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Lorenzo mi indica il pub e giriamo a destra per raggiungerlo; siamo ad un centinaio di metri e si sente già la musica. Inizio ad affrettare il passo senza neanche rendermene conto, finché mio cugino non me lo fa notare
«Come mai tutta questa fretta?»
«Eh? Ma che fretta? Ho solamente freddo, non ho preso su nemmeno una giacca.»
«Beh, in effetti da quello che ho capito domani dovrebbe piovere, forse si sono abbassate un po' le temperature...»

Caro cugino, sei tanto bello quanto ingenuo.

Entriamo nel locale e mi do un'occhiata intorno. Sulla sinistra c'è la consolle con un dj che sembra posseduto, sulla destra un bancone lungo con tutta la parete coperta da alcolici, in mezzo una trentina di tavoli in legno, già tutti occupati. Dei ragazzi nemmeno l'ombra.

Dove cazzo è Giò?

«Non vedo nessuno però.»
«Mi ha scritto Gianluca, sono di sotto, qua la musica era troppo forte, vieni.»
Lore mi fa strada e scendiamo per una scala che porta al piano sotterraneo. Una musica più bassa e decisamente meno da discoteca ci accoglie, e individuo subito il tavolo con i ragazzi.

«Ragazzi, lei è Rebecca. Becca, loro sono Cristina, Sonia, Bea, Stefano e Joele!»
Faccio il sorriso più tranquillo del mondo mentre cerco nella mia testa il modo per tirare addosso a Giò una sedia facendo passare il tutto per un incidente. È seduto su un divanetto con quella che mio cugino mi ha presentato come Bea in braccio.
Ed è bellissimo.
Ha una semplice t-shirt nera e un paio di jeans ed è comunque il più bello del locale. 

E lei è... come si descrivono le ragazze come lei di solito? Perfette? I capelli castano scuro mossi da onde che sembrano naturali -ma noi donne sappiamo perfettamente che a nessuna madre natura ha concesso una fortuna del genere- sono sciolti sulle spalle; le labbra carnose non hanno bisogno di trucco per essere messe in evidenza, e gli occhioni -scuri come i capelli- sono mesi in risalto da un ombretto sui toni della terra e da tanto, tanto, mascara. Indossa un semplice vestitino nero, né troppo scollato né troppo corto, e stando semplicemente seduta così riesce a risultare sexy ed elegante allo stesso tempo.

Le odio quelle così, io! Mi fanno sempre sentire una polpetta sgraziata.

Uno dei ragazzi -Stefano forse- prende una sedia e la mette vicino alla sua.
«Prego, Becca. Siete arrivati giusto in tempo! Stavamo per giocare ad obbligo o verità per conoscerci meglio.»

Ma cos'abbiamo? Quindici anni, forse?

Mi prendo un secondo per osservare meglio tutto il gruppo, visto che finora il mio cervello sembra aver fatto i raggi x solamente a Bea.
Stefano -se è lui il ragazzo che mi ha porto la sedia- è oggettivamente un bel vedere. Alto e ben messo, occhi sul verde e capelli tenuti indietro da troppo gel per i miei gusti. Barbetta di un giorno, o forse due; labbra sottili ma ben disegnate, e una mandibola ben delineata. Cristina è quella dall'aria più sbarazzina: i capelli a caschetto tinti di un mogano acceso e una frangia che finisce appena sopra gli occhioni azzurri. Joele e Sonia sembrano quasi fratello e sorella: entrambi biondi e con taglio quasi simile, a metà tra il lungo il corto; ma mentre gli occhi di lei sono di un nocciola molto simile al mio, quelli di Joele sono di un blu intenso. Mi ricordano molto quelli di mio cugino. Beh, non c'è che dire: sembra che li abbiano incontrati su un set fotografico, piuttosto che in un ristorante qualsiasi.

«Fantastico!» Lorenzo sorride tutto entusiasta riportandomi alla realtà.
«Okay, aspettate un secondo però.» Bea si alza e va dal cameriere. Torna con qualche foglietto e un paio di penne e inizia a scrivere. Da ad ognuno un pezzo di carta con su scritto il proprio nome.

Aveva paura che ci dimenticassimo come ci chiamiamo?

«Becky è appena arrivata, non può ricordare il nome di tutti. Ognuno lo tenga davanti a sé, così non sbaglia nessuno quando ci si deve rivolgere una domanda.»

Come Pioggia D'EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora