jisung - sick in the head

1.4K 40 9
                                    

personaggi: han jisung x lettrice femminile
genere: angst, fluff/soft, da dottoressa e paziente a fidanzati
tw: disturbi mentali, autolesionismo, violenza domestica, sedute psicologiche

«Jisung-ah!» salutasti il ragazzo appena entrato nel tuo studio, per la sua quinta seduta. I suoi occhi erano contornati da tristi occhiaie, il suo volto sciupato e disperato. Si mise a sedere di fronte a te, sforzando un sorriso. «Noona» mormorò, per poi spingere la sedia coi piedi più vicino al tavolo. «Sei riuscito a dormire?» gli domandasti, sistemando il tuo camice. Jisung aveva appena due anni in meno di te, ed occuparti di lui ti faceva stare male. «Sì, noona» sorrise. «Non devi mentirmi, Jisung» gli dicesti, avvicinandoti anche tu al tavolo per indicare le sue occhiaie. «Sei molto stanco. Perché non dormi?» gli chiedesti delicatamente. «I miei genitori ormai litigano anche la notte, l'ultima volta mi hanno picchiato entrambi» ti spiegò con tono piatto, guardando le tende color crema oltre la tua figura. «Jisung-ah...» sospirasti. «Chiamerò aiut-» cominciasti a dire. «No! La prego, noona! Sto bene!» si agitò, poggiando le mani sulla scrivania. «Jisungie, hai vent'anni, puoi decidere tu dove andare e se andare. Sceglieremo bene un bel posto e ti troveremo un lavoro» sorridesti, allungando incerta le tue mani verso le sue, preoccupandoti di un'eventuale reazione brusca. Con un po' di coraggio, riuscisti ad avvolgere le sue dita nella tua presa. Lui portò il suo sguardo ai tuoi occhi, per poi abbassarlo alle vostre mani. «Ora ti spiego tutto, ed insieme riusciremo a trovare una soluzione» gli intimasti, accarezzando i dorsi delle sue mani, ruvide dalle ferite provocate dai pugni sul muro. «Ce la faremo, sì Jisung-ah?» lo invitasti a risponderti. Lui continuò ad osservare le tue mani accarezzare le sue, facendosi debole. «Sì» sussurrò. Tu sorridesti e stringesti più forte le sue mani, lui ricambiò lievemente il sorriso.

***

La trentesima seduta con Jisung, e finalmente i suoi capelli erano morbidi e dolcemente spettinati, le sue guance paffute erano piene ed i suoi occhi grandi brillavano, seppure ancora contornati da qualche stanca occhiaia. «Jisung-ah!» lo salutasti, come ogni altra volta. «Noona!» rispose lui, sorridendo ed andando a sedersi vicino a te. «Come stai?» gli domandasti, prendendo la sua cartella dall'alta pila che avevi accanto. «Bene» rispose, poggiando i gomiti sulla tua scrivania. «Sono felicissima» commentasti, giocherellando con la tua penna. «A lavoro, con la casa?» gli domandasti. Lui premette tra loro le labbra, saltellando un po' sulla sedia, trattenendo un grande sorriso. Tu gli rivolgesti uno sguardo scherzosamente malizioso, alzando un sopracciglio. Lui scoppiò in una risata contenta. «Ho trovato un affitto che posso permettermi, abito già da solo» ti disse, avvicinandosi. Tu sorridesti ampiamente, gli angoli della bocca ti facevano anche male, il tuo petto si era praticamente rinfrescato dall'interno, ed il tuo cuore scoppiava di felicità. Ti alzasti e lui fece lo stesso, gli andasti incontro stringendolo in un abbraccio forte. «Congratulazioni Jisungie!» squittisti, mentre lui ricambiava timidamente l'abbraccio. «Sei stato forte» gli mormorasti, accarezzando la sua schiena. «Ero sicura che ne saresti uscito» continuasti. «È successo tutto grazie a te» sussurrò lui. «No Sungie, sei stato tu ad avere la forza di uscirne e ricominciare da zero» nonostante non lo stessi più stringendo, tenevi ancora i suoi gomiti e lo guardavi in viso, intenerendoti alle sue guance lievemente rosse. «Mi mancherà non vederti tutte le settimane» ammise. «Ieri stavo pensando a quando siamo andati nella casa famiglia» sorridesti. «Quando abbiamo trovato quel posto al comune» continuasti. «Ti voglio bene» lo abbracciasti ancora. «Anche io, noona» rispose lui, ma sapeva di stare chiaramente mentendo. Jisung non ti voleva bene, ed il suo cuore glielo stava urlando, quasi scoppiando dalla sua cassa toracica. Dopo così tanto tempo passato assieme, Jisung era abbastanza sicuro di amarti, piuttosto. «Sungie» lo richiamasti, separandoti lentamente da lui. «Hai mai cucinato con qualcuno?» gli domandasti, saltellando sulle punte dei tuoi piedi. «Uhm, no» rispose lui, confuso. «Stasera ci vediamo a casa tua! Mi vieni a prendere qua, e cuciniamo qualcosa da mangiare!» gli dicesti. Lui sbatté le palpebre qualche volta, elaborando ciò che gli avevi appena comunicato. «Sì, certo» borbottò. «A che ora torno a prenderti?» domandò. «Alle otto» rispondesti. Lui annuì.

stray kids x immagina | richieste aperteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora