CAPITOLO 12

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Il grande giorno era arrivato.

Venerdì 7 Luglio.

Ore 21.30

"L'arte di forgiare il ferro"

Riguardò per l'ennesima volta l'invito.

Monica aveva fatto un lavoro bellissimo. Aveva scelto un cartoncino in pergamena non rifilato e stampa a rilievo, colore grigio scuro come il ferro. Semplice, elegante ma di effetto.

Non c'era che dire, l'amica l'aveva aiutata tantissimo. Aveva organizzato ogni singolo dettaglio di quella serata: aveva scelto il catering a base di piccoli stuzzichini e solo vino dei colli veronesi, la musica di sottofondo moderna che avrebbe conferito il giusto tocco di classe alla mostra senza invecchiarla troppo. Era riuscita perfino a farsi dare lo spazio per un piccolo articolo sul quotidiano l'Arena per promuovere l'evento. Aveva redatto la lista degli invitati, fra cui spiccava il nuovo assessore comunale alla cultura. Michela aveva seguito soltanto l'allestimento di tutte le opere e l'ultimo giorno non aveva voluto nessuno vicino, solo due ragazzi dell'officina ed Alfredo per completare l'esposizione. Desiderava che anche chi l'aveva aiutata potesse godere, almeno in parte, della sorpresa. Alfredo e lei avevano lavorato giorni interi per realizzare a grandezza reale l'Uomo di Latta, del Mago di Oz. Quando era ancora bambina, quello era stato il suo libro preferito ed era il film che Lavinia prediligeva. Così aveva chiesto all'amico scultore di realizzare l'opera. Nessuno ne sapeva niente, né Monica, né Fabio, tantomeno Andrea ed i figli. L'avevano sistemato, vicino all'entrata, sulla destra. Il risultato era stupefacente: Alfredo per una volta, aveva dato il massimo curando ogni singolo dettaglio: l'imbuto sulla testa, i bottoni della casacca, l'ascia. E le saldature sbavate davano un tocco artigianale all'opera.

Era stato piacevole lavorare insieme ad Alfredo, quella settimana. Quel modo di fare tranquillo e disinvestito da tutto, le battute spiritose ed il continuo corteggiarla, l'avevano aiutata a sentire meno lo stress di quegli ultimi giorni ed a divertirsi. Aveva ritrovato la capacità di ridere, nonostante tutto. Aveva allontanato Andrea, non dal suo cuore, quello era impossibile, ma dalla sua mente. Per contro il marito era molto cambiato. Era diventato più gentile e meno freddo. Nei tre giorni che si era recato a Monaco, l'aveva chiamata ogni sera per informarsi su come stavano procedendo gli ultimi lavori del restauro. Non lo infastidiva più il fatto che lei andasse all'atelier, anzi, se ad una certa ora non la vedeva arrivare, le mandava un messaggio per ricordarle di passare perché gli operai la stavano aspettando. Del resto, i ragazzi e soprattutto il capocantiere la adoravano, da quella sera che aveva portato birra e pizza per tutti.

Sorrise ricordando le facce stupite degli uomini, quando si era presentata alle nove di sera accompagnata da un garzone e con a fianco i tre rampolli.

<<Mio marito mi ha detto che lavorate fino a tardi ogni sera per riuscire a finire tutto in tempo. Beh, ho pensato che avevate bisogno di una birra e di uno spicchio di pizza. Tanto per rinfrancarvi un po'>>

Era calato il silenzio a quella frase. Tutti erano rimasti un po' intimiditi, lei compresa. Ma il piccolo Max aveva salvato la situazione, chiedendo se un pezzetto di pizza lo poteva mangiare anche lui. Quegli uomini impolverati e rudi avevano smesso subito di lavorare e si erano dati da fare per aprire i cartoni e trovare il gusto che più piaceva al bambino. Andrea li aveva beccati così quando era entrato. Seduti a terra, lei ed i figli in mezzo agli operai a mangiare pizza e bere Beck's.

<<Che cosa ci fai qui?>>

La domanda ovviamente era stata posta con tono brusco, ma Lavinia e Max gli erano già corsi incontro.

<<Beh, me l'hai detto tu che i ragazzi lavorano fino a tardi per colpa mia e di tutte le cose che ho fatto aggiungere al progetto iniziale. Ho pensato di ringraziarli>>

<<Brava! Così adesso avremo un altro paio d'ore di ritardo sulla consegna. Poi però non arrabbiarti con me!>>

Continuava ad essere serio, ma i figli in braccio gli toglievano sicuramente autorità. Paolo fortunatamente era intervenuto in suo aiuto.

<<No architetto, stia tranquillo. La recuperiamo quest'ora. Vero, ragazzi?>>

Gli operai non solo avevano assentito, ma avevano promesso di fermarsi un po' di più ogni sera per aiutare la signora. A quel punto anche Andrea aveva ceduto. Con Max sempre in braccio si era seduto a terra in mezzo a loro ed aveva preso una bottiglietta di birra. E dopo un po' le aveva anche dato un bacio sulla guancia!

Chissà come si sarebbe comportato quella sera?

Andrea aveva promesso di venire insieme ai bambini. Ci sarebbero stati però anche tutti i suoi colleghi dello studio, Carlo in primis ed anche la simpaticissima Debora. Michela aveva deciso di invitare anche lei. Non farlo sarebbe stato maleducato ed avrebbe dato adito a pettegolezzi inutili. Monica non era stata d'accordo e glielo aveva fatto presente.

<<Potresti notare qualcosa, un atteggiamento sbagliato di lui che potrebbe farti saltare i nervi e rovinare la serata. Tesoro, quella sera non solo dovrai essere splendida, ma dovrai apparire felice e sorridente. Sarai sotto i riflettori>>

<<Ce la posso fare. E mi imporrò di non guardare mai dalla loro parte>>

E anche Miss Tette Rifatte era stata aggiunta alla lista degli invitati.

Era arrivato il momento di prepararsi. Tirò fuori dall'armadio l'abito che aveva comprato. Era bello: audace e sexy. Era un abito mini, aderente, tutto di pizzo nero, chiuso a lupetto sul collo, senza maniche, ma completamente scollato sulla schiena. Era di Gaudi. Le piaceva quel marchio: riusciva a creare modelli provocanti senza cadere nel volgare. Quando l'aveva provato e si era guardata nello specchio del camerino, se l'era sentito suo! Le stava un incanto, mettendo in mostra tutte le sue curve. Tette comprese! Il tacco a spillo poi, l'avrebbe slanciata allungandole di dieci centimetri la gamba. Niente gioielli: solo gli orecchini di brillanti ed il bracciale di Cartier che Andrea le aveva regalato anni addietro. Si vestì velocemente ed osservò critica l'immagine riflessa nello specchio. Era riuscita a passare dal parrucchiere: così anche i capelli, tirati su con le forcine lasciando alcune ciocche libere, erano in ordine. Di lì a dieci minuti sarebbe arrivata l'estetista per truccarla. Su quel punto, Monica era stata irremovibile.

<<Per quanto tu sia bella e giovane, non puoi pensare a quarant'anni di affrontare una serata con solo un filo di rimmel. La tua pelle dovrà essere lucente e perfetta!>>

<<Monica! Sei peggio di Andrea!>>

Aveva risposto lei, pensando a tutte quelle volte che il marito l'aveva torturata per ore truccandola ed acconciandole i capelli per una cena o una festa.

- Sarò bellissima. In culo la falsa modestia - si disse sorridendo.

- E se non ti accorgerai di me neanche questa sera Andrea... Beh, peggio per te, allora! -

Si soffermò a guardare il mazzo di girasoli che lui le aveva fatto recapitare quella mattina. Un biglietto semplice, con scritto solo: "In bocca al lupo per stasera. Andrea".

Sentì suonare il campanello. Era l'estetista.


Come, quando... (3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora