19. Un alleato inaspettato

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Evander ricevette il Serpente in piedi e a braccia conserte.

Nascose la rabbia repressa che provava nel rivederlo dietro ad uno sguardo duro ed impenetrabile.

Il Serpente comparve dietro la porta dopo pochi minuti.

Nel vedere Evander ad attenderlo, per di più da solo, non nascose la sorpresa.

Ma fu un attimo, e quel sentimento venne fugato dal suo viso pallido, il quale assunse subito un'espressione neutrale ed impassibile.

Evander non parlò.

End Sept si inginocchiò a terra, in un gesto insolitamente rigido e lento.

Ginocchio e pugno a terra, con sguardo basso, End Sept si era inchinato non come un civile di fronte al suo imperatore, ma come un soldato endar di fronte al suo superiore in grado.

Senza dar segno di volersi rialzare da terra, End Sept dichiarò: «Ai vostri ordini, capitano».

Evander lo guardò nascondendo al meglio la sorpresa per quel comportamento che non rispondeva alle aspettative.

Gli girò lentamente attorno e, scandendo ogni parola, disse: «E così, End Sept, a cosa devo il dispiacere della vostra presenza a bordo di questa nave?».

«Sono ai vostri ordini, capitano» ripeté l'endar, sempre inginocchiato.

«Non volete adularmi come siete solito fare con il vostro Yvnhal o, ancor meglio, con il reggente? Forse che io non valgo la pena di quelle lusinghe?» disse Evander, fermandosi finalmente di fronte a lui, sempre a braccia conserte.

«Voi non siete né Yvnhal né Vlastamir, capitano. Quelle lusinghe non vi si addicono».

«E allora, perché vi ostinate a chiamarmi "capitano" e ad inchinarvi di fronte a me, quando sappiamo entrambi che voi vorreste vedermi morto e che sareste ben felice di uccidermi voi stesso?».

«É vero, capitano, io vorrei vedervi morto. Ma non sarò io ad uccidervi, perché ho un debito di sangue con voi ed ho fatto voto di ripagarvi salvandovi la vita».

«Sono felice che non ricorriate anche con me alla vostra abile retorica, serpente. Forse non mi ritenete all'altezza della vostra lingua biforcuta?».

«Al contrario, capitano, voi siete l'unico che ne sia all'altezza» disse lentamente l'endar inginocchiato. Poi alzò il suo sguardo su di lui. I suoi occhi erano rossi e pieni di odio: «Per questo motivo, non c'è posto al mondo per entrambi e spero che qualcuno sarà presto in grado di uccidervi, non potendo farlo io stesso».

«Ed allora, voi competerete con l'uomo che mi avrà ucciso per non avere mai rivali, non è vero, Serpente? Perché, invece, non gettate via questo falso voto adesso, e non passiamo direttamente alle armi?».

«Se vi uccidessi ora non proverei lo stesso piacere, sapendo che sono vivo grazie a voi. Solo quando avrò rispettato il mio voto e mi sarò estirpato dalle viscere ogni sentimento di gratitudine, sarò finalmente libero di confrontarmi con voi».

Evander non nascose l'effetto che gli avevano fatto quelle parole. Nonostante avesse giurato a sé stesso di non lasciarsi persuadere dalla lingua velenosa del serpente, si rese conto che incominciava a credere che stesse dicendo la verità, ed era una verità che lo sorprendeva.

«Vi ho salvato la vita solo perché era mio dovere farlo, non dovete sentirvi in debito con me. Forse, se tornassi indietro, non lo farei».

«Ciò non toglie che l'abbiate fatto. Ed ora io voglio sdebitarmi».

«E volete farmi credere che avete un animo nobile? I debiti di sangue sono rispettati solo da uomini d'onore, e voi non lo siete. Più d'una volta avete dimostrato di non avere né onore, né principi morali, né scrupoli. Vi aspettate che io vi creda senza riserve?».

«Le mie ragioni non hanno niente a che fare con l'onore. Sentirmi indebito con voi mi sta... uccidendo!» disse End Sept, stringendo con forza il pugno fino a che le unghie non fecero sanguinare la sua stessa carne.

«End Sept, se io vi odiassi come voi odiate me, ora mi basterebbe impedirvi di sdebitarmi nei miei confronti, lasciandovi in questo sentimento che, a quanto voi dite, vi tortura e non vi da pace».

End Sept alzò di scatto gli occhi su di lui in un gesto talmente veloce che c'era da chiedersi se avesse ossa nel collo per non essersele in tal modo spezzate. Nei suoi occhi, Evander lesse la verità: ciò che gli aveva detto End Sept era vero, lui voleva salvargli la vita e, una volta che l'avesse fatto, voleva togliergliela con le sue stesse mani. Il timore che Evander glielo impedisse lo torturava al punto che il suo tormento era visibile. Le vene sulla sua fronte pallida pulsavano tese, mentre i capillari nei suoi occhi già rossi sembravano voler scoppiare.

Evander non volle dargli la soddisfazione.

Dichiarò con fermezza: «Ebbene, serpente, dovrete rinunciare a ripagare il vostro debito di sangue nei miei confronti. Non vi permetterò diseguirmi in battaglia. Non potrei fidarmi che voi non facciate del male ai miei uomini e che ci tradiate tutti alla prima occasione».

Con evidente sforzo per mantenersi calmo, End Sept, sempre inginocchiato e senza guardare Evander, sibilò: «Finché non avrò pagato il mio debito, farò ogni cosa mi ordiniate. Ve lo giuro, Evander».

Quest'ultimo fu sorpreso di sentire il proprio vero nome pronunciato dall'endar. Questo, più di ogni altra cosa, gli dimostrava che End Sept faceva sul serio. Fino ad allora le uniche persone che lo chiamavano Evander, invece di Alekym o di Zadok, erano coloro che lo rispettavano e che lo conoscevano fino a fondo.

Non gli rispose e lo lasciò nella stanza da solo, degnandolo solamente di un'ultima occhiata indagatrice.

Evander non voleva ammetterlo, ma ne aveva paura.

Se End Sept avesse tentato di ucciderlo, Evander ne sarebbe stato quasi felice: avrebbe avuto ogni ragione nel difendersi fino in fondo.

Ma, poiché End Sept aveva giurato di salvargli la vita, Evander ne ebbe paura: non poteva stargli dietro ogni istante della sua vita, e preoccuparsi costantemente di ciò che End Sept potesse fare quando lui gli girava un momento le spalle.

Uscendo, diede disposizioni per mettere End Sept in una cabina di reclusione vicina all'infermeria.

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