2• venerdì

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Changbin mi aveva preso per il colletto e mi stava trascinando lontano dai miei amici.

«Seo, torna qui figlio di-» sentii Yuni urlare e provai a voltarmi per guardarla, cercando di non inciampare tra i passi veloci del ragazzo che mi stava costringendo a seguirlo.

«Lasciami idiota!» vidi Yuni dare una spinta a Jisung ed allontanarsi da lui, ma il corpo del ragazzo le impediva comunque di oltrepassarlo per raggiungermi.

«Sta calma, non vuole fare niente, solo parlare» disse lui cercando di rassicurarla, insomma, per quanto quel bestione di Han Jisung potesse rassicurare qualcuno.

In poco tempo mi trovai dall'altro lato del cortile, dietro la colonna di gessato bianco. Le voci dei ragazzi che si stavano godendo la ricreazione erano solo un suono indistinto in lontananza.

Ero un completo idiota, Yuni ed io eravamo riusciti ad evitare Changbin per tutto il giorno per poi farci fregare a ricreazione. Tutto questo solo perché Yuni voleva il suo stupidissimo panino con la mortadella e che faccio io? L'accompagno! E neanche me lo aveva chiesto! Bella mossa Lee, davvero, era il tuo giorno fortunato se avevi intenzione di farti spaccare la faccia.

Changbin mi spinse con la schiena contro la parete. Sentii un improvviso brivido scuotermi tutto il corpo. Sapevo non mi avrebbe toccato, non l'aveva mai fatto ed ero certo non avrebbe iniziato ora. Changbin non aveva mai esercitato violenza fisica su di me, ma questo non significava che facesse meno paura.

Teneva una mano attaccata al muro, accanto alla mia testa, ed il suo sguardo puntava verso il basso. Deglutii aspettando dicesse qualcosa, ma sembrava non avere proprio intenzione di farlo.

«S-senti, s-se hai qualcosa da dire fallo o m-me ne vado» cercai di suonare risoluto, ma venni tristemente contraddetto dal mio balbettio.

Ad un certo punto, visto che il ragazzo perseverava nel suo silenzio, decisi di andarmene veramente. Feci per allontanarmi, ma Changbin mi afferrò il polso.

Sei un genio Lee Felix, come se non fosse stato già abbastanza arrabbiato, ora sei in trappola.

Poi, finalmente, parlò «Accetto».

La stretta era ancora salda su di me e lo sguardo non accennava a spostarsi dal terreno.

«Acceti cosa? Di che stai parlando, Changbin?» cercai di divincolarmi, senza successo.

«La proposta che mi hai fatto ieri al bar».

«Non so di cosa tu stia parlando».

Lui si decise finalmente ad alzare lo sguardo, gli occhi confusi, mentre si torturava il labbro inferiore con i denti.

«La tua proposta» ripeté come se questo bastasse a farmi capire.

«Senti, Changbin, non ho idea di che cosa tu stia parlando, ora devo proprio andare» riuscito a liberarmi dalla sua presa, che poco a poco si era fatta meno stretta, iniziai ad allontanarmi da lui, pensando al meraviglioso panino che mi aveva fatto cadere di mano per trascinarmi fin qui. Fantastico, quel giorno non avevo nemmeno fatto colazione.

«Aspetta».

Mi fermai. Non so perché. Non riuscivo davvero a capire come qualcosa, forse nel suo tono di voce, avesse fatto si che io mi fermassi per dare ascolto al ragazzo che mi aveva maltrattato per così tanti anni, e che era la causa di tutte le mie insicurezze e delle mie fobie sociali.

Perché sei troppo buono.

Scossi la testa per scacciare la voce familiare che si era insinuata nei miei pensieri.

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