Il dojo

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La sensazione di trovarsi fianco a fianco con Kuina era sempre più difficile da combattere. Soprattutto perché erano davanti al vecchio dojo di Zoro.

Zoro studiò l'espressione di Oharu. Era confusa quanto lui, ma perché non aveva idea di dove si trovasse.

È il dojo di tuo padre, Kuina. Ci allenavamo qui insieme. Non ricordi? 

Zoro aveva l'istinto di chiederglielo. Dovette fare uno sforzo per continuare a tenere presente che con lui c'era Oharu, non Kuina. Ma era più difficile di quanto fosse stato finora.

Lei lo guardava. – Cosa succede?

-Non lo so -. Zoro fissò i gradini d'ingresso. Gli parve che fossero sporchi di sangue secco, ma forse era solo una sua impressione.

- Tu conosci questo posto?

- È il nostro... Il mio vecchio dojo.

Un lampo passò negli occhi di Oharu. – Oh. Forse dovremmo... Entrare?

-Non lo so – ripeté Zoro, incerto.

Oharu si guardò intorno e rifletté: – Be', non ci sono altre direzioni in cui andare.

Era vero. Il pavimento era identico al prato che c'era fuori dal dojo, ma i muri erano di solido metallo e coperti da tubature, scalinate e passerelle. Alcune pendevano anche dal soffitto tramite solidi cavi d'acciaio. Sembrava che qualcuno avesse ricreato prato e dojo all'interno di una sala macchine.

- Non sappiamo cosa ci sia là dentro, K... Oharu.

- E se quello che c'è dentro volesse uscire? Forse, se entrassimo noi per primi, riusciremmo a prenderlo di sorpresa, metterlo all'angolo e a neutralizzarlo.

- Saremmo in uno spazio chiuso.

- Siamo in uno spazio chiuso anche qui. Tanto vale che affrontiamo subito il problema, prima che ci piombi addosso quando meno ce l'aspettiamo -. Oharu si diresse verso il dojo.

Oh, Kuina, pensò Zoro prima di potersi trattenere. Seguì Oharu.

Quando lei salì il primo gradino, lui sentì un brivido di orrore gelido, ma Oharu non scivolò, non cadde. Zoro si arrampicò nel dojo dietro di lei e si guardò intorno. La sua confusione aumentò. Era tutto perfettamente identico. Le stampe e le fotografie appese alle pareti. Il barilotto pieno di shinai. Kuina (No! Oharu. Credo). Tutto esattamente uguale... Tranne la porta d'acciaio, totalmente fuori contesto, che si apriva in fondo al dojo.

Anche Oharu l'aveva notata. – Ma... c'era anche quella, nel tuo dojo?

Perché me lo chiede? Lo sa, che non c'era.

No che non lo sa. Perché non è mai stata nel tuo dojo. Non è Kuina. È Oharu.

-No. Quella... -. Zoro si avvicinò, cautamente, tallonato da Oharu. Entrambi avevano una mano pronta sull'elsa della spada. Zoro notò i tre bottoni incastonati in una lamina di metallo dentro la parete. – Sembra... Sembra quasi... Credo che sia...

Oharu finì la frase per lui. - Un ascensore.

Entrambi, automaticamente, guardarono la pulsantiera. Il bottone in alto era illuminato di rosso. Sotto il terzo bottone, c'era un display che segnava il numero -1.

Mentre lo guardavano, però, il bottone in alto si spense, e quello in mezzo divenne giallo. I numeri sul display presero a cambiare.

...0...

-Qualcosa sta salendo – disse Zoro, allarmato. Fece un passo indietro.

Lui e Oharu si guardarono in faccia. Non potevano scappare da nessuna parte. Avrebbero dovuto combattere. Ma contro cosa?

...1...

...2...

-Pensi di farcela? – le chiese Zoro. – Rispondimi sinceramente. Non cercare d'impressionarmi. Non è il momento. Mi farebbe sicuramente comodo che tu fossi la mia terza spada ma, se mi dici che non te la senti, ti nascondi o trovi una via di fuga, e qui ci penso io. Il buonsenso non è debolezza, Ku... Oharu. Non lo giudicherò tale.

...3...

Oharu si morse il labbro. – Penso di farcela.

Zoro ci avrebbe scommesso. – Sei assolutamente sicura?

-Sono sicura. Non voglio lasciarti qui da solo.

Zoro non ebbe il tempo di dirle che non era il caso che si preoccupasse per lui, né di chiederle un'altra conferma. Sul display lampeggiò il numero 4. Ci fu un delicato, piacevole trillo. Il secondo bottone si spense, e il terzo si accese di verde. Le porte si aprirono.

Zoro diede la sua opinione professionale. – Porca miseria.

La saga di OharuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora