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Alla fine tra chili di gelato, nottate insonni e crisi isteriche, sono passati due mesi dal mio ritorno a casa. 

Mesi in cui ho cercato di impegnarmi nelle più svariate attività pur di non fermarmi a pensare; sono andata a correre tutti i giorni per almeno un'ora e ho aumentato le sedute col personal trainer, in modo da arrivare a casa stremata e con la sola necessità di buttarmi nel letto a dormire. 

Ho seguito un gruppo di riciclo creativo e ho dipinto, scritto, carteggiato e trasformato ogni mobile presente in casa. 

Ho iniziato un corso di zumba: mi sono divertita a sculettare a ritmo insieme ad altre venti persone, in una stanza di trenta metri quadri, inciampando ad ogni cambio di passo o direzione, e ricevendo occhiate poco carine dalle mie compagne di ancheggiamenti. 

Sono uscita con Valentina, che ha cercato in tutti i modi di farmi svagare. Ho fatto una sorta di pigiama party a casa di Gianlu, insieme alla sua ragazza e a mio cugino. Sono andata a trovare Joele proprio con lui, e ho passato una serata insieme agli altri ragazzi, che sono stata felicissima di rivedere. 

Ho chiesto a Lina e Ugo se fosse possibile aumentare le mie ore lavorative al panificio, e quando hanno detto che purtroppo non potevano permetterselo, mi sono offerta per andare gratuitamente qualche ora al giorno ad imparare i segreti del mestiere, ed essere così in grado di sostituirli in caso di imprevisti. Ed è proprio qui che sono: nel laboratorio del panificio, mentre aspetto di vedere come usciranno le crostate che ho infornato appena qualche minuto fa. 

«Zuccherino, a che punto sei con i dolci?» la voce di Lina mi salva dalla direzione che stavano per prendere i miei pensieri, di nuovo. 

È vero che ho fatto l'elenco delle cose sopracitate per non pensare a Giordano, ma è altrettanto vero che non sono servite poi a tanto. Mi basta avere un momento libero e, senza che neanche me ne accorga, sono già lì a rivivere tutti i momenti passati insieme fino ad ora; e siccome sono masochista, faccio il rewind non solo dell'ultima settimana, ma anche di tutti gli anni addietro.
Ah, che meraviglia avere un'ottima memoria.
Te la prendi nel deretano che è una gioia.

«Ho impostato il timer, dovrebbero essere pronti tra non molto.» le sorrido e inizio a lavare tutti gli utensili che mi sono serviti per realizzare quella che credo passerà alla storia come la crostata più brutta del secolo.
Speriamo almeno che sia commestibile.

«Senti pasticcino, ma lo sai che giorno è oggi?» mi chiede, con un sorrisone in faccia che farebbe invidia anche ad un bambino nel giorno di Natale.

«Il 15.» grugnisco. Questo numero ancora non mi va giù. 

«Esatto! Oggi arriva mio nipote da Londra, e tu hai promesso che lo avresti accompagnato a fare un giretto, ricordi?»

Oh no. No, no no.
«C-cosa? N-non mi ricordo proprio...» farfuglio, pregando di ingannare la sua memoria da ultra sessantenne. 

La vedo aggrottare le sopracciglia e puntare un dito sul mento, con fare confuso.
«Davvero? Forse l'ho immaginato e non è avvenuto, allora?»

Pericolo scampato!
«Può essere, Lina. Anche a me a volte succede! Penso a delle cose, le immagino nella mia testa, e mi convinco che siano accadute davvero.» Le rivolgo un sorriso dolce, prima di vedere che il suo, invece, si è trasformato in un vero e proprio ghigno.

«Eh no, bella! Me lo hai detto! Lo hai addirittura scritto in un messaggio ed io ho fatto lo screen shot!»

Non so se essere più sorpresa dal fatto che si ricordi così bene di dialoghi avvenuti mesi fa, o da quello che sappia cos'è uno screen shot. E sappia persino come farlo! Bisogna pigiare due o tre tasti insieme! Ma dove sono finite le nonnine di una volta, contrarie alla tecnologia e ad imparare qualsiasi cosa che la riguardi?

Come Pioggia D'EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora