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Sto già iniziando ad orientarmi in questo villaggio. Per arrivare al bar ho sbagliato strada solo quattro volte. Non male direi! Abbiamo fatto bene a scegliere di non andare al mare, il cielo minaccia un acquazzone da un momento all'altro, e l'aria è decisamente fredda per stare in costume.
Quando arrivo trovo Giò e Bea seduti ad uno dei tavolini.

Iniziamo già male.

Li raggiungo con un sorriso sicuro in volto.
«Ehi! Ci siete solo voi due?»

«Per ora...» Giò mi guarda con un'espressione tranquilla. Chissà, forse per oggi possiamo deporre le armi. Poi si alza in piedi e ci guarda: «Volete qualcosa ragazze? Mi è venuta voglia di una coca.»

«Io un caffè, grazie.» gli sorrido, cercando di essere cordiale.

«Io sono a posto, grazie Dano.»

Scoppio a ridere e si voltano tutti e due verso di me, lui con un'aria di rimprovero, lei sorpresa.
«Oddio, scusami Bea, è solo che non avevo mai sentito nessuno chiamarlo "Dano".»

«Ah sì, me l'ha detto in effetti, è proprio per questo che lo chiamo così.» e sorride tutta soddisfatta mentre gli riserva un'occhiatina complice. 

Giò ricambia il sorriso e si avvia al bancone. E anche oggi, è brutto domani.
Ha una maglietta leggera color tortora, le maniche lunghe gli coprono metà della mano, lasciando fuori le lunghe dita affusolate che mi fanno impazzire. Un paio di bermuda neri e delle semplici infradito. 

Non so perché, ma ho sempre trovato questa combinazione estremamente sexy in un uomo. In Giò, non ne parliamo proprio.
Bea lo squadra dalla testa ai piedi -come ho appena fatto io in effetti- poi, appena è abbastanza distante per non sentirci, si sporge verso di me e inizia a parlare a bassa voce.

«Senti, Becky, tu e Giò siete molto amici?»
«Mmh... abbiamo avuto i nostri alti e bassi ma sì, direi che siamo amici... perché?»
«Beh, non so se hai notato, ma a me piace un casino.»

Ma va?

«Solo che non riesco a capire se io piaccio a lui... voglio dire, a volte fa gesti che mi fanno pensare di sì, altre però sembra che non voglia avvicinarsi più di tanto.»

Benvenuta nel club, cara. Ho la fidelity card, IO!

«Vi ho visti insieme solo ieri sera, non saprei dirti sinceramente...»
«Beh, senti questa: prima che arrivassi tu, ha detto che ha visto un ristorantino sulla spiaggia che ha un pianoforte a libero accesso dei clienti, stasera vuole portarmi lì a cena e suonare per me. Tu cosa ne pensi? Non è una cosa da semplici amici, no?»

Mi sembra di essere appena stata colpita da una secchiata d'acqua gelida. Il pianoforte sulla spiaggia è una cosa che mi fa altamente incazzare.
Sette anni fa, due giorni prima di tornare a casa sua dopo la fine delle vacanze dai nonni, eravamo andati al lago a fare il bagno tutti assieme. Io e lui eravamo usciti dall'acqua prima degli altri, e mentre ci asciugavamo stesi al sole aveva intrecciato le dita alle mie, e mi aveva detto che avevo le mani da pianista. 

Mi aveva raccontato che lui aveva iniziato a suonare quando aveva otto anni, perché sua mamma adorava il suono del pianoforte; mi disse che l'estate precedente era andato in vacanza coi suoi in Puglia, e aveva visto un ristorante che aveva vari strumenti messi a disposizione dei clienti. 

Ricordo che era entusiasta di quella trovata perché così tutte le sere c'era una persona diversa a suonare nel locale e i proprietari non dovevano pagare qualcuno per avere musica dal vivo. Disse che quando sarebbe tornato dai suoi nonni, mi sarebbe venuto a prendere e mi ci avrebbe portata, e avrebbe suonato il piano per me dopo aver cenato in riva al mare. 

Come Pioggia D'EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora