Il maestro di spada

52 3 0
                                    

-Rubber dice che tu usi tre spade.

Oharu era seduta sui gradini che portavano al castello e, come al solito, osservava Zoro allenarsi sul ponte.

Non era la prima volta che lo faceva. All'inizio Zoro si girava a fulminarla con lo sguardo, facendola scappare. Poi si era rassegnato al fatto che Oharu sarebbe tornata ogni volta, e adesso la ignorava e basta. Era la prima volta, invece, che Oharu gli rivolgeva la parola senza alcuna ragione particolare.

Lui non si voltò e lei pensò che avrebbe continuato a ignorarla. Invece, con sua sorpresa, Zoro rispose: - Mi hanno disintegrato la terza a Enies Lobby.

- Ti trovi bene lo stesso con due?

- Sì, ma mi sto accontentando. Conto di trovare un'altra spada alla prima occasione -. Zoro riprese i suoi esercizi.

Oharu batté il tallone contro un gradino. Tentennò. Poi parlò di nuovo. – Zoro?

Lui si voltò, impaziente. – Cosa c'è?

Era un po' di tempo che cercava il coraggio di chiederglielo, e finalmente l'aveva trovato. Doveva parlare, prima di perderlo di nuovo. Oharu decise di andare dritta al punto. Non voleva farlo innervosire prendendola troppo alla larga. – Puoi insegnarmi?

-Insegnarti...? -. Lo sguardo di Zoro rimase vacuo per qualche secondo, poi lui capì. Fissò Oharu con un'espressione di puro orrore e reagì: - No.

-Mi serve un maestro di spada.

Zoro la fissò a bocca aperta. Poi protestò: - Sai già combattere. Non ti serve che te lo insegni io.

- So tenere la testa attaccata al collo – replicò Oharu. – Non lo chiamerei "combattere".

- Be'... Tanto per cominciare, non hai una spada.

Oharu non si azzardò a fargli notare che lui ne aveva due. – Abbiamo delle fascine di bambù da qualche parte. Non è difficile costruire uno shinai d'allenamento. E poi sono sicura che tu hai anche dei bokken.

Zoro parve infastidito. – Come fai a saperlo?

-Me l'ha detto Rubber.

Zoro sibilò tra i denti un insulto diretto a Rubber. - Non posso. Assolutamente no.

- Come sarebbe che non puoi? Ti ho visto combattere. Certo che puoi.

- Dài, ragazzina. Ma non hai nient'altro da fare?

- Per favore!

Zoro le puntò addosso uno sguardo glaciale. - No.

- Ma perché no? Dammi un motivo valido e io ti lascio in pace. Altrimenti... Ci terrei davvero tanto, visto che il mio maestro non c'è più, che continuassi tu a insegnarmi.

- Non posso addestrarti, perché...- Zoro esitò. Aveva un motivo validissimo, ma non voleva dirlo a lei. Cercò disperatamente una scusa, ma non la trovò e dovette arrendersi. – E va bene – capitolò, controvoglia.

Oharu quasi saltò in piedi sulla scala. – Davvero?

- Grrr.

- Quando cominciamo?

- Domani mattina. Alle nove in punto – la informò Zoro, con scarso entusiasmo. – Se fai tardi, me ne vado. Chiaro?

- Sarò puntuale. Grazie! Non te ne pentirai! – Oharu saltò giù dai gradini. Per un attimo Zoro pensò con terrore che stesse per abbracciarlo, ma lei si limitò a scappare via strillando: - Nami! Nami! Indovina?

Zoro commise l'errore di guardarla per un secondo di troppo. Un ricordo riaffiorò, colpendolo come uno schiaffo in piena faccia. Chiuse gli occhi e si sforzò di ricacciarlo indietro.

Sentiva la propria sanità mentale vacillare pericolosamente ogni volta che la ragazzina era nei paraggi. E, più interagivano, peggio era. Il presente e il passato andavano in corto circuito, il tempo e lo spazio non avevano più senso. 

Zoro non riusciva a liberarsi della sensazione che uno dei due fosse nell'anno sbagliato. E la confusione peggiorava, fino a mandarlo completamente in tilt, quando lei lo guardava negli occhi, o quando gli parlava e Zoro era costretto a rispondere, senza poter più fingere che si trattasse di un'allucinazione da ignorare finché non fosse sparita.

Quand'era a Orange Dawn e delirava legato a quel palo, aveva visto Kuina, aveva parlato con lei, ma era stato solo un prodotto della sua mente. E poi aveva conosciuto Tashiji ed era stato peggio, perché Tashiji era reale, e somigliava davvero tanto a Kuina, a come sarebbe diventata se non fosse morta. A un certo punto si era perfino chiesto se si fosse sbagliato, se Kuina non fosse, in qualche modo ancora viva, se lui non l'avesse ritrovata.

Era appena riuscito a convincersi che Kuina era morta (perché lui aveva visto il suo corpo, e avevano visto quando l'avevano sepolta, ed era stato sulla sua tomba quasi tutti i giorni per anni) ed ecco che spuntava questa ragazzina che non solo esisteva per davvero, non solo somigliava a Kuina in modo impressionante, ma aveva pure la stessa età.

Non era Kuina, naturalmente. Non era identica. Kuina si stava già sviluppando quand'era morta, quest'altra era ancora piccola. Il colore di capelli e occhi era di una sfumatura leggermente diversa. 

Ma per il resto... Zoro era arrivato addirittura a prendere in considerazione delle ipotesi assurde (Frutti del Mare che bloccavano la crescita, morte apparente, amnesia) prima di rendersi conto che era ridicolo e che quella non poteva in alcun modo essere Kuina. Era solo molto simile. Era solo una coincidenza. Si diceva che tutti avessero un sosia al mondo, no? Be', per caso Zoro aveva trovato quella di Kuina. Tutto qui.

Quando l'aveva vista urlare e lottare su quel lettino, aveva creduto d'impazzire. Ma era stato ancora peggio quando l'aveva trovata in lacrime e l'aveva toccata, perché come poteva non farlo? Aveva sentito le ossa sottili sotto la pelle. Aveva vissuto terribili attimi di spaesamento in cui si era chiesto perché Kuina, all'improvviso, fosse così piccola rispetto a lui. Non era più grande di un anno? Non era più alta di tutta la testa? Perché lei aveva ancora undici anni ma lui era adulto?

Quando aveva visto la ragazzina combattere, a Ika Roa, l'impressione di avere davanti Kuina era stata così forte che l'aveva chiamata col suo nome, e il fatto che lei non l'avesse corretto, perché troppo impegnata a salvarsi la pelle, non aveva aiutato certo Zoro a rimanere in contatto con la realtà. Se adesso avesse dovuto avere a che fare con lei da vicino tutti i giorni, vederla maneggiare la spada tutti i giorni... Sarebbe diventato matto.

Zoro cercò di riscuotersi. No! Era ridicolo. E scorretto nei confronti della ragazzina. Contro Kabaji se l'era cavata benino, ma probabilmente, se non ci fosse stato lì Zoro, sarebbe morta. Continuare il suo addestramento era la cosa giusta da fare, qualcuno doveva occuparsene e l'unico in grado, lì, era lui.

Non era colpa della ragazzina se era uguale identica, in tutto e per tutto, a Kuina. E comunque, non sarebbe affatto stata la stessa cosa, no? Kuina lo massacrava ogni volta che si allenavano insieme. Era lei la più brava, era lei a insegnargli. Questa volta, il rapporto sarebbe stato completamente inverso. E questo avrebbe aiutato Zoro a tenere ben presente che la ragazzina davanti a lui era Oharu e non Kuina. Che Kuina era morta e comunque, se anche così non fosse stato, avrebbe avuto più di vent'anni e non undici.

La morte di Kuina era stata un incidente, ma non era questo il punto. Il punto era che Zoro non si trovava lì, quand'era successo. Ora, invece, c'era. Kuina era morta, ma Oharu era viva, e Zoro aveva la possibilità di fare per lei quello che non aveva potuto fare per Kuina. Proteggerla. Salvarla.

Se Zoro avesse creduto nel destino, avrebbe detto che il destino gli stava donando una seconda possibilità. Ma, per coglierla, doveva tenersi stretta la sua sanità mentale.

Posso farcela, pensò Zoro.

Almeno sperava.

La saga di OharuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora