Capitolo 17

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Liam
-Invece di chiedermi se sono gay, mi ha chiesto se mi rendi felice e se mi tratti bene.-
-E tu che le hai risposto?-
-La verità.-
-Cioè?-
-Le ho detto di sì.- borbottai, ricambiando il suo sguardo dolce e godendomi quelle fossette.
Sorrise ancora di più, attirandomi a sè come se non fossimo già appiccicati, dandomi un bacio sulla guancia e poi uno sulle labbra.
Avevamo già cenato, e ci eravamo seduti sul divano per guardare un po' di televisione. Cam aveva messo un braccio dietro le mie spalle appena avevo iniziato a parlare di mia madre e della nostra conversazione della sera precedente, e io avevo istintivamente poggiato la testa sulla sua spalla e una mano sulla sua gamba.
-Quindi le vado bene come genero?-
Accennai una risatina, stringendo la sua mano.
-Pare di sì. Ha detto che sei un tesoro.- risposi, alzando un sopracciglio.
Rise lui stavolta, baciandomi un'altra volta la guancia.
Riuscivo a sentire l'odore del suo bagnoschiuma e della crema per il viso. Morivo dalla voglia di farci l'amore, ma sospettavo fosse troppo stanco. Già solo stargli vicino mi sembrava un sogno, in realtà.
-E poi ha detto che non ha avuto esperienze solo con gli uomini.- aggiunsi poi, ancora incredulo io stesso.
Rimase in silenzio per un attimo.
-Ma tua madre, dici?-
-Sì, mia madre.-
-Sul serio?!-
-Mi è sembrata piuttosto sincera.- ammisi ridendo, ripensando alla sua faccia divertita.
-E tu non ne avevi idea, giusto?-
-No, per niente. Sono rimasto sconvolto.-
Scosse la testa, ridendo e facendo muovere un po' i ricci scuri.
-Che donna. Non ci credo.-
Lo ripetè un paio di volte, facendomi ridere ancora.
-Sai, lei è... non so, è cambiata ultimamente.- dissi ad un tratto, guardando per terra.
-Cambiata?-
-Sì. Adesso è più facile parlarle. È come se si fosse sciolta un po', non riesco a spiegarlo.. È diversa.-
Mi osservò per un po'.
-Da quanto tempo ti sembra diversa?-
-Da qualche mese. Direi da quando ho iniziato ad uscire con te.-
-E non credi che le due cose siano correlate?-
Accennai una risatina, voltandomi a guardarlo.
-Adesso non montarti la testa.-
Scosse la testa, mettendosi a ridere.
-Non parlavo di me. Non pensi che, magari, si è sciolta perchè l'hai fatto tu per primo?-
Aggrottai le sopracciglia.
-All'inizio parlavate di meno, giusto? E non le raccontavi nei dettagli dei tuoi amici o delle tue giornate. Forse è cambiato qualcosa quando hai iniziato a parlarne con lei e-
-Lo so che potrebbe essere per quello, ci ho pensato.-
-Mi fai finire?- disse ridendo, prendendomi il viso con una mano e stringendomi le guance.
-Sì, scusa.- risposi, sorridendo quando mi lasciò andare.
-Sicuro che sia lei ad essere cambiata? O è cambiato il tuo modo di vederla, in modo in cui la percepisci?-
Sbattei le palpebre, distogliendo lo sguardo dalla sua espressione così seria.
Mi morsi la guancia.
-Non lo so... devo pensarci.- borbottai, incrociando le braccia al petto, per qualche motivo troppo imbarazzato per ammettere che forse aveva ragione.
Studiò il mio viso per un po'.
-Ti ho fatto arrabbiare?- chiese con un sorrisetto sulla faccia, mostrandomi una fossetta.
Scrollai le spalle.
-Ancora no.-
Sorrise con fare divertito, dandomi l'ennesimo bacio sulla guancia della serata.
Rimanemmo per qualche minuto in silenzio, a guardarlo la televisione.
-Sei stato a casa di Robert oggi, per caso?- gli chiesi ad un tratto, girandomi verso di lui.
Spalancò un po' gli occhi.
-No. Me ne sono dimenticato, a dire il vero.- rispose, accennando una risata colpevole.
-Ma come, ieri sera mi hai fatto i complimenti per quella splendida idea e già te ne eri dimenticato?- borbottai, fingendomi offeso.
Sorrise.
-Hai ragione, scusa. Dirò a Dom della tua fantastica idea e farò in modo di andare a casa di Robert questo fine settimana. Poi ti farò sapere come andrà.- disse, guardandomi con quei suoi gentili occhi blu per tutto il tempo.
-Okay.- mormorai quasi, troppo concentrato sulla voglia che avevo di baciarlo per poter continuare la conversazione. Avvicinai il viso al suo, e le nostre labbra si incontrarono a metà strada. Riuscimmo a smettere solo dopo qualche minuto. Ci scambiammo un sorriso, un altro bacio a stampo, e poi tornammo a sederci come prima.
Cambiando canale alla ricerca di un film da guardare, ne trovammo uno che interessava ad entrambi, che non avevamo mai visto e che, stranamente, aveva proprio un ragazzo gay come protagonista. "Tuo, Simon", era il titolo del film. Ricordavo vagamente di aver visto il trailer circa un anno prima, e di non essere andato a vederlo al cinema perchè non avevo ancora nessuno con cui andarci, all'epoca.
Il film sembrava abbastanza carino, e anche se non mi rispecchiavo quasi per niente nel protagonista per molti motivi, lo stavo trovando anche interessante, a tratti divertente e commovente. Mi era piaciuta una scena in particolare, fino a quel momento: il protagonista aveva immaginato i suoi amici, eterosessuali, che facevano "coming out" ai rispettivi genitori, e questi che, piangendo, rispondevano con cose tipo "lo sapevo, hai preso da tuo padre!". Era stato esilarante anche solo ascoltare la frase "mamma, papà, sono etero". Durante la pubblicità anche Cam aveva parlato del film nello stesso modo, ma capii subito che lo stava coinvolgendo più di me, e sospettavo fosse per il fatto che il protagonista aveva una famiglia splendida, ma alla quale non aveva ancora parlato del suo orientamente sessuale.
Ad un certo punto del film, mentre scartavano i regali di natale in famiglia, il protagonista disse ai genitori e alla sorella minore di essere gay. Il padre si era alzato dopo averglielo chiesto di nuovo, come per conferma, mentre la madre e la sorella erano rimaste lì con un'espressione dolce e dispiaciuta sul viso. Mi resi conto che Cam si era irrigidito, ma feci finta di nulla, e nessuno dei due disse niente. Solo che poi, più avanti, arrivò una scena stupenda e toccante, forse anche troppo. Il padre di Simon gli chiese da quanto sapesse di essere gay, e lui gli rispose che era da quando aveva tredici anni, così il padre capì che per quattro anni non aveva fatto altro che metterlo a disagio e farlo sentire sbagliato a causa delle sue continue battute sulle ragazze e sul genere femminile in generale, convinto di essere un padre simpatico; disse a Simon che gli dispiaceva, che gli voleva bene e che non avrebbe cambiato niente di suo figlio, poi si mise a piangere e lo abbracciò, stretto.
A quel punto del film Cam tolse il braccio da dietro le mie spalle, alzandosi di scatto.
-Cam? Dove vai?- chiesi, preoccupato.
-Bagno.-
Chiusi gli occhi, stringendo i denti. Gli tremava la voce, me n'ero accorto nonostante il suo tentativo di nasconderlo. Stava andando in bagno a piangere. Mi alzai subito, fermandomi davanti alla porta del bagno chiusa.
-Cam?-
Non rispose.
-Cam, apri?-
Si schiarì la voce.
-No, aspetta di là.- disse, un attimo prima di singhiozzare. Riuscii a sentirlo nonostante la porta chiusa.
Se avessi saputo che quel film conteneva una scena del genere, non gli avrei permesso di guardarlo. Faceva di tutto per non pensare al padre, e quella parte del film era l'ultima cosa che aveva bisogno di vedere. Era tutto quello che suo padre non aveva mai fatto o detto per lui, e forse, in fondo, sperava ancora che lo facesse, che gli chiedesse scusa per essere cambiato così profondamente e avere iniziato quasi ad ignorarlo solo perchè era gay, che lo abbracciasse e che gli dicesse che gli voleva bene, come aveva sempre fatto prima di quella fottuta "confessione".
Sapevo che aveva bisogno di sfogarsi e di stare da solo per qualche minuto, e anche se odiavo saperlo in quello stato, non potevo aprire la porta ed entrare ad abbracciarlo, se lui ancora non voleva. Mi morsi con forza una guancia, lasciando andare la maniglia e allontanandomi, fino a tornare nel salone. Guardai lo schermo per qualche secondo, rendendomi conto che ormai non riuscivo a pensare ad altro che non fossero le lacrime di Cam e il suo viso triste, andando in cucina e mettendo un pentolino con dell'acqua sul fuoco. Magari qualcosa di caldo lo avrebbe fatto sentire meglio...
Mi detestai per la mia inutilità, nel corso degli interminabili minuti che Cam passò in bagno. Da una parte volevo che dimenticasse suo padre a causa di tutto il dolore che ancora gli stava procurando, ma dall'altra volevo incoraggiarlo a rivederlo, almeno una volta, perchè ero sicuro che non avrebbe mai smesso di sentirsi in quel modo, altrimenti. Morivo dalla voglia di andare a prendere a pugni suo padre e di andargli a chiedere per quale cazzo di motivo avesse lasciato andare suo figlio via di casa a diciannove anni senza avere una minima reazione. Speravo almeno che, nel caso in cui se ne fosse pentito, stesse soffrendo ancora più di Cam, e che si sentisse abbastanza in colpa da sentirne il peso ogni giorno della sua vita.
Quella sera scoprii che, quando toccavano le persone a me care, diventavo cattivo, nel vero senso della parola.
Il cuore mi si fermò quando sentii la porta del bagno aprirsi e poi dei passi, fino alla cucina. Mi voltai, col petto stretto in una morsa. Sembrava distrutto, un cucciolo ferito con gli occhi rossi. Lo sguardo a terra e le mani chiuse a pugno, come se si vergognasse, come se avesse fatto qualcosa di male. Avrei voluto stringerlo, ma non mi sembrava ancora il momento giusto.

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