Cosa pensavi di fare, LouLou?

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Sono trascorsi quattro giorni da quando Louis ha discusso con Harry nel parcheggio del centro sportivo a Cobham e ancora non è riuscito a farsi passare la rabbia che ha provato quella sera.

Lo ha odiato così tanto in ogni momento, da quando ha fatto partire il suo numero e ha risposto quello stupido del suo ragazzo, amico o quello che è, da quando non ha potuto cacciare fuori suo figlio a calci perché a quanto pare tutti dicono che sia un talento, da quando litigandoci ha osato dirgli che non gli muore più dietro perché è cresciuto. Che stupidaggini. Quindi sì, lo odia, odia lui e odia suo figlio, odia tutto ciò che gli appartiene, e tutto ciò che vuole fare questa sera è andare a rimorchiare qualcuno per distrarsi e non pensare più a quello stupido. È riuscito a non pensarlo per quindici anni, che sarà mai una sola sera?

Sono circa le sei del pomeriggio, il sole sta cominciando a tramontare quando passa davanti al campetto per raggiungere il parcheggio e andare via. E nel farlo, si accorge di non essere solo. Joey è ancora lì, da solo, che sta giocando. Corre dietro a quel pallone come se ne dipendesse la vita, poi si ferma, fa qualche palleggio, ad un tratto fa una dannata rovesciata e a Louis manca un po' il fiato perché gli sembra di vederlo volare. E gli sembra di vedere lui.

Improvvisamente, non c'è più Joey in mezzo a quel campo, ma c'è il ragazzino che era quindici anni fa quando quel talent scout lo ha scoperto. Lui che sfogava su quel pallone tutte le sue frustrazioni, i suoi  punti di domanda per il futuro, tutte le sue paure. Sembra essere passata una vita fa e allo stesso tempo solo un giorno. In questo momento che sta guardando Joey, sembra praticamente adesso.

Ora capisce quello che si dice in giro: Joey è bravo. Davvero, davvero bravo. Non ha mai visto un ragazzino così talentuoso, e lo dice da allenatore della Primavera, dove ogni giorno vede giocare piccoli professionisti che potrebbero diventare calciatori da un momento all'altro. E si sente uno stupido per non averci creduto prima, per essersi lasciato fermare dal pregiudizio, per non essere passato in questi dieci giorni a vederlo soltanto perché non sopporta che il padre lo abbia rifiutato.

"Cosa ti ha fatto di male quel pallone?" la sua voce rompe il silenzio all'improvviso, bloccando bruscamente Joey che si ferma a guardarlo, con gli occhi grandi e il fiato corto. La palla rotola verso di lui, la ferma con il tacco, fa qualche palleggio e poi gliela ritira. "Non guardarmi in quel modo, non sto dicendo che giochi male. Anzi. Solo che sembri un po', non lo so, triste?"

Joey poggia la punta del piede sulla palla, bloccandolo. "Come lo hai capito?"

"Sono un calciatore, Styles" gli ricorda, per poi indicargli il pallone con un cenno della testa. Gli sembra così strano chiamare questo ragazzino in questo modo, fa ancora fatica ad associarlo ad Harry nonostante sia la sua esatta fotocopia. "Quello lì è stato il mio migliore amico per tanto tempo, dopo - " si interrompe, realizzando soltanto in questo preciso momento la verità di ciò che sta per dire. Il calcio ha sostituito l'assenza di Harry. Non se ne era mai reso conto, fino a questo istante. "Dopo la scuola. Non sapevo cosa fare da grande, questa cosa mi faceva stare male, e passavo le mie giornate nel campetto sotto casa a giocare. Sono stato scoperto per caso da un talent scout di passaggio. Voglio dire, so cosa significa rifugiarsi in quello lì quando stai male per qualcosa."

Il ragazzino si sente improvvisamente nudo, ma capito. Non era mai stato in un ambiente così, con persone come Louis che giocano a calcio e capiscono con uno sguardo e dal modo in cui si gioca quando c'è qualcosa che non va. Sarà per questo che la prima volta da sabato sera trova il coraggio di esternare il suo problema. "Ho litigato con mio padre."

"Oh" sospira Louis, sorpreso. Si tratta di Harry, dunque. "Per quello che è successo con Logan?"

Joey afferra il pallone da terra, prima di sedersi sull'erba umida del campo. Improvvisamente, tutta l'energia che stava avvertendo giocando, sembra essersi dissolta nel nulla. "Non ho mai fatto una cosa del genere, Louis. Non ho mai colpito qualcuno. Mio padre - lui, lui è così bravo, è dal mio primo giorno d'asilo che mi ripete che la violenza non è la risposta, si è impegnato così tanto per farmi diventare un ragazzo responsabile e pensavamo entrambi che ce l'avesse fatta. Ora non lo so più. Lui non mi parla da sabato e io ho paura che abbia sprecato solo tempo ad educarmi. Forse sono una persona violenta, forse non mi merito tutta la fiducia che mi ha dato in questi anni."

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