Chopper

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Due voci fendettero la nebbia che avvolgeva il cervello di Chopper. Lui riprese conoscenza a poco a poco, ma continuò a tenere gli occhi chiusi, ascoltando, immobile.

- Hai fatto?

- Sì. Quando sentiranno la parola, inizierà... lo spettacolo.

- Molto bene. Mi raccomando, il tempismo dev'essere impeccabile.

- Certo, è chiaro.

Chopper riconobbe una delle voci e sentì un brivido corrergli lungo la spina dorsale. Ma non era possibile... Resistette all'impulso di aprire gli occhi. Provò a muoversi. Era sdraiato, con gli arti divaricati. 

Cercò di spostarli: non ci riuscì. Qualcosa li bloccava. Sembravano fascette di metallo. Cercò di ruotare la testa, e nemmeno quello gli riuscì. Anche la testa era bloccata da qualcosa che gli correva lungo la fronte e gli ancorava il capo al tavolo freddo su cui era sdraiato. Gli ricordò il tavolo di una sala operatoria. Non era mai stato sgradevole per lui, il pensiero delle sale operatorie. Adesso lo era.

-Smettila con questa sceneggiata. So che sei sveglio. Ti ho visto muoverti – disse la voce che conosceva: una voce profonda, calda e morbida, il tipo di voce adatto a calmare i bambini, del tutto incongruente con l'uomo che la possedeva.

Chopper si rifiutò di aprire gli occhi finché una mano non lo colpì in faccia. Allora li spalancò di colpo.

Fissò i due uomini davanti a lui. Erano entrambi alti e magri. Quello che Chopper non conosceva aveva capelli color topo, lisci e lunghi fin sotto le orecchie, e una bocca larga dalle labbra carnose. Sebbene fossero al chiuso e nella penombra, indossava un paio di occhiali da sole ridicoli a forma di cuore, con le lenti sfumate di rosa. Portava una barbetta cilindrica, ma per il resto il suo volto era glabro.

Chopper non gli badò. Era troppo occupato a fissare l'altro con gli occhi sbarrati.

-Tu – balbettò. – Tu... Ma come...

L'uomo ordinò all'altro: - Lasciaci. Prendi il tuo posto e sta' pronto.

Il secondo uomo uscì. Chopper cercò di strattonare le fasce.

-È inutile che ti agiti – disse l'uomo. – Sono di agalmatolite marina. Vanifica il potere dei Frutti del Mare. Ma non c'è bisogno che te lo dica io.

-Il tuo piano non funzionerà – gridò Chopper.

Lui alzò un sopracciglio. – Dubito che tu sappia qual è il mio piano.

-Non è tanto difficile da capire! Mi stai usando come esca per attirare i miei amici. Ma loro riusciranno a salvarmi senza cadere nella tua trappola!

L'uomo lo fissò con aria vagamente sorpresa, poi rise. Chopper non l'aveva mai sentito ridere. Fu un suono secco e breve, con un che di innaturale, come se l'uomo non ridesse molto spesso. Era agghiacciante.

-Oh, Chopper -. L'uomo scosse la testa. – Non insultare la mia intelligenza. Davvero pensi che, dopo quello che mi avete fatto passare, io mi limiterei a un piano così semplice? No, no... Tu non sei affatto un'esca. Tu sei parte della trappola.

L'uomo s'infilò una mano in tasca. Chopper s'irrigidì, aspettandosi che tirasse fuori un'arma. Invece, lui estrasse tre piccole sfere dorate e le mostrò a Chopper. Dall'espressione di Chopper, si sarebbe detto che l'uomo gli stesse puntando contro un fucile carico.

- Sai cos'è questa, Chopper?

- No... no... no...

- Ti ricordi cosa succede, se ne mangi più di una a meno di sei ore l'una dall'altra? Se ne mangi, diciamo... Tre?

- No, no, no! – urlò Chopper.

- Sì, Chopper – mormorò l'uomo. – Sì.

Si avvicinò. Chopper iniziò a lottare come una furia per girare la testa, ma non ci riuscì. Strinse i denti. La sua resistenza parve divertire l'uomo, che mise la mano libera sul naso di Chopper. Lui cercò di tenere duro il più a lungo possibile, ma presto i suoi polmoni iniziarono a spasimare per un po' d'aria. Facevano sempre più male... Non resistette più. Spalancò la bocca per respirare e l'uomo ci ficcò dentro la prima sfera.

Chopper tentò di sputarla, ma l'uomo se l'aspettava. Con un movimento fulmineo, gli afferrò il mento, gli chiuse la bocca e gli tenne il naso tappato finché Chopper non fu costretto a inghiottire per poter respirare di nuovo. L'uomo lo lasciò aprire la bocca solo per obbligarlo a ingoiare la seconda sfera. E poi la terza.

Chopper piagnucolava: – Ti prego. Ti prego. Ti prego...

L'uomo lo ignorò. Premette un pulsante sul bordo del tavolo e le fasce scattarono, liberandolo, ma Chopper non si mosse, anzi, si aggrappò ai bordi. L'uomo l'afferrò per la collottola, lo strappò da lì a forza e lo portò verso un ascensore enorme.

-No – urlò Chopper. – No! Ti prego! Fermati! Farò qualunque cosa! Qualunque!

Cercò di afferrarsi a tutto quello che gli capitò vicino. Addirittura, quando le porte dell'ascensore si aprirono, si avvinghiò al collo dell'uomo. Lui, senza scomporsi, se lo staccò di dosso e lo scaraventò nell'ascensore. Chopper cercò di lanciarsi fuori e andò a sbattere contro le lastre di metallo che si erano appena chiuse.

Da fuori, l'uomo continuò a sentirlo urlare e battere contro le porte. Senza badargli, impostò un timer da un quadro comandi sulla parete.

Le urla di Chopper si trasformarono in un ruggito assordante. I colpi contro le porte divennero così potenti da farle tremare.

Con calma, l'uomo attraversò la stanza e chiamò un secondo ascensore. Entrò e osservò il timer lampeggiare mentre le porte si chiudevano. 

La saga di OharuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora