e che tu sia viva. Io per la cronaca tutto a posto. Sono soltanto 4 mesi che non ci vediamo e, tra l'altro, ho appena dovuto sopportare una delle discussioni 'alla papà'».
La sua espressione cambiò radicalmente da incazzata nera a dolce e affettuosa. Chiuse un occhio e fece finta di non accorgersi del bocconcino di pane che finiva dritto nella mia bocca, sorridendomi sconsolata.
In quel momento il mio amico varcò la soglia della Tana e mia madre distolse completamente lo sguardo da me per gettarsi puntualmente fra le braccia di Harry, strillando le solite cose del tipo "Harry caro! Oh Harry caro! Ma vi fanno mangiare in quel castello? Sei sempre più scuoiato" e bla bla bla.
«Va bene mamma, può bastare. Io ad Harry adesso andiamo a sistemare le nostre cose nella mia stanza. Chiamaci quando sarà pronta la cena. A proposito, chi sono gli ospiti?»
«Remus e Dora». Gli occhi di Harry si illuminarono. Remus era forse l'ultima traccia di suo padre che gli rimaneva.
«A dopo Signora Weasley» disse e mi raggiunse sulle scale.

I've known for a long time - RomioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora