Capitolo 4

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Cameron
-Dove cazzo l'hai messa quella camicia blu a maniche corte?!-
-Ti ho detto che non lo so, Cameron, me l'hai prestata due mesi fa!-
-Ma almeno mi aiuti, invece di stare lì col culo sul divano?- strillai quasi dalla camera da letto di Robert.
-Certo, arrivo subito. Chiamo pure il vicino.-
-Vaffanculo.- bofonchiai.
-Che hai detto?!-
-Niente!-
Lo sapevo che scherzava, ma era comunque meglio non farlo arrabbiare.
Continuai a cercare nel suo armadio e nei cassetti, senza riuscire a trovarla.
Ero uscito da casa mia a torso nudo, avevo attraversato la strada e avevo suonato il campanello dell'appartamento di Robert, piombando dentro non appena aprì la porta, solo per prendere quella fottuta camicia, che però non si trovava.
-Ma perchè proprio quella?-
Mi voltai, trovandolo poggiato contro lo stipite della porta.
-Perchè penso che il blu mi stia bene. O meglio, penso che io gli piaccia di più quando ho qualcosa di blu addosso.- risposi con le mani sui fianchi.
Mi guardò come a dire "questa è una grande cazzata".
-Allora mettiti quella maglietta che indossavi il giorno in cui è venuto in officina.- disse però, comprensivo.
-Ma quella l'ha già vista.- risposi guardando a terra.
Lo sentii scoppiare a ridere.
-È proprio bello avere ventun anni.- disse scuotendo la testa, tornandosene sul divano.
-Dai, Robert, che mi metto?- chiesi con tono lamentoso, seguendolo in salone.
Alzò gli occhi al cielo, però poi ci pensò su.
-Non c'era una maglietta che non mettevi mai perchè non piaceva a Jacob? Ce l'hai ancora?-
Aggrottai le sopracciglia, poi mi ricordai.
-Sì, quella nera con la morte sopra. Sai, il teschio con il cappuccio nero e la falce. È stupenda quella maglietta, ha anche delle rose e dei teschi più piccoli tutto intorno che-
-Metti quella, allora.-
Lo osservai confuso.
-Vediamo se è diverso da Jacob, no?-
Capii cosa stava facendo. Quella era più che altro una sfida per me. Indossare una cosa che a me piaceva molto, ma che mi faceva pensare a quanto Jacob mi avesse fatto sentire sbagliato in passato, mentre ero con Liam e, inoltre, vedere come Liam avrebbe reagito ad una maglietta del genere, rispettando i miei gusti a prescindere dai suoi. Sembrava una cosa stupida, ma per uno come me non lo era.
-Hai ragione, cazzo.-
-È la saggezza di un single quarantenne.- disse alzando le spalle.
-Grazie, Robert!- esclamai, facendo per andarmene.
-Cam.-
-Sì?-
Mi guardò per un attimo.
-Non hai cambiato espressione neanche un po' quando ho nominato Jacob.- disse sorridendo.
Mi bloccai di colpo. Era vero. Era la prima volta che sentire il suo nome non mi faceva effetto. Di solito mi irritava talmente tanto da rovinarmi l'intera giornata.
Sorrisi anch'io. Le cose stavano andando meglio.

Liam
Osservai i vestiti che avevo poggiato sul letto, pensieroso.
Alla fine erano tutti uguali, cambiava solo il colore. Nell'armadio avevo quasi solo jeans, t-shirts, e felpe col cappuccio. Non avevo molto tra cui scegliere, e comunque non me ne era mai importato molto del mio modo di vestire. Mi piacevano le cose comode, non avevo altre esigenze in fatto di moda. Eppure quel giorno pensai di dover davvero comprare qualcosa di diverso, di cambiare stile, se così si poteva definire. Comunque Cameron non mi sembrava il tipo a cui importasse molto dell'abbigliamento altrui.
Alla fine indossai un jeans chiaro e l'unica maglietta leggera a maniche lunghe che avevo nell'armadio. Di solito passavo direttamente dalle t-shirts alle felpe, per quello ne avevo solo una. Il cielo era abbastanza limpido, ma la giornata sembrava più fresca rispetto a quella precedente.
Mi spruzzai di nuovo un po' di profumo, salutai Miao uscendo dalla stanza e mi fermai a guardare l'ora. L'una e venti.
Se mi fossi fatto trovare di nuovo fuori casa sarei sembrato troppo impaziente? Forse sì. Non volevo dargli quell'impressione, anche se forse lo ero davvero.
Mi sedetti sul divano, al lato opposto rispetto a dove era seduta mia madre. Teneva le gambe incrociate, una coperta addosso, la vaschetta di gelato tenuta con una mano e il cucchiaio nell'altra, mentre guardava uno di quei film romantici che le piacevano tanto.
-Il tuo amico è già arrivato?- chiese voltandosi a guardarmi appena iniziò la pubblicità.
-No, non ancora. Dovrebbe essere qui tra qualche minuto.- risposi guardando il cellulare.
-Stai bene vestito così.-
Mi voltai a guardarla. Era raro ricevere dei complimenti da lei.
-Grazie.- risposi accennando un sorriso.
-I soldi che ti ho lasciato ti bastano?- chiese poi.
-Sì, sì, ho anche quelli che mi sono avanzati l'altro giorno quando ho fatto la spesa.-
-Se per sicurezza ne vuoi altri sono nel solito cassetto.-
-Okay, grazie.-
L'unica cosa che non avevo mai dovuto chiederle: i soldi. Me li lasciava sempre, da quando ne avevo memoria. Forse per paura che mi succedesse qualcosa quando lei non c'era. Almeno speravo fosse per quello e non per accontentarmi o farmi stare zitto.
La osservai in silenzio, senza che se ne rendesse conto. Così piccola, magrolina, i capelli biondo cenere e il modo strano in cui si sedeva sul divano. A volte mi sembrava una ragazzina, un'adolescente incantata dalle storie d'amore piene di frasi smielate e relazioni assurde nate da un colpo di fulmine. A vederla in quel modo, nessuno si sarebbe aspettato che fosse un'infermiera, che facesse un lavoro in cui ci si occupa di altre persone. Sembrava lei quella da proteggere e difendere, piuttosto. Io stesso non ero mai riuscito a conciliare quell'immagine di mia madre, incantata dall'idea dell'amore, con la donna fredda che mi chiedeva a malapena come fosse andata la giornata. Sapevo che una parte di lei si era pentita di aver dato alla luce un figlio a diciassette anni. Il fatto che non fosse mai riuscita a smettere del tutto di amare mio padre, per me rimaneva un mistero. Sapevo solo quello che mi avevano raccontato i nonni, quando erano ancora vivi.
La vibrazione del mio telefono fermò quel fiume di pensieri potenzialmente tristi e deprimenti.
"Sono qui fuori"
Mi alzai immediatamente, toccandomi le tasche dei jeans per essere sicuro di avere il portafoglio.
-È arrivato?-
-Sì. Miao ha già mangiato, però se lo vedi che gira intorno alla ciotola dagli altri croccantini. Pochi, mi raccomando. Se lo senti miagolare fallo uscire, poi fallo rientrare appena senti che gratta contro la finestra.-
-Certo, non ti preoccupare.-
-Ci vediamo dopo.-
-A dopo.-
Mi affacciai in camera mia per dare un'ultima occhiata a Miao, che si era addormentato sul mio letto, poi uscii in fretta. Appena vidi la sua macchina, tentai di mantenere un'espressione il più neutrale possibile, anche se mi risultò difficile.
Aprii la portiera, mi sedetti, la chiusi, poi mi voltai a guardarlo. Mi maledii all'istante. Gli occhi blu così vivaci e felici, i denti bianchissimi e le fossette in bella mostra. Sorrisi come un idiota.
-Ciao.- dissi poi.
-Non vedevi l'ora di vedermi, eh?-
Mi trattenni dallo strabuzzare gli occhi, limitandomi ad osservarlo.
-Ma che dici?- chiesi tentando di nascondere l'imbarazzo, pensando che fosse stato quel sorriso a tradirmi.
Sbloccò il telefono, che teneva in una mano, mostrandomelo con un sorrisetto di sfida.
-Non hai neanche visualizzato il messaggio, però sei uscito subito. L'hai visto dalla barra delle notifiche, no?-
Osservai il telefono, poi di nuovo lui. Aveva ragione, ma non doveva per forza saperlo. Sembrava già soddisfatto.
-E quindi?- chiesi alzando un sopracciglio.
Sorrise ancora di più.
-Lo stai ammettendo?-
-Non mi pare proprio.- risposi sostenendo il suo sguardo, anche se con difficoltà.
Era sempre così con lui. Una sfida dopo l'altra. Era l'unico con il quale avevo bisogno di fingermi irritato, l'unico che mi faceva cedere sempre.

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