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È passato un mese da quando sono stata da Piotr, sta per iniziare novembre e il mio umore è più o meno grigio e cupo come il cielo di questo periodo. All'inizio sono stata davvero male e qualche volta se n'è accorto anche Pietro ma inventavo una scusa banale e lui se l'è sempre bevuta. Ora ho imparato a convivere con il dolore e con la consapevolezza che doveva andare così. Ho fatto quello che andava fatto e non torno indietro. Lui non mi ha più cercata e di questo gli sono grata. È tempo di andare avanti anche per lui e forse se n'è reso conto.

«Hai preso già appuntamento con l'atelier?» Sono a cena da mia suocera e l'argomento più gettonato è ovviamente il nostro matrimonio.
«Sì ci vado a gennaio, ho prenotato in tre atelier e voglio scegliere subito il vestito, non mi va di girare troppo.»
«Hai ragione, fai bene.» Mi guarda come se si aspettasse qualcosa da me e a dirla tutta so anche cosa. È una brava persona e come suocera non mi dà problemi, quindi la inviterò a venire con me se vuole.
«Vuoi venire anche tu? Siamo solo io e mia madre, mi farebbe piacere.» Dico e un sorriso smagliante le si fa strada sul viso.
«Sì, certo che sì.» Annuisce contenta e viene a darmi un abbraccio.
«Che succede qua?» Pietro torna dalla camera del fratello e ci guarda curioso.
«Niente, cose da donne.» Dico io e mia suocera mi fa l'occhiolino.
«Non lo puoi sapere tu, torna a parlare di auto con tuo fratello.» Quasi lo caccia e ci viene da ridere.
«Va bene, va bene, non mi intrometto.» Alza le mani e si siede a tavola con noi. «Ah sai chi è venuto al negozio oggi?» Mi dice come se gli fosse appena venuto in mente.
«Chi?» Chiedo ma il fratello lo richiama per farlo andare in camera sua a fare chissà che e non mi risponde più.
«Aspetta che Giacomo mi cerca, ti racconto dopo.» Dice, per poi alzarsi e scomparire nel corridoio.
«Aah, uomini...» La mamma scuote la testa e io faccio un segno per dimostrarmi d'accordo con lei.
Dopo una mezz'ora la cena è pronta e Pietro e suo fratello ci raggiungono a tavola. La cena va avanti tranquilla e ci fanno ancora mille domande sul matrimonio, su dove si terrà, su chi saranno i testimoni, su cosa si mangerà e tante altre domande a cui sinceramente non ho saputo nemmeno dare tutte le risposte.
Verso le undici e mezza salutiamo e andiamo via. Pietro mi porta a casa sua dove trascorreremo insieme la notte e mentre mi sto per infilare sotto le coperte per avere un po' di pace, rimette in mezzo il discorso che voleva affrontare prima che cenassimo.

«Poi non ti ho più detto chi è venuto al negozio, giusto?» Chiede, infilandosi il pigiama e facendosi spazio nel letto.
«No, tuo fratello ci ha interrotti.» Rispondo sospirando, ora vorrei solo che spegnesse le luci e smettesse di parlare, ho bisogno di dormire.
«Vero. Vabbè te lo dico ora, è passato Piotr e ti saluta.» Dice con un sorriso enorme.

Piotr. Ma come Piotr?
Mi agito subito appena dice quel nome e il mio cervello inizia a pensare a tante di quelle cose che va praticamente in tilt.

«E che voleva?» Chiedo, cercando di sembrare indifferente a quella notizia ma so che è praticamente impossibile.
«Ma no, niente, ha comprato tre paia di Vans, nessuna per lui tra l'altro. Forse doveva fare dei regali...» Alza le spalle e sorride ancora.
Ascolto con attenzione alla ricerca di qualche dettaglio, poi rispondo.
«Non era mai venuto prima?»
«No, è la prima volta. È strano che uno famoso come lui venga in un centro commerciale ma è venuto alle due che non c'era praticamente nessuno e poi aveva cappellino e occhiali da sole. Io l'ho riconosciuto solo quando ha tolto gli occhiali. Quegli occhi sono inconfondibili.» Spiega e per un attimo giuro che mi manca l'aria.
Deglutisco un fiotto di saliva e cerco altre parole da usare per non sembrare esageratamente interessata ma neanche del tutto disinteressata.
«E cosa ha detto?» Non faccio commenti su ciò che ha appena detto sui suoi occhi perché rischio di buttarmi la zappa sui piedi da sola e non è il caso.
«All'inizio l'ha servito Matteo, il mio collega, poi quando ci siamo riconosciuti l'ho aiutato a scegliere le scarpe. Non ha detto niente di che, solo che ti saluta.» Ripete e io annuisco.
«Va bene.»
«Pensavo fosse venuto anche da Apple...»
«Non ero al negozio, non lo so. Non credo comunque, penso che me l'avrebbero detto.»
«Allora forse gli servivano solo le Vans. Ma voi non avete più rapporti?»
«Non molti. Se ci vediamo ci salutiamo ma non è più come prima.» Mi schiarisco la voce nervosamente e mi copro con le coperte fin sopra al naso.
«Avete litigato?» Chiede ancora.
«No, non ci siamo più sentiti e frequentati come prima e ci siamo allontanati.»
«Capito.» Dice e si mette anche lui comodo sotto le coperte.

Ci diamo la buonanotte e mi giro dal lato opposto al suo dandogli le spalle. Dopo una decina di minuti lo sento già respirare profondamente e capisco che si è addormentato. Io, invece, non riesco proprio a prendere sonno. Non ce la faccio. Con quale faccia tosta è andato al negozio ben sapendo che Pietro lavora lì? Forse l'ha fatto apposta, vuole spaventarmi. Mi giro e mi rigiro nel letto e ho il terrore di immaginare le sue intenzioni. Tremo all'idea che possa dire qualcosa a Pietro ci sto male tutta la notte.

Mi aveva promesso di restare fuori dalla mia vita, mi aveva giurato che il nostro era stato un addio. E invece me lo ritrovo sempre tra i piedi, sempre presente. Non so che ha in testa di fare ma devo fare di tutto per rovinargli i piani.

No Regrets | Piotr ZielińskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora