Capitolo 38 - Il richiamo

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<< ...devo essere come una bambola... Devo essere come una bambola... >>

I sussurri di una ragazza riecheggiavano in quel angusto ambiente. Ad ogni sua parola, una leggera velata di polvere si sollevava dal pavimento, su cui era sdraiata. I suoi occhi stanchi erano rivolti verso una donna più grande di lei, apparentemente sua madre. Era seduta su di una sedia a dondolo, intenta a cucire dei semplici pantaloni color marrone scuro; ad ogni suo movimento, produceva un leggero stridio simile al lamento di un ratto. Era come una ninna nanna per la bambina. Poco rilassate, invece, erano le mani di quella donna piene di calli, piccole cicatrici e qualche taglietto da cui sgorgava, di tanto in tanto, una goccia di sangue a causa della sua presa tanto ferrea quanto tremante. Un rumore improvviso la fece sussultare, interrompendo così anche il suo lavoro.

<< Caro, già di ritorno? >>

Il marito fece una smorfia, poi si sedette sulla sua solita poltrona di un grigio sporco e sputò del tabacco in un vasetto al suo fianco.

<< Portami da bere! >> Sbraitò.

Lei sparì dalla visuale della giovane e, intanto, il padre si tolse le scarpe e l'aria si intrise di un cattivo odore. Lo sentì sospirare, poi guardò la bambina e poggiò rumorosamente le mani sui braccioli cigolanti.

<< Non osare guardarmi, lurida sgualdrina! Voltati! Voltati ho detto! >>

La bambina si apprestò ad obbedirgli e si voltò verso il muro, dandogli le spalle. Sentì nuovamente il rumore dell'impatto dell'intruglio creatosi nella bocca dell'uomo all'interno del vaso.
Da quando si erano trasferiti in quella casa le capitava spesso di passare il tempo osservando una crepa sul muro che le ricordava tanto un aquilone. Desiderò di averne uno, ma il pensiero di non potersi divertire con nessun amico le provocò un senso di solitudine, e soprattutto di inquietudine. Le era stato vietato di chiedere o desiderare qualcosa, per questo anche quando solo le passava per la mente il suo cuore le palpitava all'impazzata.

<< Ti vuoi muovere? >>

Dalla stanza accanto, qualcosa si frantumò. Lui non perse tempo e si alzò, per frantumare anche lui qualcosa. La bambina si rannicchiò e si coprì le orecchie, timorosa. Fu allora che vide un piccolo ragnetto passarle vicino al naso. Si allontanò leggermente per non aspirarlo erroneamente. Intanto, quelle piccole zampette trovarono un piccolo angolino dove potersi riposare. Era abbastanza vicino a lei, ma sembrava non importarsene alcunché. La giovane sorrise. Sembrava stesse giocando con la crepa a forma di aquilone.

<< Amico... >>

Sussurrò, togliendosi le mani dalle orecchie. Ora c'era silenzio. Si voltò per vedere se alle sue spalle c'era suo padre seduto alla poltrona, ma di lui non vi era traccia. Sospirò, cercando di eliminare la tensione di poco fa. Il ragno era ancora lì, non si era mosso di un millimetro. Chiuse gli occhi per un attimo e li riaprì subito dopo aver sentito un rumore pesante di passi dirigersi nella stanza.

<< Portami da bere! >>

Disse, sedendosi sulla poltrona.

<< Allora? Sei diventata sorda??! >>

Si alzò subito dopo, e la bambina scattò da terra. Non credeva che parlasse con lei, ma con la madre. Se lo avesse capito subito, si sarebbe alzata in un lampo. Si coprì d'istinto la testa, ma servì a poco. L'uomo le afferrò il ciuffo che le ricadeva davanti il volto e la trascinò dalla sua parte.

<< Inutile! Sei inutile! >>

Come per una trappola per orsi, strinse tra quelle dita ruvide il volto di sua figlia e aprì con forza la sua piccola bocca. Estrasse frettolosamente due dei suoi denti e li buttò sul pavimento. Il sangue caldo piangeva lungo le sue guance, passando per il collo e poi sulla polvere. Nel liquido, si unì lo sputo dell'uomo che provocò una smorfia della bambina anche a causa del cattivo odore di cui era intriso. Fortunatamente l'uomo non la vide e, come se non fosse successo nulla, si catapultò sulla sua poltrona tossendo per almeno tre volte. Barcollando a causa del dolore che cercava in tutti i modi di farla svenire, obbedì agli ordini dell'uomo. Quando si ritrovò in cucina, vide la madre intenta a togliersi le schegge di vetro dal suo corpo con le mani tremanti ed occhi vuoti. Le due si guardarono per un solo istante, quel che bastava per far provare una stretta al cuore alla bambina. Per un attimo sperò che si alzasse da terra e la aiutasse, che le dicesse che non c'era nulla da temere e che sarebbe andato tutto bene. Non smetteva mai di sperarci. Perlomeno si sarebbe accontentata di sapere che anche la donna, in quel momento, avesse sentito una stretta nel petto.

<< Vuoi che ti dia il resto, eh? >>

La piccola si riprese dai suoi pensieri e, oltrepassando la madre senza poterla aiutare, prese una brocca e la riempì di vino rosso. Quasi correndo, raggiunse il padre.

<< Hai intenzione di continuare a guardarmi? >>

Sbraitò, dopo aver bevuto fino all'ultima goccia. Lei non se lo fece ripetere, e si sedette di spalle a gambe incrociate verso il muro con l'aquilone.

<< A...mico? >>

Lo chiamò sottovoce. Non riuscì più a trovarlo, le era difficile con gli occhi lucidi. Così se li sfregò con le mani ma le lacrime continuavano ad uscire. Credeva l'avesse abbandonata. Si accovacciò a terra e, con suo rammarico, trovò il corpo del suo piccolo amico appiattito. Forse era stato suo padre ad ucciderlo... E volle credere in questo perché se non fosse stato così non se lo sarebbe perdonata. Delicatamente, prese con le dita quel che ne rimaneva di quel ragnetto. Passò ore ad osservarlo, intanto la madre era ritornata alla sua precedente postazione per poter cucire e il padre se n'era uscito di casa. Ormai si era fatta notte e lei, stanca, crollò sul pavimento.

Il forte desiderio che la bambina non riusciva a tenere a freno, le fece venire in sogno un'ombra. Attorno a loro, c'era una lunga distesa d'erba che sembrava non avesse una fine. Era come se, pur camminando per ore, non sarebbe cambiato nulla. Il cielo invece segnava il tramonto, ma sentiva che se lei non si sarebbe mossa il tempo sarebbe rimasto fermo con lei. Il buio, in attesa, avrebbe poi lentamente inghiottito entrambi ma a scomparire sarebbe stata solo quell'ombra. O semplicemente sarebbe diventata un tutt'uno con la notte?
Ammise però che le piaceva ciò che vedeva e aveva come l'impressione che quell'ombra le stesse sorridendo. Nessuno l'aveva mai fatto guardandola negli occhi e ciò la rese talmente tanto felice da farle sperare che non l'avrebbe lasciata.
Ma le venne un dubbio.

<< Tu sei... Il mio amico? >>

Quest'ultimo le indicò con l'indice un punto alle sue spalle. Quando lei si voltò, vide una brocca di vino piena poggiata sul suolo. Nel riflesso però, non c'era solo lei. Ma anche il padre.

<< che cos'è? >>

Non ricevendo risposta, continuò ad osservare.

Quello che vide fu abominevole. Il padre le stava alzando la gonna del vestito mentre lei dormiva, si era poi slacciato la cintura e abbassato i pantaloni, mostrando le sue parti intime. Questi suoi gesti l'avevano talmente sconcertata che fece cadere quell'oggetto a terra e, di conseguenza, quel verde intenso si tramutò in rosso.

<< perché mi fai questo? Non sei un mio amico? >>

Urlò la bambina, voltandosi verso l'ombra. Era sparita. Si girò attorno e se lo ritrovò vicinissimo a lei, tanto da farla cadere e farle toccare con le dita il liquido che aveva versato. Quando si guardò d'istinto la mano, capì che quello non era vino ma sangue. Stette per dire qualcosa, ma si fermò non appena vide che quell'essere aveva in mano un aquilone che porse a lei.

Anche se quell'ombra non parlava, riusciva a leggere i suoi pensieri. E Sentiva che, se avesse liberato nel cielo quell'oggetto, lei si sarebbe unita a lui. Esitò, ma decise alla fine di afferrare quell'aquilone. In quel preciso istante, il vento lo trascinò su con lei. Dopo, buio. Successivamente sentì un peso sul corpo e lo spostò con fatica. Si allontanò da lì e capì che era suo padre. Lui era... Morto. Si voltò verso la sedia dondolo e lì, c'era invece la madre. La sua pelle era bianchissima.

<< Sei stato tu? >>

Chiese la bambina, al vuoto.

"ora non sono più tristi..." credette di pensare. Quando sentì un rumore, alzò il capo e si guardò intorno. Il suo corpo si mosse quasi da solo e seguì quel richiamo. Nella sua testa si materializzò una porta da attraversare. Era come camminare su due stesse dimensioni. Sapeva che era stata opera di quell'ombra. La stava aspettando. Aveva bisogno di lei, e lei di lui. Il suo cuore le diceva che solo grazie a lei, lui è potuto nascere.

Che lei...

Altro non era che sua madre.


Una stella per il prossimo capitolo
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Coraline 2 - Il gioco ricominciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora