CAPITOLO QUATTRO.

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Harry rimuginò tutta la notte su quello che aveva visto la sera prima nell'ufficio di Silente. Mille domande gli invadevano la mente, e tanti pensieri confusi gli facevano mettere in dubbio tutto ciò che aveva pensato fino a quel momento. Non dormì più di tre ore, continuava a tornargli in mente, e non riusciva a capacitarsi di come un bambino di soli dieci anni avesse potuto subire cose tanto atroci. Lui aveva vissuto certamente una vita non semplice: con i Dursley, avendo perso entrambi i genitori. Ma Draco sicuramente non aveva avuto un'infanzia più rosea della sua, pur avendo vissuto con il padre e la madre.

Quando il sole si levò sul lago su cui si affacciava la finestra del dormitorio, Harry aveva già gli occhi spalancati, e quindi decise di andare in bagno per primo e iniziare a scrivere quella relazione che doveva fare per il corso di Pozioni, molto attento a segnare accanto ai paragrafi tutte le cose che non riusciva a capire, così da poterle chiedere a Malfoy quando, quel pomeriggio, si sarebbero visti per studiare. Dopo un po' sentì Ron che mugugnava, probabilmente si stava svegliando, e anche Blaise era ormai in piedi. Tutti si diressero insieme verso la colazione, e sembrava quasi che il clima si fosse tranquillizzato tra le due case, persino Ron e Blaise parlavano senza insultarsi. Non era però la stessa cosa nel dormitorio delle ragazze, infatti ogni volta che scendevano nella sala comune, Hermione stava bisticciando con Pansy per qualsiasi cosa: chi avesse lasciato quella camicia a terra, chi avesse preso il libro di Hermione, e così via.

"Allora Harry, cosa ti ha detto ieri Silente?" Chiese Ron con la bocca piena di crostata alla marmellata di mirtilli, mentre afferrava con l'altra mano un toast da mettere nel suo piatto, già stracolmo di cibo. Hermione fece un'espressione disgustata, ma non disse niente.

Harry raccontò ai due quello che era successo il giorno prima, ed entrambi rimasero zitti per un po', in evidente disagio riguardo cosa dire.

"Lucius Malfoy è veramente un barbaro!" Disse Hermione mantenendo la voce bassa per non farsi sentire dai Serpeverde "Non posso credere che possa aver fatto questo a Draco" sentenziò, e lasciò cadere la sua forchetta sul piatto, quel racconto le aveva fatto perdere appetito.

"..E a Dobby!" aggiunse Ron, che non sembrava molto preoccupato per Draco. "Insomma Harry, non ti farà pena adesso! È Malfoy! Lo stesso che ci ha tormentato per anni e che pensa che i non- purosangue debbano morire!"

Harry non sapeva cosa pensare, non sapeva se provasse pena per lui, se provasse dispiacere o cos'altro. Ma d'altro canto Ron aveva ragione: non poteva certo cambiare idea su Draco soltanto per quell'episodio, di certo il fatto che i suoi genitori – più il padre – lo maltrattassero non giustificava il fatto che fosse un bullo, malvagio, maleducato, e...Harry si fermò. Gli venivano in mente così tanti aggettivi negativi da attribuire a Draco Malfoy, eppure in quel momento tutto gli sembrava così vano, come se tutto a un tratto non avesse più nessuna importanza insultarlo o ricordarsi che fosse una cattiva persona. Anche se a Harry costava ammetterlo, quel ricordo aveva cambiato molte cose. Ma ovviamente non poteva dirlo a Ron e a Hermione, o avrebbero creduto che fosse impazzito. Questo sicuramente non lo distoglieva però dal pensiero che Malfoy potesse potenzialmente essere un Mangiamorte, e che, indipendentemente da quello che aveva subito da piccolo, doveva essere fermato da qualsiasi cosa dovesse fare nel Castello.

Dopo una mattinata di lezioni, finalmente arrivò il momento più bello della giornata: gli allenamenti di Quidditch. Quando Harry arrivò nel campo vide che già gli altri erano in volo ad allenarsi, Ron stava facendo a gara con il portiere dei Serpeverde a chi riuscisse a far passare meno pluffe all'interno degli anelli, Ginny invece provava diverse manovre per cercare di schivare tutti i giocatori che le si presentavano davanti. I Serpeverde erano agguerriti e volevano vincere la prossima partita a tutti i costi, incitati da Malfoy infatti stavano facendo un allenamento sulle tecniche per aggirare l'avversario. A Harry piaceva vedere quello spirito di competizione nell'aria. Era probabilmente la migliore qualità dei Serpeverde: erano in grado di prefiggersi un obbiettivo e finchè non riuscivano a raggiungerlo non si davano mai per vinti, che si trattasse di una partita di Quidditch o di cose molto più importanti. Già carico di energie si levò a mezz'aria e si mise a controllare il lavoro di tutti, distribuendo consigli qua e là.

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