Il saccheggio di Ika Roa

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Sull'isola di Ika Roa era in corso una lezione di scherma.

Un gruppo di ragazzini tra i dodici e i quindici anni faceva cerchio intorno a un uomo e a una bambina, entrambi armati con uno shinai. Lei aveva undici anni e si chiamava Oharu. Era piccola e magra, con i capelli neri e corti e grandi occhi scuri. Indossava una maglietta larga e sbiadita e un paio di pantaloni corti. Era scalza.

Nessuno si sognava di girare con le scarpe a Ika Roa, tranne i figli dei ricchi che andavano a scuola sull'isola vicina e che gli altri bambini guardavano con un misto di timore reverenziale, invidia e derisione. 

Oharu non andava a scuola: doveva aiutare i suoi genitori a pescare. Stava tutto il giorno sulla sabbia, su una barca o nell'acqua fino alle ginocchia. Aveva i capelli perennemente impregnati di salsedine. Non appena aveva un momento libero, però, correva da Eros, il maestro di spada. Aveva un piccolo dojo vicino alla spiaggia.

Per Oharu, la spada era un richiamo irresistibile. I suoi genitori avevano fatto di tutto per dissuaderla. I suoi fratelli anche. I vicini di casa, pure. Era roba da maschi, dicevano. Non era per lei.

Suo nonno era arrivato a chiuderla a chiave nella sua stanza. Quando Oharu aveva finito gli oggetti da lanciare contro la porta, aveva spalancato la finestra e si era sporta urlando: - Aiuto! Mi tengono rinchiusa! Chiamate le guardie! -. Al che i suoi si erano affrettati a farla uscire e finalmente l'avevano lasciata andare da Eros.

Ma neanche lì era stata accolta molto bene.

Oharu era l'unica femmina e la più giovane del gruppo. Eros aveva cercato di scacciarla, ma Oharu continuava a tornare. L'aveva perseguitato finché lui non aveva accettato di insegnarle. Gli altri allievi la consideravano con sospetto e disprezzo, ma Oharu non se ne curava. La sua mente era tutta nella spada.

Il maestro e la sua giovane allieva s'inchinarono nel saluto di rito, poi iniziarono a duellare. Oharu scartò subito di lato per attaccare, ma Eros la tenne alla larga mulinando la spada e approfittando del secondo che le ci volle per avvicinarsi di nuovo per girarsi verso di lei e far cozzare il suo shinai contro quello di Oharu.

Lei deviò il colpo e puntò al petto di Eros, ma lui parò e la spinse indietro. Oharu caricò di nuovo ed Eros cercò di attaccarla per primo, mirando alla clavicola. Oharu evitò la spada e cercò un affondo. Eros si spostò e partì all'attacco.

Oharu parò, ma ritardò di un secondo il contrattacco, così Eros l'aggredì di nuovo e la colpì alle costole. Oharu gemette per il dolore e barcollò; Eros caricò come se volesse placcarla e buttarla a terra. Oharu scattò a destra. Eros allora la colpì con l'elsa, senza voltarsi, prendendola dolorosamente sulla spalla. Immediatamente dopo, la disarmò.

- Come sono andata? – chiese Oharu, massaggiandosi la spalla.

- Hai perso e ti sei fatta disarmare.

- Ma a parte questo?

Gli altri allievi risero ed Eros, dopo averli zittiti, fece per rispondere, ma Oharu non seppe mai cos'avesse voluto dirle.

In quel momento, le campane d'allarme iniziarono a suonare all'impazzata. Qualcuno urlò. Oharu non capì cosa dicessero, ma vide il volto di Eros farsi terreo. Fissava il mare dietro di lei. Si girò e vide che una nave si era profilata all'orizzonte e si stava avvicinando all'isola. Solo dopo qualche attimo riuscì a vedere che, sul pennone, sventolava una bandiera nera con un teschio bianco.

I pirati sciamarono per le strade, invadendo ogni angolo, edificio, scalinata. Alte grida si levarono da ogni parte. L'isola diventò un confuso tumulto di lamenti, riecheggiante di urla e strepiti.

La saga di OharuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora