Capitolo 9

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Spazio autrice:

Buongiorno e buon inizio settimana con un nuovo capitolo <3
Se vi va, lasciate qualche commento <3

Daniel

Avete presente quando vi svegliate con una strana sensazione e questa vi rimane addosso tutta la giornata? Ecco, è così che mi sento.
Non credo si tratti di un presentimento negativo, ma sono comunque irrequieto perché quando mi sento così, qualcosa accade per davvero.
Passo il sabato mattina a non far nulla, controllo delle email di lavoro e finisco di leggere il libro fantasy. Credo proprio che questo romanzo abbia del potenziale, e sono sicuro che potrebbe diventare un successo, dopodiché, mi preparo per uscire a pranzo con Liam in un posto non troppo lontano da casa. Oggi non ho proprio voglia di far nulla, neppure di andare alla stupida festa di inaugurazione.
Restiamo al ristorante più tempo del dovuto, Liam mi racconta di aver conosciuto una ragazza giovedì sera e di averci fatto sesso, niente di nuovo, se non avesse scoperto solo dopo che la tipa dovrebbe sposarsi tra un mese.
Credo sia ancora sconvolto per questa confessione.
Lui odia i tradimenti e trovarsi all'interno di una cosa del genere lo fa sentire sporco.
Cerco di tranquillizzarlo, d'altronde prima di andarci a letto non ne sapeva nulla.
«Non aveva neanche l'anello di fidanzamento!»
«Se lo sarà tolto per la serata» rido.
«Non c'è nulla di divertente! Adesso quel povero cristo avrà le corna a vita, non puoi capire come mi sento!»
Bevo un sorso di vino per schiarirmi la gola. «Liam, il mondo è pieno di gente cornuta. Quel ragazzo probabilmente sarà stato tradito tantissime volte, non credo che tu sia stato il primo. Non pensarci più, magari anche lui la tradisce, non possiamo saperlo. Vai avanti e basta!».
Chiudiamo così il discorso e reprimo lo strano bisogno che sento di parlare di Amy col mio migliore amico, perché Liam è un romanticone e potrebbe farsi strane idee, idee che assolutamente non voglio ascoltare.

La giornata passa troppo velocemente, succede sempre così quando devi fare qualcosa che non ti va, quel momento arriva più veloce della luce e non puoi fare nulla per evitarlo.
Sono già al mio secondo drink e sono arrivato da meno di dieci minuti. Non ho intenzione di ubriacarmi ma per ora ho bisogno di alleggerire la tensione.
Ci sono tante persone importanti, i miei colleghi, ma non vedo né Liam, né Michael.
Finisco di bere e inizio a girare per questi enormi uffici fin quando non scorgo i capelli biondi del mio amico che a quanto pare è impegnato in una conversazione proprio col capo e un altro uomo che non conosco.
«Oh, eccoti!» esclamano in coro.
«In realtà ero nell'altra stanza, vi cercavo» dico.
Stringo la mano del tizio che mi sta si fronte. Indossa un completo che varrà tantissimi soldi e mi viene spiegato che è il figlio di un avvocato molto conosciuto, si chiama William e da oggi è il nuovo legale del giornale.
Non so perché, ma il suo viso mi sembra di averlo già visto. Per fortuna si congeda dopo un po', insieme alla sua faccia di culo e la sua aria altezzosa è così, mi ritrovo solo con Liam.
«Ti annoi?»
«E me lo chiedi?»
Sorride comprensivo . «Ci sono un sacco di belle ragazze stasera»
«La maggior parte sono colleghe e molte sono qui con i loro uomini, o vuoi ripetere l'esperienza?» scherzo.
Mi lancia un'occhiataccia «Ci sono anche ragazze non college, single».
Gli lascio una pacca sulla spalla «Buona fortuna allora».
Faccio per allontanarmi «Dove vai?»
«Nel mio ufficio, scenderò tra un po'».
«Stacanovista!» mi prende in giro e mi strizza un occhio.
«Almeno faccio qualcosa, qui mi annoio».
Raggiungo l'ascensore e così il piano. Ah, la pace.
Non c'è nessuno e mi godo questo momento, non succede quasi mai, ma quando accade, è bellissimo. Smetto di sorridere all'instante quando mi accorgo che la luce del mio ufficio è accesa e mi allarmo subito. Sarà salito qualcuno a sbirciare?
A grandi falcate entro nella stanza ma tutto quello che riesco a vedere è lei.
Alza la testa di scatto quasi spaventata e si porta una mano sul cuore.
«Cristo, che paura!» afferma.
Che... che ci fai qui a quest'ora?»
«Ho dovuto sostituire una collega, e Michael ieri non ci ha permesso di pulire il piano»
«Capisco...» la osservo e noto subito che la divisa seppur di un colore insignificante, le sta bene. Si affretta a togliere la polvere e con cura sposta il mio computer e alcune scartoffie.
Faccio per aiutarla ma lei mi sposta la mano.
«Volevo solo esserti d'aiuto».
«Si, lo so» non alza lo sguardo. «Ma questo è il mio lavoro, non il tuo».
Soffia nervosamente via una ciocca di capelli sfuggita allo chignon.
«Come stai?» chiedo. Mi appoggio al divanetto mentre lascio che lei finisca.
«Bene...» risponde frettolosamente.
«Sei stanca?»
Finalmente si decide a guardarmi in faccia e lascio che i suoi occhi vaghino sul mio corpo.
È stanca morta, è chiaramente visibile eppure, è bella.
«Un po'» si decide a rispondermi.
Annuisco in silenzio. «Senti, non c'è bisogno che lavi qui, è pulito».
«Cos'è, mi stai facendo la carità?» il suo tono acido non passa inosservato e un po' la sua risposta mi spiazza.
«Carità? Ti sto dando la possibilità di andartene prima».
«Oh!» esclama con finto entusiasmo, «Grazie signore» sbatte le ciglia per poi smettere di parlarmi. Inizia a lavare frettolosamente il pavimento lasciandomi beatamente ammirare il suo di dietro.
«Ti chiedo scusa per l'altra volta, sai quando me ne sono andato».
«Non fa niente».
«La tipica risposta femminile che invece nasconde qualcosa».
La sento sbuffare «Cosa dovrei nascondere Daniel?»
«Allora ricordi il mio nome!» sorrido.
In risposta lei sbuffa di nuovo.
«Non devi scusarti di nulla...».
«Invece credo di sì, avrei dovuto salutarti» le dico sincero.
«No, io ho capito. Potrebbe essere imbarazzante per un uomo come te, farsi vedere con una che pulisce le vostre schifezze e i cessi pubblici».
Resto di stucco nel sentire le sue parole «Ma di che cazzo parli? Non osare parlare così di me Amy!»
Sono arrabbiato, ma come le viene da pensare una cosa del genere, io non sono così per niente.
«Non osare più insinuare che io abbia finto di non conoscerti perché sei una donna delle pulizie, per me il lavoro è sacro e nobile, qualunque esso sia».
Esco dalla stanza esterrefatto, in attesa che lei finisca di pulire e quando la vedo uscire mi accorgo subito che la sensazione che sentivo da stamattina è andata via, dovevo incontrare lei, ecco perché mi sono sentito così tutto il giorno.
«Scusami per ciò che ho detto» sussurra.
Sistema tutto sul carrello e fa per andarsene ma sento scattare qualcosa dentro di me. «Avrei voluto salutarti ma è anche vero che dopo quella nottata non avremmo più dovuto vederci così sarebbe stato come se non fosse accaduto nulla. Ci ho rimuginato troppo su quel giorno, mi dispiace...» mi avvicino di qualche passo.
Stringe il manico del carrello e sorride comprensiva «No, tu hai ragione. Ora però dovrei proprio andare».
Inizia ad incamminarsi ma si blocca subito quando mi sente parlare.
Neanche io so cosa sto facendo, il cervello sembra andare per i fatti suoi «Vieni a cena con me!»
Si volta nella mia direzione, con un mezzo sorriso sulle labbra. «Daniel, perché dovrei venire a cena con te?»
«Perché possiamo essere due buoni amici che vanno a cena insieme. Ti stupirà sentirlo ma non vado a letto con tutte. In ufficio ho delle colleghe con cui vado molto d'accordo, senza il bisogno di doverci fare sesso». Nervosamente attendo una risposta ma lei sembra non volerne sapere.
«E le porti a cena?» chiede curiosa.
«A volte ci vado a pranzo». Raramente, ma succede.
Scuote il capo «Non verrò a cena con te» il suo tono non ammette repliche e subito comprendo che non l'avrò vinta facilmente.
«Perché no?»
«Perché io e te siamo stati a letto insieme, non funzionerebbe». È evidente che sta pensando a qualcosa mentre pronuncia queste parole.
«Hai paura di cedere al mio fascino?»
Lei inarca un sopracciglio e io mi accorgo di aver detto la cosa più sbagliata in un momento simile.
Ma lei quasi ride e la prende, inaspettatamente, sullo scherzo «No, perché tu potresti cedere al mio fascino, Mister "io scopo e basta"».
«Quindi non verrai a cena con me?» chiedo di nuovo.
Porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, vorrei averlo fatto io. «No!» ma capisco dal suo sguardo, lo stesso che aveva quella domenica mattina a colazione, che mi desidera, quindi potrei anche insistere perché lo sento, cederebbe. Alla fine però, a malincuore, decido di lasciarla andare. Si congeda con un cenno e io rimango impalato a fissarla mentre si allontana.
Sembra quasi che questo momento non sia mai esistito.
Spengo la luce del mio ufficio, non ho più voglia di restare qui né tanto meno di scendere alla festa così decido di tornarmene a casa e ordinare cibo d'asporto.
Attendo l'ascensore e quando sono nell'atrio mi accorgo che sta piovendo a dirotto e che c'è un vento talmente impetuoso che impedisce ad una ragazza di mia conoscenza, di aprire la porta.
Si è cambiata, indossa dei jeans che a mio parere le fasciano il fondo schiena divinamente e sta tentando invano di aprire quella porta che già di suo è pesante, figurarsi con un vento che potrebbe farci volare entrambi.
Mi avvicino e appoggio una mano sulla sua «Credo che non sia il caso di uscire con questo tempaccio». La sento sospirare pesantemente e come scottata allontana la mano dalla mia.
«Perfetto» sussurra sconfortata.
Le lascio un po' di spazio «Davvero credevi di poter uscire?»
«Avevo chiamato un taxi, ma credo se ne sia anche andato».
«Speriamo smetta presto, ho la macchina proprio qui fuori, posso darti io un passaggio».
Mi guardo intorno e l'atrio è stranamente vuoto, così ne approfitto per osservarla meglio.
Noto che con la coda dell'occhio mi sta guardando ma quando si accorge che sto facendo lo stesso si allontana sculettando alla ricerca di qualcosa, forse una via d'uscita.
«Che stai facendo?»
Giuro che non riesco a smettere di fissarle il culo.
«Devo tornare a casa, ho una video ricetta da fare». Come pensavo.
Ancheggia fino alla porta e lei non sa che sta mettendo a dura prova la mia pazienza.
La vedo tirare una porta che è quella d'emergenza così, a grandi falcate mi avvicino e cerco di bloccarla portando le mie mani sul suo addome. Lei continua a spingere e presto ci ritroviamo attaccati, io con il mio petto contro la sua schiena.
«Sembra che tu voglia scappare» continuo a stringerla per non farla andare via e perché se questa porta si apre, correranno tutti giù.
«Ho una video ricetta e avevo ordinato una pizza» dice, ma il suo tono la tradisce.
«Ti accompagno io a casa».
Per fortuna smette di tentare la fuga e si rilassa. Ne approfitto per prenderle la mano e quando arriviamo accanto alla porta di entrata le dico «Sei pronta?»
«Per cosa?»
«Ho il presentimento che questa tempesta non passerà in fretta, che ne dici di correre verso la macchina?»
Amy sbarra gli occhi «Ma sei impazzito?»
«Ma se fino a dieci secondi fa volevi dartela a gambe!»
Resta in silenzio perché non c'è replica che tenga e poi annuisce.
«Ok».
Apro la porta con tutta la forza che ho in corpo e mentre ci teniamo per mano corriamo come due matti contro la tempesta che sembra quasi volerci portare via con sé.
Fortuna che esistono le macchine che si aprono col telecomando.
Entriamo in auto fradici, il silenzio rotto solo dai nostri respiri affannati. Mi giro a guardarla: la camicetta inzuppata aderisce perfettamente alla sua pelle lasciandomi intravedere il reggiseno, il sorriso divertito le incornicia il volto e i suoi occhi, i suoi occhi sono su di me.
Ci fissiamo per una frazione di secondo, fin quando stanchi, ci tuffiamo l'uno sulle labbra dell'altro, in un bacio che di casto e dolce non ha proprio nulla.

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