XVI | I Bet You Look Good On The Dancefloor

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Non c'era niente di meglio, per una bambina di 3 anni come Arche, del rumore dello scacciapensieri fatto di conchiglie raccolte con la mamma e Kidd, in una giornata di riposo a casa. Si ricordava la luce fioca del mattino invernale penetrare lentamente attraverso alle persiane di legno sottile, il respiro del suo fratellino, veloce e stabile proprio come lo era al tempo, e tanta, tanta tranquillità.

Una figura alla porta la guardava, solo loro due erano sveglie in tutta la casa, si sorrisero e la madre si avvicinò alla bambina. Le mani soffici sempre curate con un velo umile di smalto trasparente e le dita affusolate raggiunsero il viso della bambina dai capelli corti e blu.

Tre parole, due sguardi tenui dello stesso sangue:

"Tutto si sistemerà."

La voce della madre rimbombò con un eco apparentemente infinito, se non fosse stato per qualche passo davanti alla porta dell'infermeria, che fece aprire lentamente le palpebre della ragazza: una fitta lacerante la costrinse a strizzarle, sussurrando qualche imprecazione. Riusciva a percepire dei mormorii alla porta, ma Arche era ancora troppo disorientata per capirci qualcosa, così decise semplicemente di chiudere nuovamente gli occhi e tentare di riaddormentarsi, tuttavia non fece in tempo a sistemarsi sul cuscino che la porta si spalancò:

"Oh, finalmente! Ci eravamo tutti preoccupati così tanto, Arche-chan...! Siamo così felici di vederti!"

Bepo, Shachi, Uni e Penguin si inginocchiarono accanto al suo letto causandole un docile sorriso, non riusciva ancora a girarsi di lato, ma dopo diversi tentativi si mise seduta, con la schiena appoggiata al muro.

"Lo sono anche io, davvero. Sapete dirmi cosa...?" Accennò con lo sguardo alla sua spalla, si ricordava solo un grande dolore per aver risposto a quel pirata, il resto era tutto un buco nero.
Penguin abbassò la testa, vergognandosi di qualcosa che Arche non riusciva a capire, ossia il non essere riuscito a proteggerla, cosa che provava l'intero resto della ciurma, d'altronde.

"Harritz Kendyo, il capitano che hai affrontato...beh, ti ha trafitta con due lame appena vicino alla giugulare. Sei stata molto fortunata perché quelle lame erano molto sottili e di seconda mano, quindi sarà più facile del previsto la guarigione delle ferite, anche se..."

Bepo continuò: "Hai dormito per due giorni interi dopo l'operazione, e c'è bisogno di riabilitare i movimenti della spalla partendo dal più piccolo, adesso."

Arche annuì durante la loro spiegazione e alla fine, come diavolo aveva fatto? Perché non era riuscita a schivarlo? Maledetta ira funesta...ma almeno Kidd adesso avrebbe avuto un problema in meno. O forse no?

"Scusate, che fine ha fatto quel...coso?"

"Oh, intendi il capitano Harritz? Il nostro temerario capitano l'ha prima imprigionato e poi portato nella sua sala di sperimentazione!" Bepo sorrise dolcemente, ma la ragazza lo trovò solo ancora di più inquietante. "Probabilmente ora è ridotto in cubetti di due centimetri per due o quattro per quattro, a seconda dell'intensità di rabbia del capitano"

Shachi ridacchiò e intervenne con uno sguardo complice diretto agli altri tre: "Beh, è ovvio che sia così arrabbiato, non trovate? Ha fatto del male ad Arche-chan..."

Lei li guardò confusa, ma proprio quando era sul punto di chiedergli cosa intendesse, Trafalgar sbucò dall'entrata, era sudato e aveva molte più occhiaie del solito. Con un cenno minuscolo fece intuire ai suoi subordinati di lasciare la stanza.

Dopo che i pirati gli obbedirono, Arche lo guardò, cercando di decifrare quel suo volto apatico: certamente non aveva dato retta alla sua richiesta e si era fatta male, ma cosa avrebbe potuto fare davanti a un gradasso nonché potenziale fonte di pericolo per il fratello, fuggito da una settimana scarsa da un Buster Call? E poi, alla fine era viva, quello importava. Semplicemente, la prossima volta sarebbe stata più attenta e basta.

Law la fissò intensamente per un tempo indefinito. Era seduto su una sedia rotevole che aveva spostato accanto al suo letto, i gomiti poggiati sulle ginocchia come al suo solito, gli occhi stanchi che passavano da un occhio giallognolo all'altro, come se cercassero di comunicare, o forse di comprendere qualcosa. Improvvisamente interruppe quell'infinito contatto visivo che Arche aveva mantenuto confusa ma senza timore, abbassando la testa e prendendo degli occhiali in un cassetto tra la miriade di contenitori nella stanza.

"Non muoverti, ti toglierò le bende per esaminare lo stato della guarigione."

Percependo l'aria pesante creatasi in quel momento, unita alla voce monotona (più ferma di quella abituale), Arche decise di dargli retta e mettersi più comoda da seduta, aiutandolo a farsi raggiungere. Si alzò senza pudore la maglia e si coprì il petto con la coperta bianco latte, Law non sembrò esitare di una virgola, tenendo lo sguardo fisso sulle bende che avrebbe rimosso lentamente in seguito.

Ci fu qualche spasmo impercettibile di reazione alle sue mani fredde coperte dai guanti blu in lattice che esaminavano i punti sfiorandole la pelle:

"Se continui a muoverti così tanto riaprirai i punti," il chirurgo le stava finendo di riavvolgere la benda attorno alla spalla, ora. Posò gli occhiali lentamente,
"ma non credo che ti interessi qualcosa, giusto?"

Arche alzò lo sguardo mentre si rimetteva la maglia, "che intendi dire?"

"Non sembra che ti sia importato qualcosa del mio invito a rimanere sotto coperta, mi pare. Di conseguenza non credo che ti importi affatto di rimanere ferita, giusto?" assunse quella tremenda espressione saccente, stavolta ancora più presuntuosa del solito, con quelle sue sopracciglia inarcate mentre non osava spostare lo sguardo dalla ragazza, che ragionò con calma e lucidità.

"Non avevo altra scelta. Quel tizio aveva minacciato di uccidere mio fratello, non potevo lasciarlo lì, rischiando che potesse scappare o magari ferirvi." Fermamente gli rispose, raddrizzando di poco la schiena e ponendosi di fronte a lui, rimase a un metro circa di distanza.

Law sbuffò sarcasticamente con un'espressione amara sul volto. "C'era un'INTERA CIURMA di pirati sotto il comando di una supernova. Non ce lo saremmo fatti scappare; perché devi essere così testarda?"

Fu lì che Arche si iniziò a stancare di rispondere ai suoi commenti fin troppo sarcastici: certo aveva compiuto una scelta imprevista, ma cosa gli importava? Che danno gli avrebbe recato, rischiando la sua salute per il bene di suo fratello?

"Hey, senti, mi ci sono buttata addosso in preda alla rabbia, gliene ho dette quattro e lui me ne ha ficcate due nella spalla, tu sei un chirurgo della madonna che è riuscito a curarmi, fine. Non ho capito perché debba infastidirti così tanto."

Law si scompose e ricompose sulla sedia, come per trattenersi, ma stavolta la sua voce tradì la fermezza che cercava di ottenere.

"Ma cosa diavolo ti passa per il cervello? Hai idea di quello che avresti rischiato se ti avesse preso la giugulare? Non ci vuole una lezione della materna per farti comprendere le conseguenze delle tue azioni!"

"LE MIE CONSEGUENZE, ESATTO! QUINDI NON CAPISCO CHE CAZZO TI FREGHI!"

Trafalgar fu per un istante colpito dal suo innalzamento del tono di voce, perché nel suo sguardo si riusciva a leggere del tormento. Neanche lui sapeva come risponderle, forse perché aveva esagerato davvero a farle la ramanzina a causa delle ore di sonno inesistenti prese in quei due giorni, ma sentiva che ci fosse una risposta alla sua domanda a cui non voleva dare valore.

Probabilmente, fu proprio per questo che distolse subito lo sguardo e le diede di spalle, spostandosi alla scrivania e compilando qualche appunto con foga per calmarsi dieci minuti.

RADICI ||𝙌𝙪𝙖𝙣𝙩𝙤 𝙨𝙖𝙧𝙚𝙨𝙩𝙞 𝙙𝙞𝙨𝙥𝙤𝙨𝙩𝙤 𝙖 𝙫𝙞𝙖𝙜𝙜𝙞𝙖𝙧𝙚?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora