Il capitano

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Chopper salì sul ponte cinque minuti dopo, con aria offesa, e disse che la ragazzina si rifiutava di lasciarlo avvicinare.

- Ha mangiato, almeno? – chiese Sanji.

- Sì.

Lui sorrise, soddisfatto.

Rubber valutò l'aspetto dei suoi pirati, cercando di capire chi tra loro fosse il meno inquietante. Era difficile. Alla fine, scelse Nami. – Vai con lui.

Nami si allontanò con Chopper.

- Ma perché fa così? – chiese Rubber a Sanji, col tono stupito ed esasperato di un bambino che chieda a suo padre come mai la maestra continui a prenderlo a bacchettate sulle mani quando lancia l'inchiostro da un capo all'altro dell'aula.

Sanji alzò le spalle. – Che ne so? Sembra un animale preso in trappola. Non vuole essere toccata, non vuole dirmi come si chiama, e non ha voluto saperne di fidarsi di me.

- Mi chiedo come mai – fece Zoro.

- Be', perché non vai tu là sotto a farla ragionare? – ribatté Sanji.

Zoro s'irrigidì. – No.

- Perché?

- Non sono affari tuoi.

– Ma insomma, non l'avete vista? Non avete visto i suoi occhi? -. Robin sembrava irritata, come se Rubber e Sanji facessero finta di non capire. – È pelle e ossa. Terrorizzata. Chissà cos'ha passato.

-I pirati della nave che stavamo inseguendo l'hanno fatta prigioniera – disse Sanji. – Mi sembra di aver capito che non sono stati molto gentili con lei.

-Ecco! Probabilmente hanno raso al suolo la sua casa. Avranno sterminato la sua famiglia e i suoi amici. Come fate a chiedervi come mai si comporti così? Lasciatela in pace e basta! -. Robin si allontanò a grandi passi, lasciando gli altri a guardarsi in faccia, imbarazzati.

Chopper e Nami tornarono.

- Allora? – chiese Usopp.

- Dopo che Nami le ha giurato che non mi sarei trasformato in un mostro e che non l'avrei uccisa, mi ha lasciato fare il mio lavoro – disse Chopper, ancora offeso.

- Non dovevi trasformarti senza avvertirla – disse Frankie.

- Senti chi parla. Tu volevi spararle!

- Volevo solo spaventarla! Non sparo ai bambini. Non sono un mostro.

- Se volevi spaventarla, ci sei riuscito – commentò Rubber. - E anche Chopper.

- Stava cercando di buttarsi in mare – protestò Chopper. - Come facevo a fermarla, se rimanevo trenta centimetri più basso di lei? Rubber, è tutta tua.

Rubber scese sottocoperta.

La ragazzina era dove l'avevano messa, ma più pulita e avvolta in alcune bende. Aveva un aspetto decisamente meno preoccupante, ma lo sguardo allarmato era lo stesso.

Rubber assunse il suo tono più amichevole. – Ciao! Sono Rubber. Il capitano di questo brigantino, la Thousand Sunny. Posso avvicinarmi? Prometto di non farti del male. Croce sul cuore, ch'io possa morire.

La ragazzina quasi sorrise. Quasi. Ma i suoi occhi rimasero spalancati, guardinghi. Si tirò la maglietta. – Di chi sono questi vestiti?

-Chimney. Gironzolava per il cantiere mentre costruivano la nave. Deve averli dimenticati a bordo.

-Ha dimenticato i vestiti a bordo della nave? – ripeté lei, scettica.

-Era una strana bambina. Più giovane di te, ma tu sei piuttosto piccola, quindi abbiamo pensato che forse potevano starti.

-Come hai fatto a fare quella cosa con le braccia? Prima?

Rubber si tirò la pelle del braccio, che si allungò come un chewing-gum. – Ho mangiato un Frutto del Mare e adesso sono di gomma.

Un lampo d'interesse le si accese nello sguardo. Forse era la prima volta che incontrava il possessore di un Frutto.

- Posso avvicinarmi? – ripeté Rubber.

La ragazzina esitò, poi annuì.

Rubber si accostò al letto. - Non vuoi dirci come ti chiami?

- Non lo so.

- Perché?

- Siete pirati.

- Io non sono un pirata. Io diventerò il Re dei Pirati.

Lei lo guardò come se fosse matto. – Quanti anni hai? Nemmeno dieci in più di me, scommetto.

- E allora? Sono in gamba, sai.

- Abbastanza da trovare il One Piece?

- Ah, vedo che sei informata!

- Lo sanno tutti -. Lo guardò meglio e parve frugare nella propria memoria. – Ci sono le vostre foto dappertutto. C'è una taglia sulla vostra testa. Ho letto sul giornale cos'avete fatto a Enies Lobby.

Dal tono in cui lo disse, Rubber capì che secondo lei non meritavano esattamente una medaglia al valore.

- Se non siete pericolosi, come mai la Marina vi vuole?

- Ah, vedi – disse Rubber senza scomporsi – sembra che, ovunque io vada, si scateni il finimondo, e danno sempre la colpa a me anche se io non c'entro niente. Anzi, di solito sono quello che risolve la situazione. E per tutto ringraziamento, mi ritrovo sempre a scappare da una folla inferocita che m'insegue con le torce e i forconi. Pazzesco, vero?

- Quello con i capelli verdi non è Roronoa Zoro? – chiese la ragazzina.

- Hai riconosciuto anche lui dalle foto?

- Sì. Perché mi guarda in quel modo strano?

- Sali sul ponte e chiediglielo.

Lei, che si stava appena appena rilassando, parve di nuovo spaventata. Scosse la testa.

-Va bene. Senti, noi adesso andiamo nella cambusa per cenare. Sei qui dentro da un secolo, ormai. Se vuoi, puoi uscire e venire con noi. Puoi raccontarci cos'è successo e magari possiamo aiutarti, va bene? -. Rubber si avviò verso l'uscita. Era già con un piede sul primo scalino, quando la ragazzina disse: - Oharu.

Lui si voltò. – Come?

-Mi chiamo Oharu.

La saga di OharuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora