Capitolo 2

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Cameron
Robert scosse la testa, osservandomi confuso con quei suoi penetranti occhi color ambra. Evitai il suo sguardo, infilandomi di nuovo sotto la macchina.
-No, aspetta, fammi capire. Era mezzanotte passata e tu eri qui, da solo, a deprimerti. Stavi per andare via e ti sei ritrovato davanti questo ragazzo a cui si era fermata la macchina, che sarebbe quella parcheggiata lì.- disse indicando la macchina di Liam.
-Poi lo hai riaccompagnato a casa, e adesso aspetti che torni qui per provarci con lui.- continuò gesticolando come se stesse raccontando una fiaba a un bambino.
-Non è che voglio provarci...- tentai di obiettare spuntando da sotto la macchina che stavo tentando di riparare, guardandolo storto.
-E che vuoi fare? Diventare il suo amico del cuore?- chiese ridendo, incrociando le braccia al petto.
Mi spinsi del tutto fuori da sotto la macchina, mettendomi a sedere e voltandomi a guardarlo.
-Non lo so, okay? Lo sai da quanto tempo è che non sono interessato a qualcuno?-
Mise le mani sui fianchi in modo teatrale.
-Beh, fammi pensare, mh... Ah, sì, forse da quando l'innominabile Jacob si è rivelato per lo stronzo che era?- rispose sarcastico.
Lo guardai annoiato, come a dire "fai sul serio?".
-Vaffanculo.- borbottai distogliendo lo sguardo da lui.
-Cam. Sono contento che finalmente mi parli di qualcuno, sto solo dicendo che il modo in cui vi siete conosciuti è stato molto particolare, che lo hai visto solo una volta, e che non ha senso che tu ci provi con lui se non sai neanche che cosa vuoi farci. Non ti sto andando contro, capisci?-
-Ho capito, e hai ragione, grande saggio, però ti ho detto che non voglio "provarci". Prima di tutto non so neanche se è gay, ma anche se lo fosse, non è il tipo di ragazzo che pensi. È complicato, testardo e scontroso, e non ho idea di come potermi avvicinare a lui. Vorrei iniziare col diventargli amico, se non chiedo troppo.- spiegai guardando per terra.
Rimase in silenzio per qualche secondo.
-È complicato, testardo e scontroso?- chiese toccandosi distrattamente la barba scura.
Annuii, sorridendo istintivamente.
-E ti interessa?- chiese accennando un sorriso.
-Molto.- ammisi guardandolo.
Alzò le spalle, sorridendo.
-Allora ha tutta la mia approvazione. Appena arriva questo Liam ti chiamo con uno strillo.- disse poi, dandomi le spalle e allontanandosi.
Sorrisi, tornando al mio lavoro.
Robert sapeva tutto della mia storia precedente, e quasi tutto della mia vita in generale, perchè era stato un caro amico di mio padre, col quale entrambi avevamo smesso di parlare per lo stesso motivo: la nostra omosessualità.
Entrambi eravamo rimasti segnati dalle nostre prime vere storie d'amore, solo che la mia era stata tale solo nella mia testa ed era finita perchè Jacob era uno stronzo, mentre quella di Robert era stata una storia degna di diventare un romanzo, ed era finita a causa della famiglia di lui e del suo ragazzo, che non avevano accettato la loro relazione. I genitori di Robert erano ormai morti entrambi, e nonostante fossero passati più di vent'anni da quella storia, ancora pensava al suo primo amore, e non era mai riuscito a rifarsi una vita con qualcun altro. Era lui il primo a cui, a quindici anni, avevo detto di essere gay. Subito dopo, mi aveva confessato che lui era come me. Quando lo confessò a mio padre, smisero di parlarsi. A diciannove anni lo feci anch'io, e successe la stessa cosa. Per questo lavoravo con Robert, e per questo vivevo da solo in un appartamento che lui mi aiutava a pagare. Avevamo esattamente venti anni di differenza, non sapevo se per me fosse un padre, uno zio, un fratello, o un amico. Forse era tutti e quattro.

