La tempesta

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Oharu non impiegò molto tempo a capire che le sue possibilità di sopravvivenza dipendevano dalla sua bravura a mostrarsi docile.

Nei giorni che seguirono, fece del suo meglio per non dare a Norris alcun motivo di picchiarla, e per rimanere invisibile tutto il resto del tempo. Obbedì a ogni ordine che ricevette. Quando Norris schioccava le dita, lei correva. Quando a Norris scattavano i cinque minuti, e lei aveva la disgrazia di trovarsi a tiro, si lasciava strapazzare senza opporre resistenza. Faceva in modo di essere sempre reperibile.

Norris e il suo equipaggio usavano Oharu come mozzo, staffetta e sguattera. Serviva i pasti, lavava il ponte, puliva la stiva, la cambusa e i locali sottocoperta, disinfestava la sentina dai topi; liberava gli oblò dalle incrostazioni di salsedine; ricuciva gli abiti e le vele. Ma non le lasciavano pulire le armi. Si ricordavano la resistenza che aveva opposto a Norris il primo giorno e il modo in cui aveva lottato a Ika Roa.

Oharu era terrorizzata dai pirati, ma soprattutto dal capitano. Norris sapeva sempre dov'era, cosa faceva, cosa diceva (le rare volte in cui si azzardava ad aprire bocca) e forse cosa pensava. Puniva Oharu al minimo pretesto.

Lei s'impegnava nel lavoro fino ad avere le mani scorticate e spellate e le braccia tanto indolenzite da non riuscire a reggere il secchio con l'acqua per lavare il ponte. E intanto aspettava l'occasione giusta per mettere in atto il suo piano di fuga. Le serviva solo un diversivo e quello arrivò una notte.

Di pomeriggio, Oharu aveva scorto un mucchietto di nuvole che si formava rapido a ponente. Al tramonto, le onde dietro la nave avevano cominciato ad assumere forme strane e irregolari, mentre il mare diventava di un giallo cupo. Le vele si erano gonfiate fin quasi a scoppiare.

Non era stata l'unica a notarlo. L'equipaggio si era messo al lavoro freneticamente. Avevano chiuso i portelli di boccaporto e staccato il gas nella cambusa; avevano spedito Oharu ad arrampicarsi sulle sartie per legare le vele. Aveva iniziato a piovere prima che finisse. Oharu era rimasta su ad aspettare che si dimenticassero di lei, cosa che in breve era successa.

Era una fortuna essere diventata invisibile. Quando tornò sul ponte, nessuno la guardò. Nemmeno Norris si accorse di lei quando Oharu gli passò accanto, in fretta e a testa bassa, verso la scialuppa che, nelle notti precedenti, aveva riempito di provviste sottratte alla cucina ogni volta che ci metteva piede dentro. Aveva pensato di prendere una spada, ma non aveva idea di dove trovarla e perdere tempo avrebbe rischiato di farla fallire.

Era quasi arrivata, quando un'enorme voragine si spalancò nel mare, dritto a prua. La nave si chinò in avanti. Oharu perse l'equilibrio e ruzzolò lungo il ponte, finché non riuscì ad aggrapparsi a una cima. 

Sprofondarono fino in fondo, e una muraglia d'acqua grigia, più alta dell'albero maestro, mosse incontro alla nave, minacciosa. L'impeto dell'acqua scagliò il veliero su fino alla cresta, dove la nave vorticò su se stessa prima di scendere dall'altra parte ed essere travolta dall'onda.

Oharu ebbe l'impressione che un edificio di cemento le fosse crollato addosso e si stupì che non le si fossero frantumate le ossa. Trattenne il respiro, anche se un po' d'acqua le finì nel naso e nella gola. 

Riuscì a mantenere la presa sulla fune e, quando la sua testa riaffiorò, scoprì che i casseri di prua e poppa erano diventati due isole separate da un braccio d'acqua. I pirati si sporgevano nel vuoto dagli alberi, cercando disperatamente di domare le vele impazzite. Una cima indemoniata si dimenava nel vento come un serpente.

Oharu, tossendo e sputando, si alzò. Doveva andare, adesso che nessuno la stava guardando. Barcollò più in fretta che poté verso le scialuppe... E qualcuno la guardò.

-Ehi – urlò Herakles. – La ragazzina sta scappando!

Oharu scattò in avanti, ma il veliero scelse proprio quel momento per inclinarsi a tribordo. Tre uomini si avvinghiarono alla barra, lottando per raddrizzarla. Qualcuno cadde fuori bordo. L'albero maestro si spezzò a metà e volò via.

Oharu si afferrò al corrimano della murata e continuò a strisciare verso le scialuppe. Herakles la rincorse, ma un'altra onda spazzò il ponte, facendogli perdere l'equilibrio e sommergendo Oharu fino alle spalle. Lei praticamente nuotò fino alle scialuppe e finalmente riuscì a saltare dentro una.

Urlò di spavento quando, in mezzo all'orribile baraonda di gemiti, cigolii, grida, tuoni e boati, un proiettile di pistola sfrecciò a un centimetro dal suo orecchio destro. In mezzo alla pioggia, vide la sagoma di Norris. Seppe che stava ricaricando l'arma. Stavano arrivando degli uomini anche dalla direzione opposta.

Oharu iniziò ad armeggiare per sciogliere le cime. Guardò giù. L'acqua era un nido di serpenti liquidi e neri che si contorcevano sibilando e schiumando, avvinghiati tra loro, pronti a inghiottirla.

Se mi prendono, pensò, mi consegnano a Norris.

Diede uno strattone all'ultima fune, che si sciolse e schioccò, e la scialuppa precipitò in mare.

La corrente trascinò subito Oharu lontano dal veliero e, in un attimo, lei perse la Sapphos di vista e si ritrovò in mezzo a un nulla nero e roboante. Non ebbe il tempo di avere paura. Un'onda si abbatté sulla barca e la ribaltò. Oharu finì a capofitto in acqua. Tornò a galla e il mare la risucchiò di nuovo. Lei tornò in superficie, e arrivò la seconda onda, che la spinse di nuovo giù. L'acqua le entrò nel naso e nella gola.

L'ultima cosa che Oharu vide, prima di perdere i sensi, fu una luce che si avvicinava beccheggiando. Le parve di scorgere una polena a forma di testa di leone.

Poi svenne e precipitò nel buio.

La saga di OharuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora