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Il rumore di una suoneria che non riconosco cerca di portarmi via dal sonno. Mi sento riposata come non succedeva da tempo. Rimango ad occhi chiusi mentre provo a fare mente locale. Sento una voce che tra il sonno e la veglia non riesco a distinguere bene. 

Apro appena un occhio e lo richiudo immediatamente quando metto a fuoco Giò. Provo a muovermi piano per girarmi dall'altra parte ma sono completamente bloccata. Cerco di focalizzarmi sul mio corpo per capire cosa stia succedendo. Mi capita spesso la mattina: inizio a percepire il mio fisico solo qualche minuto dopo essermi svegliata; a volte vado addirittura nel panico perché mi sembra di non sentire braccia e gambe e devo sforzarmi di muoverle per accertarmi che siano ancora attaccate a me.
Sento Giò continuare a parlare a bassa voce, probabilmente per non svegliarmi.
Provo a muovere appena un braccio, sentendo la sua pelle calda sotto di me.
Ci siamo cercati nel sonno.

Lì siamo riusciti anche a trovarci, a dire il vero.

Siamo su un fianco, ancorati l'uno all'altra, le sue gambe intrecciate alle mie, la mia testa sul suo petto, e il suo braccio che mi tiene stretta come se non volesse farmi andare via. Posso sentire chiaramente il suono del suo cuore da qui. 

Apro gli occhi pigramente, sicura che non riuscirei di certo a riprendere sonno abbracciata a lui in questa maniera; alzo appena la testa per guardarlo un po'. Solo un attimo, giusto il tempo di dare a me stessa un buongiorno coi fiocchi. 

Lo sguardo di Giò si incatena al mio facendomi mancare l'aria. Ha i capelli scombinati dal sonno e i riccioli che ricadono leggeri sulla fronte; gli occhi assonnati e la bocca leggermente gonfia. È legale essere così belli di prima mattina? 

Sento una voce dall'altra parte del telefono che continua a parlare, ma lui sembra non prestare più attenzione. Gli occhi ancora inchiodati ai miei, mettendomi in un imbarazzo difficile da descrivere.
Faccio per alzarmi ma la sua mano è pronta a riportarmi al mio posto.

È questo il mio posto allora?

«Scusami, ti richiamo dopo, devo fare una cosa importante adesso.»
Lancia distrattamente il cellulare come se non ci fosse niente di più importante al mondo che guardare me, in questo momento. Appoggia una mano sul mio viso e sento i nostri respiri farsi più corti. Fatico a prendere fiato e sento l'atmosfera cambiare nella stanza. Posso quasi toccare l'elettricità che ci circonda. La stiamo creando noi. C'è un desiderio tangibile che aleggia sui nostri corpi legati.

Avvicina il viso facendo sfiorare i nostri nasi. Un tocco così leggero da essere quasi inesistente, capace comunque di creare una scossa potente che si dirama in ogni muscolo.
Alzo appena la testa.
Un movimento impercettibile per fargli capire che sono qui.
Non vado via stavolta.
Resto.

So restare anch'io.

In un attimo le sue labbra sono sulle mie. I denti che si scontrano e le lingue che si cercano, si desiderano, si trovano.
Ed è uno di quei baci che non sanno bastare.
È uno di quelli che chiede di più.
Vuole di più.
Cerca di più. 

Lo sento dalle sue mani sotto la mia maglia ad accarezzare la pelle nuda.
Lo percepisco dalle mie unghie che affondano nelle sue spalle mentre mi stendo sotto di lui e intreccio le gambe sopra la sua schiena.
Lo avverto nei respiri e nei sospiri.
Lo vedo nei suoi occhi che riflettono la mia immagine, persa e confusa e felice. Felice da fare quasi male.
Blocca ogni contatto alzandosi sui gomiti e sento la pelle bruciare per il vuoto che lascia.

Non smettere. Non andare. Stavolta mi uccidi se te ne vai.

«Becky» è quasi una supplica nascosta dentro un sospiro «Ho bisogno di sentire che ci sei. Devo sapere che sei qui, che ci vuoi essere e vuoi restare. Ti prego...»

Come Pioggia D'EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora