Daniel
Mi era mancato questo lato del mio lavoro: il mio ufficio, il profumo di carta stampata, la mia scrivania che non smetto di accarezzare da almeno cinque minuti e il mio amatissimo mac.
Mi sono mancati addirittura i miei colleghi, ma soprattutto il sentire Michael chiacchierare al telefono e la puzza della sua sigaretta che si diffonde nell'aria.
Appoggio il mio zaino e decido di saltare nel suo ufficio per un saluto anche perché conoscendolo, vorrà sicuramente il resoconto di questi ultimi quattro mesi.
Attraverso il corridoio un po' sulle mie quando noto una donna delle pulizie piegata a raccogliere dei fogli, non dovrei sentirmi così ma il solo pensiero che lei stia continuando a lavorare qui, il solo pensiero di doverla vedere quasi tutti i giorni mi fa impazzire, ma quando mi volto di nuovo per esserne sicuro mi trovo davanti una donna magra, col suo stesso colore di capelli, ma molto più adulta. Questo sì che è stato un brutto scherzo. Sento ancora il cuore pompare troppo forte, troppo forte per una persona che guardandomi negli occhi mi ha chiesto di rimanere amici.
Amici.
Interrompo subito i miei pensieri quando mi ritrovo davanti Michael che mi sorride.
«Eccoti qui! Bentornato!»
Mi accomodo sulla sedia di fronte alla sua scrivania e gli sorrido, «Felice di vedermi?»
«Abbastanza. Ogni volta che passavo davanti alla tua scrivania e la vedevo vuota, mi faceva una strana sensazione».
Scuoto il capo «Ti ho abituato male» lo prendo in giro.
«A pensarci bene, è così... difficilmente ti assenti dal lavoro».
Annuisco «Comunque, è andato tutto bene, monitoriamo la situazione, potrebbe diventare un best seller importante».
«Su questo non ho dubbi e l'autore mi è sembrato molto soddisfatto».
«Chi non lo sarebbe al suo posto?»
Parliamo per un po' del lavoro, del tour fin quando non mi congedo, avrò migliaia di email arretrate.
«E con quella ragazza? Come va?» mi blocco con le mani strette al poggiabraccia della sedia e il culo a mezz'aria... questa domanda proprio non me l'aspettavo.
«Beh... siamo amici...» Cristo, ogni volta che penso o pronuncio questa parola collegata a lei, mi viene la nausea.
«Ma non stavate insieme o qualcosa del genere?» chiede curioso.
Mi alzo velocemente, in modo tale da chiudere la conversazione il più presto possibile «Diciamo che a volte le cose non vanno come vorremmo...» mi aggiusto la cravatta, gli sorrido e mi defilo.
Più cerco di non pensare a lei, più diventa difficile riuscirci.La giornata passa veloce e ribadisco, mi era mancato stare qui. Alle diciannove in punto spengo il computer e rimetto tutte le mie cose nello zaino, ho bisogno di una birra fresca e di un po' di compagnia.
«Ehi» incrocio Liam nei corridoi e il caso vuole stesse venendo proprio da me. «Non ci siamo proprio visti oggi».
«Già, scusami, stamattina sono uscito presto da casa e quando sono arrivato qui mi sono messo subito a lavoro, avevo un miliardo di cose da fare».
«Ok...» lo guardo di sottecchi. «Ti andrebbe una cena da qualche parte? Birra e panino? Birra e pizza?»
Liam ride «Tutto purché ci sia la birra eh?»
«Si» mi lecco quasi i baffi «ne ho proprio voglia».
«Io stavo venendo da te per dirti che ehm... Alex ci ha invitato ad andare nel locale che stanno ristrutturando, stasera».
«Di che parli?»
«Non ne sai nulla?» chiede stupito.
Scuoto il capo e gli faccio cenno di raccontarmi tutto mentre arriviamo alla macchina. Così, scopro della pasticceria che Amy e Alex stanno per aprire, di quanto sia carino il posto e della piccola cena improvvisata lì stasera.
«Non mi aspettavo tutto questo, è un grande passo per loro».
«Già. Allora? Sei dei nostri?»
Faccio spallucce, mi farà piacere rivedere la mia nuova amica.Amy
Lo amo.
Amo questo posto più di qualsiasi altro luogo al mondo e lo sento già come casa.
Raggiungo la cucina ancora deserta e cerco di immaginarmi come sarà. Il tavolo da lavoro al centro, i macchinari tutto intorno, quasi riesco a sentire anche l'odore di dolce che impregnerà questo posto.
Sospiro entusiasta e afferro due bottiglie di vino portate dai ragazzi per poi raggiungerli con un gran sorriso.
Stasera sono così felice che neanche la presenza di Daniel mi scalfisce.
Se ne sta seduto al tavolo improvvisato e sembra sentirsi a suo agio qui, come tutti d'altronde.
Stasera festeggiamo la quasi fine dei lavori. La settimana prossima ritinteggeremo le pareti e poi arriveranno i mobili e la mia amata cucina.
«Brindiamo a questo posto meraviglioso!» esclama Sofi.
Alziamo tutti i calici e li facciamo tintinnare tra di noi e non so se mi impressiono ma credo di aver scorto un sorriso fiero e dolce sulle labbra di Daniel.
Mi sono ripromessa di non pensarci troppo. So di avergli detto una delle cazzate più grosse della mia vita, perché sono consapevole che non saremo mai amici, ma forse, anche fingere di provarci non ci farà male.
«Smettila di guardarlo» la mia migliore amica mi lascia una gomitata.
«Non lo sto guardando» sussurro.
«Le punte dei tuoi occhi si però!»
«Non è vero!»
«Invece sì».
Una terza voce si inserisce nel nostro battibecco. «Ha ragione la mia ragazza» dice Tommy «ma anche lui, con gli sguardi non scherza» sorride dietro al suo bicchiere pieno di vino.
«Siete entrambi brilli» affermo.
«Sarà» fanno spallucce «ma non puoi mentire a te stessa».
Non mento a me stessa, vorrei ribattere ma decido di starmene zitta anche perché entrambi si sono voltati dall'altra parte e stanno ridendo ad una battuta di Alex.
È tutto inutile, ho fatto tanto per ignorarlo, per dimenticarlo ma c'è qualcosa che mi impone di lasciarlo andare totalmente, il gruppo di amici stesso probabilmente, ma la colpa è anche mia. Mia perché non riesco a non guardarlo per più di un minuto. Ma com'è possibile? È come se avessi una calamita incorporata e lui fosse un bellissimo frigo. Mi attira ed è difficile resistere alla tentazione.
Un po' di forza di volontà Amy, mi dico e credetemi, non è mai stato così complicato tenere lo sguardo altrove. Ricordo che a scuola ero bravissima a fissare un punto indistinto quando la professoressa dichiarava che avrebbe interrogato, mai e poi mai avrei incrociato il suo sguardo, invece adesso...
Mi sento così stupida, se fingo di interessarmi a qualcos'altro potrebbe accorgersi che sto facendo di tutto per non incrociare il suo sguardo ma se invece mi lasciassi andare sarebbe nostri sguardi potrebbero incrociarsi e cosa accadrebbe? Dovrei sorridergli? Lui mi sorriderebbe?
Con molta probabilità faremmo finta di nulla.
Sospiro e combatto contro me stessa, così per l'intera serata.
Si può essere più pigri di questo pittore? Mi sto davvero innervosendo.
Fischietta, poi beve un sorso d'acqua, poi mi chiede cose personali e ancora, fischietta, esce per fumare una sigaretta, così per metà mattinata.
Scrivo un messaggio veloce ad Alex: "Non possiamo tenerlo!"
"Ma è così carinooo!"
"Carino e nulla facente, non possiamo pagare uno che non lavora! Doveva metterci due giorni ma se continuiamo così ci metterà un'eternità!"
Mangiucchio un'unghia e bevo un sorso di caffè in attesa della sua risposta "Va così male?"
"Malissimo! Io ho esperienza con la pittura, posso provarci e nel frattempo cerchiamo qualcun altro, che ne dici? La sua risposta affermativa mi migliora la giornata e così, appena il tizio entra sono pronta a licenziarlo, ma purtroppo per me, non è solo.
«Daniel...»
«Amy, buongiorno» mi sorride gentilmente mentre il pittore ci fissa entrambi con un sopracciglio inarcato.
«Mi rimetto a lavoro?»
Spontaneamente scuoto il capo, ignoro Daniel e mi rivolgo al ragazzone di fronte a me. «Potrei parlarle in privato?»
«Certo...»
Raggiungiamo il laboratorio e divento rossa quando cerco di mettere insieme una frase completa per licenziarlo, voglio dire, non ho mai dovuto licenziare nessuno, non è una passeggiata!
«Ehm... ecco...»
Il pittore mi scruta, con le mani sui fianchi e un sorriso sbarazzino «Vuoi chiedermi di uscire? Perché per me andrebbe bene, non sei male» mi squadra da capo a piedi e mi rivolge un sorriso sdolcinato.
Bleah!
«No! No, assolutamente no!» rispondo sdegnata e con la voce più alta del normale. «Senti, sei arrivato qui alle otto stamattina sebbene l'appuntamento fosse per le sette e trenta, e va bene, ho sorvolato ma non posso farlo anche sulle tue mille pause. In quattro ore hai completato mezza parete! Ti paghiamo ad ore e se continuiamo così ci costerai più dell'intero locale, quindi no, non voglio chiederti di uscire, anzi si, esci da quella porta e non farti più vedere!» sorrido gentile, con le guance in fiamme.
«Mi stai licenziando?»
Annuisco «Non posso fare altrimenti».
Sbuffa pesantemente, «Ma questo è ridicolo!»
«Io direi proprio di no. Non faresti bene alle nostre finanze».
«E questa mezza giornata me la paghi vero?»
«No!» mi altero «Non hai combinato nulla».
«Assurdo, tu devi pagarmi!»
Dei passi attirano la nostra attenzione ed entrambi ci voltiamo verso il corridoio. «Va tutto bene Amy?» chiede.
«Si, tutto sotto controllo».
«No invece! Questa stronza non vuole pagarmi».
«Scusami?» chiedo incazzata nera. Mi ha davvero dato della stronza?
«Che hai detto?» risponde Daniel alterato.
«Ho detto che deve pagarmi altrimenti la denuncio!»
Daniel, che anche se indossa una tuta sembra uscito da una rivista di moda, si avvicina minaccioso al pittore, o almeno a quello che credo sia un pittore «Chiedile scusa per il termine poco educato che hai usato e forse potremmo ragionare».
Si guardano in cagnesco e quando il ragazzo nota che Daniel non demorde decide di cedere.
«Quanto vieni pagato ad ore?» chiede.
«Mi faccio pagare venti dollari l'ora».
«E quante ne hai fatte?»
«Quattro» afferma.
«Quattro? Quattro?» la mia voce squillante attira di nuovo l'attenzione del mio ex.
«Sembri sull'orlo di una crisi di nervi» dice.
«Perché lo sono! Non gli pagherò ottanta dollari perché sarà stato qui anche quattro ore, ma in tutto avrà lavorato un'ora se non di meno!»
Daniel mi guarda sconvolto, credo non mi abbia mai vista così adirata «Amico» si rivolge al pittore «credo che questi siano tuoi». Gli molla venti dollari «Prendili senza discutere e vattene. Ogni tanto bisogna essere onesti con sé stessi. In quattro ore, avresti dovuto finire almeno due pareti» gli lascia una pacca sulla spalla senza mollare il suo sguardo un solo secondo fin quando finalmente, quel farabutto si allontana imprecando sotto voce.
Tiro un sospiro di sollievo e cerco di darmi una calmata, credo che i miei capelli si siano rizzati e le mie orecchie stiano per andare a fuoco.
«Meglio ora?»
«Si...» raggiungo la borsa in cerca del mio portafogli e tiro fuori venti dollari «Questi sono tuoi».
Daniel si scosta un po', infastidito dal mio gesto. «Che stai facendo?»
Tentenno un po' ma non demordo «Ti sto restituendo i venti dollari che hai dato al pittore» rispondo ovvia.
Sorride forzatamente e annuisce «Certo, giusto».
Restiamo per un po' in silenzio con solo il rumore delle onde in lontananza a tenerci compagnia fin quando, stanca di questa situazione, non decido di porgli una domanda più che lecita. «Come mai sei qui?»
«Credo di aver perso qui il mio portafogli...» ammette.
«Oh, non credo di averlo visto da queste parti».
«È dalla sera della cena che lo cerco» si gratta il capo «così ho pensato di venire a dare una controllata anche qui».
Mi guardo intorno e inizio a cercarlo, il locale è ancora semivuoto quindi dovrebbe essere semplice trovarlo se è qui.
Senza aggiungere altro anche lui si unisce alla ricerca, passano venti minuti buoni, ma nulla, il portafogli qui non c'è.
«C'è ancora un posto, controllo lì» sorrido.
Raggiungo il piccolo bagno, quello riservato a me e Alex ma neanche qui c'è traccia del suo portafogli.
Dispiaciuta ritorno nella stanza centrale «Niente... mi dispiace...»
Daniel si volta di colpo «Trovato!». Me lo mostra entusiasta e se lo infila in tasca.
«Dov'era?» chiedo stupita.
«Dietro a quel pilastro» dice frettolosamente e sebbene la cosa mi sembri sospetta lascio perdere.
«Allora... ok...» afferro un secchio contenente la pittura e lo avvicino un po' al muro sotto lo sguardo attento di Daniel.«Che combini?» chiede serio.
Gli mostro la parete «Non è completa, è stava venendo uno schifo, ci penserò io ad aggiustarla».
«Sei seria? Tu sai imbiancare?»
Annuisco fiera. «Mio padre è sempre stato uno di quegli uomini che non amava spendere i soldi, così, quando finalmente si convinse che era arrivato il momento di ritinteggiare le pareti di casa nostra, ingaggiò tutta la famiglia e cioè me, mia madre e lui, mia sorella ci ha sempre snobbati».
Già, troppo impegnata a mostrare le sue doti di studentessa perfetta e ci tengo a sottolinearlo, in determinate occasioni, come quando ritinteggiammo casa, lo studio diventava solo una scusa per non sporcarsi le mani, solo che i miei non potevano saperlo.
«Mmh, capisco. Quindi mi stai dicendo che ci penserai tu a trasformare queste pareti?»
«Esattamente». Salgo sulla scala e inizio a mettermi all'opera sotto il suo sguardo attento ed esterrefatto.
E no Daniel, non si fa così.
Smettila di guardarmi il sedere!!!
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Lasciati andare
Chick-LitAmy Wheeler non sta vivendo il periodo più felice e semplice della sua vita, sente il bisogno di una svolta radicale e grazie alle idee strambe di due amici si ritroverà al centro di una scommessa piccante. Daniel è un uomo che sa quello che vuole...