hyunjin - i'm not cool

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requested: per @plumered
personaggi: hwang hyunjin x lettore maschile
genere:  fluff
tw: sigarette, menzione di alcool ma non c'entra con i protagonisti
disclaimer: mi è stata lasciata carta bianca per questa shot, spero sia di tuo gradimento!
buona lettura <3
- cynda

Ogni giorno era faticoso alzarsi, vestirsi e prendere i mezzi, l'inizio dell'anno scolastico era sempre più traumatico col passare del tempo.
Per fortuna eri finalmente all'ultima classe, ti dava quello strano senso di sicurezza, quella certezza che tutto sarebbe finito se avessi superato questi mesi, come avevi già fatto altre numerose volte.

Avevi addosso una felpa grigia confortante, l'autunno si faceva finalmente sentire col suo vento fresco e il profumo di asfalto e foglie ingiallite. Le dita ti si irrigidivano attorno alla sigaretta, ed il fumo correva a cavallo della brezza come se volesse disfarsi il più presto possibile.

Le scalinate di acciaio su cui eri seduto cominciarono a tremare di passi frettolosi che arrivavano dalla cima. Ti facesti il più schiacciato che potevi alla ringhiera, aspettando che passassero tutti i ragazzi che chiacchieravano animatamente prima di entrare a scuola.
Riconoscesti subito le spalle del ragazzo alto, coi capelli neri, un po' spettinati. La sua figura sottile camminava con eleganza lungo il cortile ed attraverso il campo da basket, una sigaretta pendeva dalle sue labbra rosse. Si voltò in un secondo, ti guardò, sorrise. «Ciao, Y/N!» esclamò, agitando una mano magra nella tua direzione. «Ciao, Hyunjin» soffiasti, mentre lui camminava via, con gli orecchini che oscillavano ad ogni suo passo.

Condividevi diverse lezioni con Hyunjin, ma lui era raramente presente a scuola. Molti pensano che preferisse uscire, altri che restasse a casa a dormire. C'erano diverse teorie su come Hwang Hyunjin trascorresse il suo tempo libero, ma solo una cosa era sicura: chiunque lo invidiava. Sarebbe riuscito a fare innamorare chiunque con un solo sguardo, e non ne eri escluso. Avere il privilegio di essere salutato da lui ti portò diverse domande da alcune tue amiche, ma spiegavi prontamente che era solo perché una volta finiste in punizione insieme, e fumaste nella biblioteca.
Ricordavi perfettamente come, prima di andarsene, lui disse "Sarebbe da rifare!".

Hwang Hyunjin aveva un'aria principesca, persino nelle piccole cose. Si legava i capelli quando erano un po' più lunghi, e tirava fuori delle ciocche davanti con delicatezza, rigirandole tra le dita. Sorrideva se incrociavi il suo sguardo. Abbracciava con educazione le sue amiche, e si scusava se dava le spalle.

Passate tre ore di lezione, potesti fare una pausa un po' più lunga. La testa sembrava pulsare dalla stanchezza, dopo tutto quel tempo a sentire i professori blaterare.
Tornasti alle scale di acciaio, attraversando il cortile deserto. A quest'ora tutti erano nel giardino frontale, quindi non ti curasti nemmeno di guardarti intorno per controllare se ci fosse qualcuno insieme a te, ti mettesti a sedere sui gradini.
Forse stavi cominciando a fumare un po' troppo, ma ti promettesti di darci un taglio quando la scuola avrebbe cominciato a farsi un po' più seria, passate le prime settimane. Se avevi da studiare, non potevi pensare così tanto alle sigarette.

Il rumore di un pallone che rimbalzava a terra ti costrinse a guardare verso il campo da basket. «Y/N, vuoi giocare?» chiese Hwang Hyunjin sorridendo. «No, grazie» ridacchiasti, frugando nelle tasche per trovare l'accendino. Non sapevi giocare per niente a basket. Poi lui era più alto di te, ti avrebbe soltanto umiliato.
Tirò la palla con una mano indirizzandola al canestro, ma rimbalzò contro il bordo rigido, e rotolò via verso l'erba un po' secca che circondava il campo.
Il ragazzo dai capelli neri si mise a sedere vicino a te, qualche gradino più in basso. «Che hai la prossima ora?» ti chiese. «Non mi ricordo» scuotesti la testa. «Forse fisica» mormorasti. «Ci vai alla festa di Choi Yeonjun?» chiese subito dopo, come se fosse quello l'obiettivo della conversazione. «Non so chi sia, figurati della sua festa» rispondesti, osservando una foglia volteggiare sul cemento del campo. Choi Yeonjun sembrava un nome familiare, ma non riuscivi ad associargli un viso. «Ah, noi dovremmo parlare di più. Sei proprio tutto per conto tuo» rise Hyunjin. «Non sono cool» ridacchiasti, appoggiandoti alla ringhiera.

Hyunjin cominciò a scriverti sui social.
Veniva alle scalinate sul cortile, ogni giorno.
Ti fece vedere Choi Yeonjun nei corridoi, e non avevi seriamente la minima idea di chi fosse.
La sera della famosa festa, tu e Hyunjin usciste insieme, da soli, a sua stretta richiesta. Non andaste a casa di Choi Yeonjun, ma vi appoggiaste al retro della villetta accanto. Sentiste diverse coppiette litigare, qualche rissa, molte discussioni piuttosto bizzarre tra gente poco sobria.
Tutto, nella tranquillità di pochi metri più lontano, come una distanza di sicurezza.
«Bella festa» sbuffò Hyunjin, seduto accanto a te. «Perché la gente ci va?» domandasti, guardandolo di profilo. «Perché non gli piace pensare» rispose lui, osservando la facciata della casa di fronte. Tu annuisti silenziosamente. «Ad alcuni viene troppo difficile starsi a sentire, e cercano sempre distrazione. Il rumore più forte della voce nella loro testa» continuò, appoggiandosi alla tua spalla. Non ci facesti caso, sembrava quasi naturale che lo avesse fatto. «Farsi parlare sopra non è piacevole» commentasti, giocando con alcuni anelli che avevi alle dita. «A lungo andare scoppi» borbottasti. «Hai detto bene, a lungo andare. Ancora non hanno camminato abbastanza da rendersene conto» rispose Hyunjin.

Era dolce, come parlava. Sembrava romantico, senza speranza.

«A te invece piace pensare?» domandasti, appoggiando a tua volta il tuo capo sul suo. Lui mugolò per affermare. «A te?» chiese. «Non tanto, ma non ci faccio niente» mormorasti. «Certe volte forse mi ci immergo troppo e faccio danno» aggiungesti. «E non ne parli con nessuno?» si intristì Hyunjin. Sentisti la sua mascella rilassarsi. «Con me, ne puoi parlare. Se te la senti, io ti ascolto» disse a voce bassa. Tu però, non dicesti nulla per parecchio tempo. «Grazie» soffiasti alla fine.

Da quel giorno, Hyunjin diventò leggermente più affettuoso. Ti abbracciava spesso, poggiava una mano sulla tua testa ogni volta che ti incrociava in giro, rubava le sigarette dalle tue dita. Studiavate insieme, anche se a lui non interessava molto. Cominciava ad assentarsi di meno, però si percepiva che era scocciato dal venire a scuola.

Un giovedì, Hyunjin ti chiamò alle quattro del mattino, dicendoti di lavarti e vestirti in fretta, che voleva uscire.
Nemmeno per un secondo pensasti che lui fosse uscito di matto. Facesti quello che ti disse, perché non ti costava nulla, e poi ormai eri sveglio, e riaddormentarti sembrava impossibile, considerando che si parlava di Hwang Hyunjin.
Ti portò a prendere il treno delle cinque meno un quarto, e scendeste verso le sei e trenta in una stazione desolata, che lasciava vedere solo un prato molto trascurato e montagne in lontananza. A passi alti, con le prime luci grigiastre del giorno, Hyunjin ti trascinò fino al bordo di una strada su cui sfrecciavano abbastanza macchine.
Fuori dai guardrail, il ragazzo dai capelli neri indicò un punto distante alle tue spalle, invitandoti ad osservare il paesaggio. Tu facesti attenzione a girarti sui tuoi stessi piedi, circondati da fili lunghi di erba umida e piccolissimi fiori bianchi e gialli.
Il tramonto cominciava a sbucare dall'aria cupa, i primi raggi del sole perforavano le nuvole.
Vi metteste a sedere sull'erba.
«Vengo qua, se non sono a scuola» confessò.
«Volevi saltare scuola, oggi?» gli domandasti.
«Non così tanto. Potevo sopportarla, oggi. La sopporto di più da quando ti conosco» rispose lui, con un piccolo sorriso timido tra le labbra lucide.
Arrossisti lievemente.
«Mi sembrava il posto giusto dove portarti. Tu ne vali la pena di darti fiducia, e poi devo togliermi un peso» disse.
«Grazie. Che peso?» chiedesti, stringendo le ginocchia al petto.
«Da quando ti conosco, è diverso con te dagli altri. Mi sentivo ansioso a vederti. Era un difficile parlarti. Ora mi piace, ma prima sembrava impossibile» parlò.
«Pensavo di essere io quello intimorito. Tu sei sempre con qualcuno, piaci a chiunque» commentasti.
«E a te, piaccio?» sbottò improvvisamente.
Il silenzio durò poco.
«Perché credo che tu mi piaccia» aggiunse.

Cercavi parole, qualcosa, che fosse giusto, ma non lo trovavi. «Mi piaci» sussurrasti, non esattamente ciò che esprimeva al meglio cosa intendevi. Eri leggermente scosso, perché in tutta la vita, non ti saresti mai aspettato né di diventare amico stretto di Hyunjin, né tantomeno che si confessasse a te alle sei del mattino.
«Scusa se sono confuso. Non pensavo che una cosa simile sarebbe mai successa» confessasti, staccando dal prato un piccolo fiore, distrattamente.
Notasti che il suo gambo era sottile e molto flessibile, non si rompeva.
Prendesti un polso di Hyunjin, tirando la sua mano magra a te.
Il suo viso era confuso, un po' assonnato.
Legasti il fiore al suo anulare, sbuffando una piccola risata.
Lui sorrise, vedendoti concentrato mentre lo annodavi, col fiato al dorso della sua mano.
Quando finisti di stringere il piccolo nodo, lui portò il suo indice alla punta del tuo naso con tenerezza.
Dopo accarezzò una tua guancia.
Non parlaste più, principalmente perché non serviva.
Hyunjin ti strinse in un abbraccio, in cui cercasti di rifugiarti il più possibile nel suo calore. Baciò un tuo zigomo, poi le tue labbra.
Il fiore finì essiccato, ancora col gambo annodato, conservato gelosamente nel libro di matematica, che studiavate insieme.

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