39.

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*Ashley's pov*

Mi svegliai all'alba, quando Thomas cercò invano di liberarsi dalla mia presa. Eravamo rimasti a dormire insieme e non avevo intenzione di perderlo più di vista.
"Mi starai attaccata per il resto della vita?" mormorò lui. Io sorrisi.
"L'ultima volta che ti ho perso di vista ti sei quasi fatto uccidere" dissi io in risposta. Lui rise piano.
"Abbiamo un'Adunanza" disse lui accarezzandomi i capelli. Io sbuffai e mi decisi ad alzarmi.
Mezz'ora dopo eravamo nella stanza delle mappe con davanti tutti gli Intendenti preoccupati e stressati che chiedevano cosa fare.
"Ascoltatemi" iniziai io richiamando l'attenzione "Thomas ha recuperato dei ricordi facendosi pungere"
"Idea geniale, così abbiamo dovuto parargli il culo mentre dormiva" commentò Gally beccandosi un'occhiataccia.
"La farò breve: c'è un'uscita" dissi ignorandolo mentre si alzava un mormorio generale "Cioè la Scarpata"
"Stai scherzando?" esclamò Gally di nuovo mentre io roteavo gli occhi.
"Senti, idiota, per una buona volta nella tua vita chiudi quella cazzo di bocca e ascolta cosa hanno scoperto delle persone che hanno rischiato di morire per salvare anche te" sputò Rebeka minacciosa dall'angolo della stanza. Io la guardai sorridendo e poi ripartii.
"Quella è l'uscita, ma purtroppo crediamo sia anche la tana dei Dolenti"
Altri mormorii.
"Purtroppo non è tutto: c'è un codice che serve per sbloccare l'uscita o qualcosa del genere, che noi non sappiamo" concluso io. Ora stavano letteralmente urlando.
"Ci stai chiedendo di andare a morire nel Labirinto perché il tuo ragazzo ha avuto delle visioni?" urlò Gally.
"Ti sto dando una via di fuga" ribattei io a denti stretti "Sono qui da qualche mese e non vedo l'ora di uscire, c'è chi è qui da anni. Non ho detto che sarà facile, ne che ci salveremo tutti, ho detto che questa è la nostra unica possibilità di uscire da qui e se non la cogliamo ho paura che non ci sarà più nessuno di cui essere Intendente"
"Io non ci sto" disse Gally.
"Sai una cosa Gally? Fai quello che vuoi! Non vuoi salvarti? Bene, anzi, meglio!" ringhiai io avvicinandomi al ragazzo "Non costringerò te ne nessun altro a venire con noi. È una vostra scelta."
Lui rimase in silenzio, finalmente, così Thomas e Minho spiegarono il piano d'azione per quella sera e conclusero l'Adunanza.
La giornata passò lentamente, tra i preparativi alla partenza della marina seguente e quelli della notte nessuno parlò molto. Io aggiustai e migliorai quasi tutte le armi e ne improvvisai alcune con i materiali rimasti. Thomas, Minho e Rebeka spiegavano per filo e per segno le tecniche di sopravvivenza per le ore seguenti e tutti si davano da fare. Arrivò la notte e ognuno di noi si trovava esattamente dove doveva essere. Il Casolare era distrutto, quindi quelli che potevano combattere erano nella stanza delle mappe, mentre gli altri erano nella scatola o nel bosco. Ognuno di noi aveva un compito preciso, ma quando sentimmo i rumori lontani dei Dolenti che rompevano di nuovo le barriere alle porte concordammo di restare seduti e in silenzio, per ora. Thomas era seduto accanto a me, ma io avevo lo sguardo fisso al muro davanti a me.
"Stai facendo la cosa giusta" disse rompendo il silenzio nella stanza. Sapeva che si stavano ascoltando tutti, ma non credo gli importasse. È una delle cose che ho sempre amato in lui: quando qualcuno che ama è in pericolo o ha bisogno di lui, non esiste nient'altro per lui. Mi faceva sentire amata.
"E se non fosse così?" risposi guardandolo negli occhi "E se invece morissero tutti prima di arrivare alla Scarpata? Sarebbe colpa mia"
"Forse, ma morirebbero con la speranza di poter uscire da qui, che è decisamente meglio che morire uno per uno, ogni notte, portati via dai Dolenti"
Io annuii e notai che molti altri abbassarono la testa.
"Sono stanca di combattere" affermai ad un certo punto portandomi le ginocchia al petto. Thomas spostò il mento con le dita in modo che lo guardassi negli occhi.
"Sei la persona più forte che conosco, puoi farcela" sussurrò prima di lasciarmi un bacio sulla fronte. In quel momento i rumori si interruppero e un braccio meccanico sfondò la parete della stanza, distruggendo tutto quello che era al suo interno. Ci alzammo tutti in piedi e serrammo la stretta sulle armi, pronti a colpire. Il tetto era ormai sradicato e stavamo combattendo contro i bracci meccanici dei Dolenti da un po' quando il ragazzo di fianco a me si sollevò in aria. Io e Minho lo tirammo, ma solo quando Rebeka tagliò il braccio della creatura riuscimmo a riportarlo a terra. I Dolenti bloccavano le uscite. Eravamo in trappola. Vidi qualcuno scattare fuori dall'unica porta libera, dritto verso gli altri Dolenti. Notai troppo tardi che si trattava di Alby, e sapevo che stava facendo esattamente quello che avevo in programma di fare io: sacrificarsi per dare agli altri la possibilità di uscire da lì. Corsi anch'io fuori dalla porta, prima che i Dolenti circondassero del tutto la stanza delle mappe, in modo che nessuno mi seguisse. Alby si fiondò verso un gruppo di Dolenti che veniva verso di lui e io gli corsi dietro a perdifiato senza pensarci, scagliando frecce alla cieca. I Dolenti lo presero e lo sollevarono in aria. Sembrava quasi che non mi avessero notato, ma la situazione cambiò quando tagliai un braccio ad uno di loro. Si girarono verso di me all'unisono e iniziarono ad attaccare. Cercai di schivare ogni colpo, ogni braccio meccanico e nel frattempo ferirli in qualche modo. Più minuti passavano più Dolenti si aggiungevano alla festa. Riuscì a colpire nell'occhio uno di loro, troppo tardi però per evitare il colpo che mi spinse una decina di metri più in là. Non feci in tempo a tossire che venni sollevata in aria. Uno dei bracci si avvicinava a me mentre ero ancora a penzoloni nel vuoto e cercavo di dimenarmi per quanto possibile. Sentii qualcosa conficcarsi nel mio collo e ogni muscolo dolorante contrarsi ancora di più, per poi rilassarsi eliminando ogni forma di dolore. Mi sforzai di tenere gli occhi aperti ma le mie palpebre cedettero e persi i sensi.

Maze Runner || TWO GIRLS IN THE GLADEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora