FUGA DAL LABIRINTO

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Non avessi mai visto il sole
avrei sopportato l’ombra,
ma la luce ha aggiunto al mio deserto
una desolazione inaudita.

(Emily Dickinson)

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Mentre accadeva tutto questo, Camilla correva nuda e spaventata per il labirinto di Minosse, inseguita da quella creatura nota a tutti come il Minotauro.
Non capiva il motivo di tutto questo orrore ma sapeva di dover fuggire da quel luogo se voleva vivere, doveva farlo, perché si era innamorata e Lele era fuori, probabilmente preoccupato e spaventato.
Doveva fuggire da quell’incubo, i suoi ricordi  si stavano facendo strada nel buio della sua anima.
Ripensò a suor Luce, all’unica persona che aveva considerato una mamma, alla sua esortazione.
E continuò a infilarsi nei corridoi, inseguita dal rumore di passi di quella creatura.
All'improvviso arrivò quel tonfo fragoroso dietro di lei, una specie di gigantesco martello da guerra andò a schiantarsi alle sue spalle.
Lo spostamento d’aria la fece andare contro la parete opposta, procurandole tagli e abrasioni.
Camilla si risollevò massaggiandosi il corpo nudo, le lacrime le scendevano copiose dagli occhi.
E lo vide, arrivò con lentezza a recuperare il martello, era imponente nella sua struttura, aveva un corpo statuario, dai bicipiti grossi e torace e addominali scolpiti, le gambe erano robuste e affusolate.
Sarebbe stato anche un bell’uomo se non fosse stato per quella gigantesca testa di toro al posto di una testa umana.
Non avrebbe poi mai dimenticato quegli occhi dall’aspetto cosi gentili e dolci, che facevano a pugni con il resto della situazione.
Ah! Si, tra l’altro doveva essere alto almeno una ventina di metri, tenendo conto che le solide pareti del labirinto, costituite da un materiale chiamato oricalco, non sapeva come ma nella sua testa era chiaro quel nome, dovevano essere alte almeno trenta metri.
Il colpo del martello della creatura nota come il Minotauro non aveva procurato alcun danno alla parete, la creatura aveva raccolto la sua arma e si dirigeva sbuffando da Camilla, la quale, stanca e dolorante per quello che aveva sopportato, stava cercando di riprendere fiato.

«Ti prego, non farmi del male, non ti ho fatto nulla. Fammi uscire da qui…», balbettò Camilla.

Pensava che quella creatura se la stesse ridendo ma poi alzò il martello e lo calò con forza.

Camilla scartò di lato, come aveva imparato a scivolare nei boschi per evitare piccole frane o animali pericolosi come i serpenti, non aveva mai capito come, ma aveva riflessi e agilità superiori alla media, avendoli poi sempre allenati andando a giocare nella natura, da quello che rammentava nella sua memoria confusa.
E poi vedeva al buio, non sapeva come, forse era nata sotto il segno del gatto nell’oroscopo cinese, oppure era solo sensibile alla luce, ma come quella notte con Lele, riusciva a vedere nell’oscurità e a camminare a passo sicuro, come adesso che si era infilata in uno stretto cunicolo che si perdeva nel buio.
Essere nuda le permetteva di sgattaiolare e intrufolarsi meglio negli stretti pertugi del labirinto ma non la proteggeva dal freddo e dalle ferite, doveva trovare l’uscita al più presto.
Fuori dalle mura sentiva provenire il fragore di un funesto scontro, mentre lei cercava di fuggire a quella creatura che sembrava uscire da un bestiario mitologico.
Non ricordava proprio come ci fosse finita, nella sua mente si succedevano brevissimi flashback di quanto le fosse accaduto, quando Wally l’aveva abbordata fuori della scuola e, puntandole un grosso coltello a serramanico alla gola, l’aveva minacciata e portata nel bosco, nella grotta più lontana, quella dove Lele voleva condurla.
Wally aveva uno strano sorriso quando arrivarono davanti a quella grotta, non riusciva bene a capire cosa stesse succedendo, poi Wally le intimò di togliersi la maglietta, alle proteste che ne seguirono, Wally la prese a sberle, tanto da farle sanguinare la bocca.
Sapeva quanto fosse arrogante e freddo Wally ma i suoi occhi le avevano rivelato una profonda solitudine ma in quel momento il suo sguardo era assente.
Camilla si tolse la maglietta gettandola a terra, Wally pareva molto divertito, si avvicinò e con un colpo deciso le tagliò il reggiseno, passandole poi la lama sulla pelle.
Camilla non riusciva a proferire parola, mentre la lama di quel coltello le tagliava la cintura, facendole scendere i pantaloni.
Non lo riconosceva.
Wally le ordinò di togliersi gli slip, Camilla si oppose, Wally si avvicinò, la spinse a terra e con la mano libera, le portò via anche l’ultima protezione.
Non poteva credere che potesse arrivare a tanto.
Camilla cercò di divincolarsi ma Wally la teneva stretta, era molto forte e al contrario di quando lo aveva fronteggiato al lago in difesa di Samuele.
Poi una voce lo fece voltare e, stupita,  Camilla vide un altro Wally, visibilmente ferito, zoppicare fuori e buttarsi sull’altro Wally, senza molto successo.
Il Wally vestito e con il coltello in mano, atterrò l’altro con un colpo potente.
Wally ,quello a terra aveva gli occhi sgranati e con uno squarcio nell' addome senza più un alito di vita.
Lei era impietrita e il vero Wally aveva voluto salvarla ma da chi?
O meglio, da cosa?
Giratosi di nuovo verso Camilla, il  viso dell' altro ragazzo cambiò in qualcosa di molto simile a un demone.
Lei pregó a quel punto di risvegliarsi da quel maledetto incubo, ma non fu così.
Il demone mise la mano sulla bocca di Camilla e lei perse conoscenza, risvegliandosi in questo labirinto, dove ora stava lottando con tutte le sue forze per non farsi uccidere da quel mostro.
Lei capì che Wally era uno beota di ragazzatto che voleva farle uno scherzo ma che poi dovette vedersela con un altro sé stesso, un altro essere non umano che l' aveva annientato.
Povero Wally in fondo era un giovane figlio di papà che desiderava solo attenzioni e anche lui usato e sfruttato per il suo nome.
Non era malvagio, solo stupido, pensò lei rammentando la sua miserabile fine.
Camilla uscì dal pertugio per ritrovarsi in una strana camera a pianta esagonale, completamente spoglia, non riusciva a capire dove diavolo si trovasse e a cosa servissero tutte quelle stanze vuote.
Non finì nemmeno di pensarlo che percepì un respiro affannoso dietro di lei, giusto in tempo per schivare il colpo e ritrovandosi con il fondoschiena per terra, incapace di rialzarsi.
Il Minotauro sollevò ancora la sua arma e Camilla pensò che per lei fosse finita ma d’istinto fece l’unica cosa che poteva fare, parlò alla creatura.

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