Liam
-Allora, quanto ci mette?!-
-Si è alzato dieci minuti fa, dagli il tempo di svegliarsi!- mi gridò Aaron dalla finestra della camera di Caleb.
Mi poggiai alla sua macchina, sbuffando e dando un'occhiata al telefono. Era mezzogiorno e mezzo. Aaron era venuto a prendermi tardi a casa mia, e come se non bastasse adesso dovevamo aspettare pure che Caleb si vestisse. Avevo provato a dirgli di andare da soli, ma quei due non riuscivano a stare lontani neanche per mezza giornata. Mi avrebbero accompagnato tutti e due all'officina di Cameron per riprendere la macchina.
"Spero che non l'abbia già aggiustata, altrimenti non avrò più una scusa per rivederlo...", pensai.
Ad un tratto Mia uscì dal bar stiracchiandosi. Quando mi notò assunse un'espressione confusa.
-Ehi, Liam!- esclamò avvicinandosi.
Ricambiai il suo sorriso, salutandola.
-Fai una pausa?- chiesi dopo aver dato una veloce occhiata alla finestra della camera di Caleb.
-Sì, mi godo un po' di sole per cinque minuti. Ma come mai sei qui? Non è la macchina di Aaron quella?- chiese posando entrambe le mani sui fianchi.
-Chi altro potrebbe permettersi una macchina del genere?- dissi ridendo.
-Ieri sera dopo la cena, mentre tornavo a casa, mi si è fermata la macchina in mezzo alla strada, e avevo anche il telefono scarico.- iniziai a spiegare.
-Cazzo! Come hai fatto a tornare a casa?- chiese alzando le sopracciglia.
-Fortunatamente c'era un'officina aperta. Cioè, no, non era aperta, ma un ragazzo che fa il meccanico lì era... appunto, era ancora lì, e mi ha accompagnato a casa.-
Stavolta alzò solo un sopracciglio, osservandomi.
-Gentile da parte sua.-
-Già.-
-Quindi vai a riprenderti la macchina?-
Annuii, poi guardammo entrambi su.
-È carino?- chiese voltandosi a guardarmi.
Aggrottai le sopracciglia, sorpreso.
-Chi?-
-Il meccanico.- disse con un sorriso malizioso.
Alzai gli occhi al cielo, senza però riuscire a trattenere una risata.
-Smettila, Mia.-
Si mise a ridere, alzando il viso verso il sole e chiudendo gli occhi.
Mi morsi l'interno della guancia, osservandola.
-Tu lo sai, vero?-
Sembrò stupirsi per un attimo, anche se non si mosse.
-Sapevo di quella sera in cui eri uscito con Caleb, mesi e mesi fa, e delle scuse che gli hai fatto dopo. So che ne hai parlato di più con lui e Aaron, ma a me non hanno più detto niente.- rispose alzando le spalle.
Mi morsi l'interno delle labbra per un po'.
-Non è che mi vergogno di dire che sono gay, è un po' più complicato di così.-
-Lo so. L'avevo capito.- disse aprendo gli occhi, guardandomi in modo dolce.
Sorrisi divertito. Mia capiva sempre tutto. Anche troppo, forse.
-E che pensi? È una cosa da stupido?-
Lo chiedevo a lei perchè sapevo che non mi avrebbe mentito solo per farmi contento o per non offendermi.
-Penso che farei lo stesso. Non la trovo una cosa da stupido, anzi. E poi non sei obbligato a dirlo.-
Paradossalmente, era quella che mi capiva meglio, sotto quel punto di vista. Anche se non ne avevamo mai parlato, sapevo che sapeva della mia omosessualità, però lei, a differenza di Caleb e Aaron, aveva capito il mio vero problema anche se non glielo avevo detto. Anche lei, prima di Samuel, non era mai stata innamorata, forse per quello capiva come mi sentissi io. Ammettere di essere gay per me equivaleva anche ad ammettere di non aver mai amato qualcuno e di non essere mai stato amato, perchè una relazione con un ragazzo non l'avevo mai avuta. Ad Aaron e Caleb non l'avevo spiegata proprio in quel modo, quando ne parlavamo non davo mai una vera risposta.
Se la verità l'avesse capita Roxy, ormai una nostra ex amica, avrei avuto paura perchè, con la scusa di aiutarmi, lo avrebbe rivelato a tutti. Ma Mia era diversa, se lo sarebbe tenuto per lei, ne ero sicurissimo. Per questo non mi aveva infastidito quella conversazione.
Ci scambiammo un sorriso.
-Comunque sì. È bello.- dissi dopo un po'.
Assunse un'espressione felice e divertita, poi sorrise in modo malizioso.
-Io avevo detto carino. Però se è addirittura bello...- disse poi alzando le spalle, facendo per allontanarsi.
-Mia!- esclamai imbarazzato, mentre Aaron e Caleb sbucavano dal portone del palazzo.
-Scusami, sono pronto! Ciao, bellissima!- disse Caleb, prima guardando me, poi salutando la sua migliore amica.
-Forza, mettete quei culi in macchina, che è tardi!- esclamai aprendo la portiera.
Mia ci salutò ridendo, e finalmente partimmo.

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