4• venerdì

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Changbin si alzò e si diresse verso la porta «Avevo ragione, vuoi solo qualcosa su cui segarti, mi fai schifo!» pronunciò in tono cupo, prima di chiudersi il legno alle spalle.

Restai immobile. Me l'ero cercata. Figurarsi se Changbin non avrebbe interpretato malignamente la mia proposta di aiuto. Certo, era facilmente fraintendibile, me ne rendevo conto, ma io volevo veramente aiutarlo.

Ero solo un idiota, perché cavolo avevo acconsentito a quella cretinata? Probabilmente perché ero solo un masochista del cavolo e volevo sentirmi insultare anche in casa mia.

Guardai sul comodino. C'era il berretto di Changbin.

Asciugai velocemente le lacrime che avevano iniziato a scorrermi sul viso, ed afferrai il cappello per portarlo a Changbin, prima che fosse troppo lontano. Di certo non l'avrei cercato a scuola per restituirglielo.

Iniziai a compiere dei passi veloci verso l'ingresso, ma mi bloccai non appena fuori dalla porta della mia stanza: Changbin era in fondo alle scale e stava parlando con mia madre.

«Sai, sono così felice che Felix si sia deciso a portare un suo nuovo amico a casa, di solito non porta mai nessuno oltre alla sua amica del cuore e Christopher. Devi essere davvero speciale per lui. Perché non rimani a cena?» Dio, cosa sta combinando mia madre.

«Vede, signora, mi piacerebbe davvero tanto ma ho molto da studiare per il compito di lunedì» rispose gentilmente. Bravo, tornatene a casa tua e non mettere mai più piede qui dentro.

«Oh, ma se si tratta di questo non ci sono problemi allora. Felix è il più bravo della classe, ti aiuterà lui, potete ripassare dopo cena»

«Mamma» il mio tono di voce uscì talmente debole che nessuno dei due notò la mia presenza.

Mia madre fece un passo verso Changbin afferrandogli la mano «Te ne prego, mi farebbe davvero piacere averti qui a cena e so che per Felix sarebbe lo stesso». Errore.

Il moro abbassò lo sguardo verso la donna che risultava molto più bassa di lui, il che era tutto un dire.

«Va bene signora, rimarrò» cosa?

Mia madre gli regalò un dolce sorriso, ma non un sorriso qualunque, uno dei suoi sorrisi speciali, uno di quelli che faceva a me, quando tornavo a casa in lacrime, dopo aver subito l'ennesimo atto di bullismo da parte del ragazzo che adesso aveva di fronte ed al quale stava donando un qualcosa che doveva rimanere solo nostro.

«Grazie davvero, sai, il mio bambino non ha avuto un passato molto felice, sono sicura te l'abbia detto, e sono così contenta che abbia trovato un bravo ragazzo come te come suo amico. Te ne prego...» gli afferrò la mano con entrambe le sue «Trattalo bene».

Questo era troppo. Feci dietro-front e rientrai in camera sbattendo la porta.

Attraversai la stanza fino a giungerne all'altro capo, e mi sedetti per terra, con la schiena appoggiata al bordo del letto ed il volto rivolto verso la finestra.

Strinsi il berretto tra le mani e, in un impeto di rabbia, lo lanciai contro al muro.

Portai le ginocchia al petto stringendole forte ed abbassai la testa tra di esse. Non avrei mai pensato di vedere mia madre familiarizzare col nemico. Ma cosa mi aspettavo? L'avevo portato io in casa.

Rilasciai tutta la mia frustrazione in piccoli singhiozzi, mentre le lacrime non smettevano di scorrere neanche per un secondo.

Non molto tempo dopo sentii prima bussare alla porta e poi quest'ultima aprirsi. I passi che si stavano avvicinando a me non erano quelli noti e cadenzati di mia madre; erano più lievi e taciti.

Non volevo che mi vedesse piangere. L'avevo già fatto un milione di volte di fronte a lui, ma questa era una situazione diversa, non volevo che mi vedesse piangere perché l'avevo sentito parlare con mamma.

Continuai a tenere la testa incassata tra le ginocchia, cercando di assecondare i miei singhiozzi nella maniera meno evidente possibile. Inutile dire che stavo fallendo miseramente, le mie spalle sussultavano ad intervalli irregolari.

Poco dopo Changbin arrivò bal mio fianco e si sedette sul mio letto sospirando «A quanto pare non hai molti amici» disse «tua madre non fa che ripeterlo».

Fantastico, era venuto qui per completare l'opera. Lo sapeva o no che il motivo per cui non avevo tanti amici era lui?

«In un'altra situazione non sarei rimasto a cena qui, ma tua madre ci teneva davvero tanto a vederti con un amico, che non mi sentivo di deluderla» spiegò.

Quindi adesso gli interessavano i sentimenti di qualcuno. Ammirevole Seo, ma sappi che cenerai senza di me, preferei morire di fame piuttosto che passare anche solo un altro minuto con te.

«Tu non sei mio amico» le parole mi uscirono di bocca prima che potessi rendermene conto, mandando a farsi benedire il mio buon proposito di tacere.

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, prima che Changbin si sedesse per terra accanto a me.

«Oi, non lo intendevo veramente» disse «cioè, sì, lo pensavo quando l'ho detto, ma non credevo ci rimanessi così male».

«Ma lo pensi ancora» la mia voce ridotta ad un fievole tremolio.

Changbin sospirò.

«Puoi guardarmi?»
«Come no, così potrai ridere di me» singhiozzai.
«Oi» ripeté portando una mano sul mio ginocchio. A quel contatto inaspettato, venni travolto da uno spasmo, ed il singhiozzo che stava uscendo in quel momento dalla mia bocca, si era trasformato in una strana risata.
Mi allontanai velocemente da lui.

«Scusa, non volevo» disse allarmato dal mio scatto improvviso

«È-è solo il solletico alle ginocchia» dissi senza pensarci troppo.

«Solletoco alle ginocchia?» ripeté lui, potevo immaginarmelo con un sopracciglio alzato.
«Mh» confermai iniziando pian piano ad asciugarmi le lacrime con la manica della felpa.

«Mi dispiace, davvero, non accadrà più».

«Non fa niente» risposi con un singhiozzo più debole dei precedenti.

Avevo continuato a ripetermi queste parole per anni, cercando di ignorare i suoi soprusi, ma quella fu la prima volta che mi chiese scusa, o meglio, la prima volta in cui sembrò crederci davvero.

«Tua madre ha detto che sarebbe stato pronto in dieci minuti, dici che dovremmo scendere?»
Annuii «Vado a lavarmi la faccia» dissi prima di alzarmi.
Avevo deciso di lasciar correre. Per l'ennesima volta, avevo deciso di ignorare la situazione, e di trovare un riparo sicuro nella fuga dalle mie emozioni. Nulla di nuovo.

La cena passò più tranquillamente di quanto avrei mai potuto immaginare, mia madre aveva continuato a fare domande su domande circa la vita, gli interessi e la famiglia del nostro ospite, mentre le mie sorelle si erano trattenute dal chiedere se fosse il mio ragazzo, risparmiando così un profondo imbarazzo ad entrambi.

A quanto pare Changbin era quel tipo di ragazzo che mostrava una personalità orribile a chiunque, ma che in presenza di adulti diventava inspiegabilmente amabile, affabile ed arguto. In pratica il suo carattere corrispondeva al profilo psicologico medio di un bullo. Fantastico.

Finita la cena mia madre aveva insistito perché rimanesse un altro po', ma, questa volta, Changbin aveva avuto la meglio, motivo per cui mi trovai di fronte la porta di casa, con il moro alle spalle.
Volevo solo andare a dormire.

Changbin mi passò avanti, bloccandosi prima di uscire definitivamente dall'abitazione «Quello che succede qua dentro deve rimanere qua dentro» e detto ciò, si calcò il berretto sul capo ed abbassò la maniglia.

L'aria fredda della sera che entrava, Changbin che usciva.

🌈🌈🌈
Ehilà.
Mangiate bene e dormite, mi raccomando.
Buon proseguimento.

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