CAPITOLO VENTIQUATTRO.

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Subito dopo aver parlato con Draco Harry era stato portato dallo stesso in infermeria, dove aveva passato la notte e i successivi giorni.

Madama Chips aveva urlato che avrebbe dovuto portarlo subito da lei, e si mise a somministrargli antidoti su antidoti per prevenire eventuali infezioni sistemiche e impacchi prodotti con le piante della professoressa Sprout per far rimarginare tutte le ferite che si era procurato cercando di mangiare.

Persino Hagrid era intervenuto, chiedendogli per filo e per segno tutto riguardo al posto in cui si era trovato, così da poter stilare una dettagliata lista di creature magiche che sarebbero potute essere pericolose per lui, magari mordendolo o graffiandolo.

Tutti sembravano terribilmente in pensiero per Harry, chiedendogli di continuo come stesse, e alcuni gli avevano chiesto più volte di raccontare come fosse stata la sua esperienza. Tutti lo guardavano con aria stupida e meravigliata, trattandolo come fosse un eroe, ma nessuno sembrava aver capito quanto fosse stato difficile per lui vivere quella settimana, quanto si era sentito perso e senza speranza, e di come soltanto un pensiero gli aveva permesso di lottare.

Nessuno sapeva che per un momento, un minuscolo momento, aveva addirittura pensato di arrendersi, di non combattere, come se niente avesse più significato.

Ma non aveva raccontato a nessuno dei presenti come fosse effettivamente riuscito a tornare a casa, non aveva detto della cerva né del ciondolo, lo sapeva soltanto Draco, Hermione e Ron.

Da quando Hermione aveva saputo della cerva, aveva iniziato a cercare su tutti i libri della biblioteca informazioni a riguardo, per tentare di capire chi potesse averlo salvato.

"Draco era deperito quando è tornato a Hogwarts dopo che suo padre lo aveva fatto smaterializzare" aveva raccontato Ron, una sera in cui c'erano soltanto loro due in infermeria. "E per tutta la settimana che sei mancato non è venuto a lezione né a mangiare". Harry si sentì quasi morire a quelle parole, pensando che, mentre lui era chissà dove tentando in ogni modo di tornare da lui, Draco era completamente solo, senza di lui.

"Beh, io gli portavo sempre qualche cosa rubata dal banchetto, infondo anche io ero preoccupato per te, per una volta avevamo qualcosa in comune" ammise Ron quasi vergognandosi, ma quelle parole sollevarono l'animo di Harry, che capì che semmai lui non avesse potuto stargli vicino, i suoi amici non lo avrebbero abbandonato. Era incredibile come Ron fosse riuscito a passar sopra a ogni sua remora su Draco riuscendo a trovare forse l'unica cosa che i due condividevano: il bene che provavano per Harry.

Un giorno, in pieno orario di banchetto nella Sala Grande, dalle porte dell'infermeria era entrato Silente, che fino a quel momento non era mai andato a trovare Harry. Madama Chips gli intimò di fare in fretta e di non confonderlo troppo con le sue chiacchiere, perché aveva bisogno di riposare e non pensare a nulla che non fosse: prendere la sua medicina, poi l'antidoto, poi l'impacco e così via, ripetere per tre volte al giorno tutti i giorni.

"Starò qui solo pochi minuti" aveva assicurato il preside, mentre l'infermiera si allontanava guardandolo in cagnesco.

"Harry, volevo assicurarmi di persona che tu stessi bene" iniziò rivolgendosi a Harry che intanto aveva inforcato gli occhiali e si era lasciato scappare una risata nel guardare il piccolo battibecco con Madama Chips, che poi un vero battibecco non era stato: chiunque osasse contraddirla si beccava un'occhiata così severa che taceva immediatamente. Nessuno avrebbe mai vinto una discussione con lei, nemmeno Silente.

"Si signore, sto bene" lo rassicurò lui, ma le sue molteplici cicatrici sul volto e lividi sulle braccia dicevano il contrario.

"Bene, ho smosso tutto il Dipartimento di sicurezza dei Maghi per trovarti, ma sembrava fossi scomparso nel nulla" sussurrò Silente, quasi vergognandosi di non essere riuscito a salvare uno dei suoi studenti, e con una nota di colpevolezza per avergli fatto passare quell'inferno da solo.

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